“La lotta di classe nel XXI secolo”, Lidia Undiemi: Una nuova offensiva del capitale contro i lavoratori 

“La lotta di classe nel XXI secolo”. In questo libro, Lidia Undiemi sostiene che il mondo nel quale viviamo è caratterizzato da una nuova offensiva del capitale contro i lavoratori.  

Lidia Undiemi è dottore di ricerca in diritto dell’economia e consulente in grandi vertenze di lavoro in materia di outsourcing e societarizzazione. Edito da Ponte alle Grazie è uno di quei saggi che affianca analisi e denuncia. 

Nella quarta di copertina lo si definisce “inchiesta globale”, ed effettivamente lo è. Basta scorrere l’indice per capire l’esattezza di questa definizione.

Un giro del mondo che passa per l’Europa, le Americhe, l’Asia ed una raccolta di dati, informazioni e studi di primissimo livello.   

La penna di Lidia Undiemi è veloce a scavare.

Già nell’introduzione si toglie i guanti bianchi ed affonda: “I partiti di sinistra al governo si sono arenati nella visione post-ideologia della cosiddetta «terza via». Basata sul disconoscimento della contrapposizione di interessi tra chi mette a disposizione il proprio lavoro e chi ne usufruisce dietro pagamento di un compenso.

La lotta di classe viene quindi sostituita con la «pace sociale», il cui arbitro indiscusso diventa la politica, che all’occorrenza sfodera l’interesse superiore della nazione, cui nessuno può sottrarsi.

Guarda caso, però, quell’interesse superiore e astratto, che spesso assume la forma di una grave crisi economica, finisce per condurre a scelte politiche favorevoli al capitale. E piuttosto sfacciatamente contrarie ai lavoratori, e più in generale allo Stato Sociale, ovvero alle categorie sociali deboli che necessitano del sostegno pubblico”. 

Odore di marxismo nella Lotta di classe? Non proprio

É vero che nel libro ci sono alcune pagine dedicate a Karl Marx. E che Lidia Undiemi riconosce l’attualità del suo pensiero. Ma da qui, a definirlo un testo marxista, ce ne sarebbe di strada da fare.

Questo non è un saggio di parte, prigioniero di qualche ideologia. Semmai è un lavoro che traccia una propria via, accuratamente sorretta da prove e controprove. 

Dopo il primo capitolo, dedicato alla storia delle lotte per la liberazione dell’uomo dalla schiavitù. Nel secondo, Lidia Undiemi si concentra sul conflitto di classe nei Paesi europei.

La lotta di classe in Europa e in Italia

Regno Unito, Francia, Germania, Spagna ed ovviamente Italia, passano sotto la lente d’ingrandimento e sono messe a nudo. 

Tanto per rimanere a casa nostra, si parte dalle lotte operaie del 1968-1969 e si arriva al “Jobs Act” del Governo Renzi, senza ovviamente dimenticare la “Riforma Fornero”. 

Un’analisi ben sintetizzata nei suoi aspetti essenziali che nel terzo capitolo invece prova a raccogliere qualche primo risultato. 

“Come è emerso nell’indagine condotta sui singoli Paesi europei, tra i più importanti pilastri del neoliberismo istituzionale vi è la sistematica e graduale distruzione dei diritti dei lavoratori e della contrattazione collettiva” (pagina 113).

È questo il capitolo nel quale Lidia Undiemi mette in fila le modalità con le quali il capitale attacca il lavoro.

Ma è anche il campo dove coltiva acute riflessioni sugli strumenti che la comunità europea propone per «curare» i Paesi sofferenti.

La critica al Mes

È il caso del MES, che da questo saggio esce con le ossa rotte. “Il meccanismo di erogazione del prestito e la durata del rimborso presentano tratti piuttosto inquietanti, se li si considera dal punto di vista di un Paese democratico” (pagina 106). 

