Russia, dramma di Daniel e Sinjavskij di 50 anni fa nel libro di Ezio Mauro: Mosca 1966 processo alla letteratura

Russia, un dramma umano e politico di mezzo secolo fa ritorna oggi alla nostra attenzione nel libro che Ezio Mauro ha scritto sulle vicende di due dissidenti russi degli anni “60.

Il titolo, Lo scrittore senza nome, Mosca 1966: processo alla letteratura, è di tono neutro, quasi da archivio, in controtendenza nell’era di Google e Facebook.

Il tema è lontano dalla moda corrente. L’Unione Sovietica non c’è più, il comunismo è morfato nelle varianti cinese, vietnamita, italiana. Nella Russia oligarchizzata comanda il network di spie e poliziotti che è il terzo protagonista del libro di Mauro.

Si era allora nella prima metà degli anni ’60, in piena guerra fredda. L’arresto e il processo a Andrej Sinjavskij e Julij Daniel fece vibrare di sdegno mezzo mondo.

L’eco si sarebbe persa negli anni seguenti, nella controffensiva propagandistica sovietica sviluppatasi inserendosi e sfruttando la spinta del ’68, favorita del grande rifiuto della guerra in Vietnam, evoluta nel terrorismo degli anni ’70.

Quasi 60 anni dopo Ezio Mauro riprende i l filo di quella vicenda, utilizza materiale primario e di pimordine, monta e smonta da grande scrittore.
Il ritmo del racconto, la ampiezza e precisione dei dettagli ne fanno una lettura quasi obbligata.

Russia, Mosca, Lo scrittore senza nome, capolavoro sotto vari profili

Lo scrittore senza nome è un piccolo capolavoro sotto vari profili. Un thriller in piena regola. Ma anche un racconto politico, spunto di riflessione storica. Che poi è anche stimolo di amara meditazione su come, sotto le mutate apparenze di differenti epoche e regimi, l”animo umano rimanga sempre quello. Forse fin dalla prima aggregazione di homo erectus fino a oggi nel XXI secolo.
Amore di libertà, sottomissione, ribellione, conformismo, coraggio, paura, invidia, odio,sopraffazione, oppressione, ipocrisia, istinto di sopravvivenza, vocazione al martirio e tanto altro ancora. Tutto mescolato in modo inestricabile e giocato con imprevedibile alternanza, al grazie tavolo della roulette della vita.
Ezio Mauro ha diretto per un ventennio Repubblica e prima la Stampa. Prima ancora è stato cronista di politica locale a Torino, corrispondente politici da Roma, corrispondente da Mosca.

Un cronista da Torino a Mosca

A Roma mise a soqquadro la quieta routine dei reporter parlamentari. I suoi scoop, raccolti dietro le quinte del Parlamento, diventarono un genere giornalistico.
Fu a Mosca che Mauro portò a maturazione il processo di unire la visione politica complessa all’inesorabile passione del dettaglio cronistica.
Erano gli anni della perestrojka di Gorbaciov, la fine di quel tipo di comunismo, lo sfascio di tutto.
Mauro applicava al suo lavoro a Mosca le regole del cronista di Torino o Roma: niente orari, presenza sul posto, cura del dettaglio.
Come riferimento di concorrenza, non i colleghi italiani ma l’americano David Remnick, del Washington Post, oggi da oltre 20 anni alla guida della rivista New Yorker (in questi giorni nei cinema italiani con la parodia-agiografia del film The French DIspatch)

Andai a trovare Ezio Mauro a Mosca in quei mesi. Sempre in ritardo al ristorante, sempre in ritardo sull’invio degli articoli a  Repubblica, sempre in quasi frenetico movimento che non escludeva un appostamento sotto la casa di qualche gerarca.

