Marcia su Roma, 100 anni dopo: Meloni a Palazzo Chigi, non a piazza Venezia, un libro di Ezio Mauro rievoca

La Marcia su Roma portò Mussolini al potere il 28 ottobre del 1922. Fu, titola il nuovo libro di Ezio Mauro, uscito proprio in questi giorni “L’anno del Fascismo”.

Per una curva del destino che ha dell’incredibile, a pochi giorni dal 28 ottobre ma di cento anni dopo, il 22 ottobre del 2022, una donna che almeno fino a qualche anno fa a Mussolini si ispirava, ha giurato come primo ministro italiano.

Similitudini e differenze tra Marcia mussoliniana e vittoria meloniana

Come nel 1922 Mussolini, nel 2022 Giorgia Meloni è andata al potere grazie alla insipienza e agli errori degli avversari. Allora del combinato effetto delle violenze della sinistra e del disfacimento della classe politica post risorgimentale.

Oggi solo grazie agli errori di una sinistra piagnona e lamentosa. In un periodo certo carico di problemi. Ma fin dai tempi dei Neanderthal non credo ci sia stata mai un’epoca d’oro esente da rogne.

Così quei politichetti della sinistra di oggi, figli rachitici dei grandi che hanno fatto l’Italia moderna, soprattutto Dc e Pci, hanno preparato il terreno alla Meloni e ai suoi post fascisti.

Hanno continuato a piangere miseria dimenticando che da 20 anni sono loro a guidare l’Italia, anche ai tempi di Berlusconi che pensava solo ai suoi crimini e alle sue tv.

Sinistra allo sbando

Hanno tradito la missione della sinistra di mio padre e dei suoi fratelli: fare avanzare i poveri, fare crescere i loro figli con l’istruzione, garantire loro un futuro di benessere. Una versione nostrana del sogno americano. Mauro e io siamo tra i beneficiari.

Questi hanno fatto il contrario, applicando un po’ troppo rigorosamente, l’imperativo di Gesù: vendete tutto e datelo ai poveri. Infatti oggi alla guida della sinistra post comunista ci sono ex chierichetti.

Invece di esaltare i risultati ottenuti hanno continuato a descrivere il nostro Paese (parola sgradito ai fascisti, ora si dirà Nazione, termine peraltro mazziniano) più o meno come il Burkina Faso.

Continuano a ricordarci che un italiano su dieci è povero, sostenuti da un Istat che fornisce la base numerica alle loro lamentazioni.

Purtroppo dimenticando che quando l’Italia uscì dalla guerra e dal giogo monarchico eravamo poveri otto su 10.
Non avendo idee migliori hanno cercato voti fra minoranze i cui problemi sono molto specifici e lontani da quelli della maggioranza degli elettori.

Così gli elettori, inclusa la ex classe operaia, hanno spostato le loro speranze in soggetti come Beppe Grillo prima, Salvini poi e ora nei Fratelli d’Italia.

Vorrei ricordare che sono le parole con cui ha inizio l’inno nazionale italiano, scritte da un genovese, Goffredo Mameli, eroe e martire della Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi.

Per nostra fortuna sono tante le differenze fra il 1922 e il 2022

Non c’è più un re preoccupato del futuro della sua dinastia, che considera l’Italia sua proprietà ereditaria e vede noi come sudditi.

Ora c’è un presidente della repubblica, di cui si considera il primo servitore, che dura in carica a termine, che considera noi come suoi concittadini e, seppure indirettamente, suoi elettori.
Altri dettagli. Allora le donne non votavano. Da 4 anni era finita una guerra con 600 mila morti e feriti e mutilati è invalidi. C’era stata l’occupazione delle fabbriche con relativi soviet. I rossi picchiavano e uccidevano prima dei neri e come i neri. Gli italiani erano davvero poveri, impotenti davanti ai soprusi di nobili e ricchi.
Oggi viviamo bene, chi più chi meno. Un dato ce lo da lo stesso lamento pauperistico: 9 italiani su 10 non sono poveri.

La guerra è finita più di 77 anni fa, l’occupazione della Fiat fu nel 1980, poco dopo fini la fase del terrorismo. Sono passati 40 anni, quasi due generazioni.

Ai tempi del Duce non c’era il mercato europeo ma c’erano le colonie. Mezza Italia viveva delle rimesse degli emigrati in America. Oggi l’America è un mercato e la Nato è barriera contro possibili nemici ma anche impedimento di ostilità millenarie.

La Russa non è Balbo o Farinacci

Ho cercato di esporre le ragioni per cui Meloni non dovrebbe essere Mussolini e La Russa può occupare il secondo scranno della Repubblica senza motivare eccessivo timore. Al massimo è una figure of fun, non la reincarnazione di Balbo o Farinacci.

Non è solo la differenza dal 1922 che colpisce. Vedere la foto di Giorgia Meloni che attraversa il cortile di palazzo Chigi salutata dal presentat’arm del picchetto d’onore da la misura della distanza dal più recente passato di 62 anni fa, quando un congresso del Msi scatenò i portuali genovesi e fece cadere il Governo Tambroni.

E la scelta di indipendenza e libertà del direttore Giorgio Fattori determinò, nel 1969, la mancata uscita della Stampa di Torino: il soviet del giornale non voleva che fosse pubblicata una notizia di poche righe che annunciava un comizio a Torino del segretario del Msi Giorgio Almirante.

Ne è passata di acqua sotto i ponti del Bisagno, del Po e anche del Tevere.

Siamo ottimisti, ma non si sa mai

Però a Genova c’è un modo di dire che esprime bene la prudenza e la differenza della mia gente: maniman. A Torino si dice as sa mai.

Metti caso che tutti i bei ragionamenti sopra siano vaporizzati da una crisi esiziale dell’Europa invasa dai russi o da qualche altro evento imprevisto e imprevedibile tipo peste del ‘300, eruzione come ai tempi di Cassiodoro, invasione cinese sulle tracce di Gengis khan.

Perché il libro di Ezio Mauro è da leggere e meditare

Tutto ciò rende altamente consigliabile la lettura del libro di Ezio Mauro.

Sono 236 pagine, edito da Feltrinelli, prezzo 20 euro. Una parte è stata pubblicata da Repubblica on line. Il libro è altra cosa.
A parte introduzione, bibliografia è indice dei nomi, cosa tartine un libro italiano, sono dieci capitoli che scandiscono i mesi del 1922 da gennaio a ottobre.
Il tono è quello della cronaca. Ezio Mauro, cronista principe, imprime al racconto un ritmo che prende. Come nei suoi altri libri, anche questo sulla marcia su Roma è intessuto da fatti. Pochi giri di parole, poche immagini, del tutto diverso dagli articoli di opinione che si leggono su Repubblica.

Un grande cronista davanti alla storia

Da grande cronista, l’autore si è misurato con le emozioni provate recandosi, a distanza di un secolo, nei luoghi della storia.
E dato che un cronista è schiavo dei fatti. Il racconto di Mauro non fa sconti. Uomo di sinistra ma non di partito, non nasconde l’amara verità degli errori e cole della sinistra.
Come nel ‘22, la liquefazione degli antifascisti è stata determinante.
Tante sono le coincidenze, pur nella radicale differenza delle circostanze.
Ma è consigliata la lettura. È la meditazione. A futura memoria.

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