Come ormai molti studiosi, anche Lidia Undiemi è concorde nel ritenere il neoliberismo il male dei nostri tempi.

Tuttavia, a differenza di altri saggi, allunga l’elenco dei colpevoli. 

Ad esempio i “partiti socialdemocratici di sinistra” accusati di aver abbandonato il loro elettorato di riferimento per sposare le ragioni del capitale. 

Oppure la stessa Europa, che “appare come una sofisticata forma di autoritarismo”, un’architettura istituzionale che “non prevede alternative ideologiche al neoliberismo” (pagina 144). 

Non sono carezze le parole della Undiemi.

Questo libro sulla lotta di classe non fa sconti

“Il capitale usa e tenta di modellare la società al solo fine di poterne trarre il maggior lucro nel minor tempo possibile, incurante delle conseguenze sul contesto economico e sociale dentro cui agisce” (pagina 153). 

E si va avanti.

Quinto capitolo la lotta di classe negli Stati Uniti.

Settimo capitolo lavoro e sindacato in Cina, India e Giappone.

Nell’ottavo capitolo Sud America per l’ascesa ed il possibile declino del neoliberismo, Cile ed Argentina.

Gli ultimi due capitoli, nono e decimo, trattano aspetti centrali ma più tecnici del conflitto di classe.

In queste pagine l’analisi si fa specifica

Emergono i meccanismi che garantiscono al neoliberismo di prevalere nella globalizzazione.

Le multinazionali sono spiegate nel loro aspetto giuridico, come funzionano.

E soprattutto trovano spazio le contraddizioni economiche e sociali che questi modelli societari producono.

Questa parte del libro è forse quella nella quale il lettore tenderà a vedere rappresentata la misura dei nostri tempi fatti di benessere ma anche crescenti disuguaglianze e nuove schiavitù.

Ultimo capitolo: “Tornare alla lotta di classe”. 

“L’attacco degli interessi capitalistici al lavoro”, scrive Lidia Undiemi in apertura del capitolo, “ha preso il sopravvento ad un livello tale che non è più possibile negare la matrice conflittuale della «pace sociale», che ha avuto come unico interesse quello di piegare gli interessi dei più deboli a quelli dei più forti, elevando questi ultimi a un rango superiore”. 

Il capitolo più politico

Si parla di un ritorno alla conflittualità, al sano antagonismo nelle relazioni di lavoro che “consente di calibrare interessi contrapposti, e quindi di mantenere un equilibrio costituzionalmente sostenibile” (pagina 307).  

“Le principali organizzazioni sindacali sono cadute nella trappola della «pace sociale» abbandonando la conflittualità. Sull’altare della competitività delle imprese, la politica ha spinto sempre di più il sindacato a sacrificare le proprie pretese in favore dei lavoratori. Questo si è rivelato un vero errore” (pagina 313). 

“Il sindacato può e deve far sì che, anche utilizzando la più aspra forma di conflittualità, una certa quota di profitto vada ai lavoratori sotto forma di retribuzione e migliori condizioni di lavoro” (pagina 313).

Ovviamente il sindacato non è solo, è in buona compagnia.

“La sinistra non può non ripartire da una base ideologica forte, chiara e coerente, che è poi la base per un orizzonte programmatico capace di promuovere un’idea di società più egualitaria e veramente democratica” (pagina 327).

“Riprendere coscienza della realtà e tornare a difendere il lavoro, quale asse portante dei sistemi democratici vigenti, e a riequilibrare i rapporti di forza con il capitale” (pagina 327). 

Il capitolo si chiude con un “Manifesto della lotta di classe nel XXI secolo”, composto da 20 punti, l’estrema sintesi del libro e delle sue riflessioni conclusive.

E poi c’è un’ultimissima frase, “la conflittualità non è superabile in un sistema democratico”.

“La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica”, di Lidia Undiemi, editore Ponte alle Grazie, pp.444, €18,00 formato cartaceo, €9,99 formato digitale.

 

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