Corrispondente dalla Russia: il fascino terribile di quel mondo

 Il lavoro da corrispondente a Mosca, ricorda oggi Ezio Mauro, gli consentì “di conoscere il fascino terribile di quel mondo, nei giorni che preparavano la fine di quel che era stato creato per durare per sempre, quando il reale si ribella alla sua rappresentazione e il visibile non riesce a contenere tutto l’invisibile”.
Sono passati da allora 33 anni. “Questa storia, ricorda Mauro, mi ha continuamente visitato e tormentato. La misura di una ossessione che mi ha spinto a studiare, viaggiare, fare domande, raccogliere materiali. Più di quanti io ne abbia potuto usare, ma tutti utili a capire”.
In questi anni, Mauro ha avuto lunghi incontri col figlio di Daniel, Sanja e con la vedova di Sinjavskij. Grazie a lei sono emersi dal profondo dei ricordi le carte inedite dello scrittore, il codice segreto dei messaggi dal lager.

45 verbali del Kgb

Ancor più interessanti, quasi emozionanti anche per il vecchio cronista che ora ve ne riferisce, sono 45 verbali del Kgb e dei giudici sovietici, che Mauro ha integrato con gli stenogrammi delle udienze redatti dalle mogli dei due scrittori processati e raccolti da Aleksandr Ginsburg.
Ne è stato distillato “un racconto della disperazione e della dignità, dal fondo dell’abisso totalitario sovietico”. Ne è scaturito un gran pezzo di superbo giornalismo: “Un’indagine sul potere, una delle ragioni di fondo del giornalismo a tutte le latitudini”.
Nella mia ormai lunga vita ne ho viste ormai tante. E quello dei giornalisti e degli scrittori non è purtroppo l’eroico mondo che sembra costituire il Parnaso di Ezio Mauro. 
Conformismo, opportunismo, ruffianesimo sono caratteristiche prevalenti nelle categorie intellettuali. Non credo nemmeno sia una nostra prerogativa: da quel poco di contatti che ho avuto con il mondo universitario, ho appreso il fallimento del ’68, infarcito di ideologie, luoghi comuni, invidie e gelosie.

Don Ferrante è il nostro alfiere, in Russia come in Italia

Erano caratteristiche dominanti sotto i regimi totalitari. Credo lo siano state e lo siano anche in regimi più o meno liberi. Don Ferrante è il nostro alfiere.
Se riconoscete un po’ di verità in queste righe sopra, leggete le pagine di Lo scrittore senza nome che ri riferiscono agli assalti verbali a Daniel e Sinjavskij da parte di Michail Sholokhov, autore del capolavoro Il Placido Don, premio Nobel per la letteratura.
Shokholov non fu un caso isolato. 62 scrittori condannarono per scritto i due dissidente. E al processo, in aula, quanti ancora furono gli amici di Daniel incapaci di guardarlo negli occhi solo per un segno di solidarietà umana. Non preoccupatevi, succede anche nel libero Occidente, nella libera Italia, senza l’ombra del Kgb.

La grande eroica figura di Daniel

Questo rende grande la figura di Daniel, la sublime rassegnazione, l’incapacità di ricambiare odio, invidia, gelosia, paura. Al figli che lo sorprende a leggere Il Placido Don e obietta, Daniel replica: “Ricordo tutto perfettamente ma cosa ci posso fare, il libro è bellissimo”.
L’ombra del Kgb è l’ultimo protagonista del libro di Ezio Mauro. Era la sua ossessione quando viveva a Mosca, il ricordo lo ha segnato per sempre.  “Forse avete ragione voi, fra vent’anni, dice a Daniel un inquisitore. Per ora ho ragione io”. Dopo 40 e più anni, quella ipotesi-profezia si è avverata, diremmo. Ma è lecito dubitarne.
Chi guida la Russia, super nocciolo forte della ex Urss? Vladimir Putin, ex capo della stazione del Kgb in Germania. Chi lo attornia? Molti sono ex agenti e capi stazione del Kgb nel mondo: hanno i soldi, hanno il metodo, la scuola è sempre quella. Non è questione di letteratura ma di sopravvivenza dell’Europa.

Ezio Mauro, Lo scrittore senza nome, Feltrinelli, 335 pagg. € 19 (Formato Kindle € 11,99)

Gestione cookie