Giuda, qual è il segreto del traditore di Gesù? Infame o in missione divina?

Giuda, qual è il segreto del traditore di Gesù? Infame o in missione divin
Giuda bacia Gesu nel dipinto di Caravaggio

ROMA – Chi era davvero GiudaGiuda Iscariota, il discepolo che vendette Gesù ai suoi carnefici per 30 denari e poi, travolto dal rimorso, si impiccò a un albero?

“Nessuno è penetrato nel suo segreto”,

scrive di lui il sito La Chiesa.it. Giuda è un personaggio centrale della liturgia cristiana nella settimana di Pasqua. Da duemila anni è il simbolo del tradimento, il simbolo del male. In Gesù Cristo Superstar (Jesus Christ Superstar), il musical degli anni ’60 e ’70 riportato in teatro in Italia, Giuda è il cantante più bravo, la voce più bella, ma la sua pelle è nera, con una bella botta di razzismo che non sembra imbarazzare nessuno più di tanto: contro il candore della pelle di Gesù Cristo, il nero della pelle del traditore Giuda. Si tratta di un errore, perché essendo Gesù ebreo, anche la pelle di Gesù era come quella degli arabi e i suoi capelli non potevano essere biondi e fluenti ma probabilmente neri e ricchi. L’errore, però, è figlio di millenni di pregiudizi.

 

Lontano dai pregiudizi è La Chiesa.it, che pone la figura di Giuda in termini arditi, oltre che problematici. Non solo perché il fatto che Giuda contribuisca all’adempimento del disegno di Dio ne fa uno strumento della volontà divina, cui nessuno può sfuggire. Ancor più ardito è il confronto con Pietro, l’apostolo e futuro santo e primo vescovo di Roma e Papa. Dal confronto quello che esce peggio è proprio Pietro, che rinnegò Gesù ben tre volte, si pentì e fece carriera, mentre il povero Giuda, nonostante la missione divina, non resse il rimorso e si uccise.

C ‘è chi ha visto in Giuda, scrive La Chiesa.it,

“un mercante di quartiere che aveva un piccolo negozio, e che non ha sopportato il peso della sua vocazione. Egli incarnerebbe il dramma della piccolezza umana. O, ancora, quello di un giocatore freddo e scaltro dalle grandi ambizioni politiche.
Lanza del Vasto ha fatto di lui l’incarnazione demoniaca e disumanizzata del male.
Tuttavia nessuna di queste figure collima con quella del Giuda del Vangelo. Era un brav’uomo, come molti altri. È stato chiamato come gli altri. Non ha capito che cosa gli si faceva fare, ma gli altri lo capivano? Egli era annunciato dai profeti, e quello che doveva accadere è accaduto.

Giuda doveva venire, perché altrimenti come si sarebbero compiute le Scritture? Ma sua madre l’ha forse allattato perché si dicesse di lui: “Sarebbe stato meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”? Pietro ha rinnegato tre volte, e Giuda ha gettato le sue monete d’argento, urlando il suo rimorso per aver tradito un Giusto.

Perché la disperazione ha avuto la meglio sul pentimento? Giuda ha tradito, mentre Pietro che ha rinnegato Cristo è diventato la pietra di sostegno della Chiesa. Non restò a Giuda che la corda per impiccarsi.

Perché nessuno si è interessato al pentimento di Giuda? Gesù l’ha chiamato “amico”. È veramente lecito pensare che si trattasse di una triste pennellata di stile, affinché sullo sfondo chiaro, il nero apparisse ancora più nero, e il tradimento più ripugnante? Invece, se questa ipotesi sfiora il sacrilegio, che cosa comporta allora l’averlo chiamato “amico”? L’amarezza di una persona tradita? Eppure, se Giuda doveva esserci affinché si compissero le Scritture, quale colpa ha commesso un uomo condannato per essere stato il figlio della perdizione?
Non chiariremo mai il mistero di Giuda, né quello del rimorso che da solo non può cambiare nulla. Giuda Iscariota non sarà più “complice” di nessuno”.

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