![Il romanzo di Paolo Forcellini: "Serenissima vendetta"](https://www.blitzquotidiano.it/wp/wp/wp-content/uploads/2015/02/paolo-forcellini-serenissima-vendetta-300x300.jpg)
ROMA – Si chiama “Serenissima vendetta” (Editore Cairo Publishing) il nuovo libro del giornalista Paolo Forcellini. Ambientato nella sua Venezia, “Serenissima vendetta” di Forcellini è un thriller dove il protagonista, il commissario Marco Manente – amante delle belle donne, del buon vino e della buona cucina – indaga su una serie di misteriosi omicidi che lo porteranno sulle tracce di un misterioso serial killer. Le vittime sono tutte straniere ma sembrano non avere nulla in comune. Solo una serie di brillanti intuizioni riusciranno a mettere il commissario Manente sulla strada giusta nelle indagini. Ma con un finale a sorpresa.
La storia è ambientata tra le calli, i sottoportici e i canali di una Venezia segreta e misteriosa, lontana da San Marco e dalla sua immagine più turistica. Politicamente scorretto, spesso ubriaco anche a lavoro, il commissario Manente è disposto a tutto – anche rischiando il licenziamento – ed è pronto ad usare ogni mezzo, anche illegale, pur di rincorrere le tracce che lo porteranno sulla strada del serial killer. “Serenissima vendetta” è il secondo romanzo di Forcellini che vede come protagonista il commissario Manente. Il primo , “La tela del doge“, fu pubblicato nel 2013.
A proposito della prima inchiesta di Manente, “La tela del Doge”, hanno scritto:
“Un giallo ben costruito, da bersi d’un fiato, incastonato in una dichiarazione d’amore per Venezia lunga quanto tutto il libro.” Il Foglio
“Forcellini conduce il lettore nei vicoli che lui stesso conosce bene, e l’atmosfera di questo poliziesco all’italiana a fine lettura resta attaccata addosso. Come la nebbia di Venezia.” Il Fatto Quotidiano
“Giallo di atmosfere e suoni, di sapori e colori, ma che, forte di un bell’intrigo con colpi di scena, tra piccola manovalanza malavitosa locale e la più dura mala del Brenta, vive di personaggi ben costruiti, veri.” Ansa
“Il lettore che accompagna Manente avrà anche l’opportunità di conoscere bacari e trattorie spesso fuori dal circuito dei ‘foresti’, dove si possono trovare i migliori cicchetti e i più tradizionali piatti di pesce della laguna.” Dagospia
Ecco di seguito le prime pagine del nuovo thriller veneziano di Paolo Forcellini, “Serenissima vendetta”, Cairo editore
Cuore di mamma. Ci voleva proprio un grande affetto materno per sottoporsi a una tale penitenza. Gloria Calergi, ex modella trentatreenne dai lunghi capelli rossi e dagli occhi verde chiaro, era uscita da casa sua, un palazzetto su due piani con vista sulla laguna, vicino al Ponte dei Tre Archi, assieme al figlio Tommy. Il boccoluto pargolo di circa tre anni stava assiso su un triciclo ma era troppo piccolo o troppo pigro per pedalare. Così la mammina si era dovuta chinare fin quasi a terra, partendo dal suo metro e ottanta di altezza, per spingere il trabiccolo. Una faticaccia, soprattutto in quell’assolata giornata di maggio. Passanti e negozianti della Fondamenta Savorgnan, in compenso, si erano goduti lo spettacolo di quella femmina strepitosa avvolta in attillatissimi jeans che rischiavano di scucirsi ogni volta che si chinava per muovere il triciclo. Senza contare che la camicetta di seta, generosamente sbottonata, in quella posizione offriva panorami incantevoli. Finalmente Gloria e il piccolo erano giunti davanti all’entrata del giardini pubblici di S. Giobbe, poco prima del Ponte delle Guglie: ancora poche decine di metri e il bambino avrebbe potuto scatenarsi con i suoi coetanei nell’apposita area giochi, mentre la madre si sarebbe seduta in panchina a leggere la rivista di gossip che teneva nello zainetto. Ma non tutti i salmi finiscono in Gloria: la signora si era addentrata nel piccolo parco, sempre a schiena flessa e quindi con una visione molto ravvicinata del terreno, quando intravvide due piedi calzati in un paio di scarpe da ginnastica Bensimon bianche e blu. Il solito beone, pensò l’ex mannequin, fortemente irritata per il fatto che quella spugna umana avesse scelto proprio quel posto affollato di bimbi per attaccarsi alla bottiglia. Nel frattempo Tommy era smontato dal triciclo e si era diretto verso i due piedi. Gloria lo inseguì per rimetterlo in sella e lo raggiunse in due passi: pochi ma sufficienti a gettare uno sguardo su cosa c’era oltre quelle scarpe da ginnastica francesi. Abbracciò stretto il piccolo, tenendogli il volto fra i seni in modo che non vedesse il morto che giaceva dietro un cespuglio di alloro e a fianco di un leccio secolare. Perché che fosse defunto non vi era alcun dubbio: la sua gola presentava uno squarcio lungo una ventina di centimetri e il terreno circostante era nero del sangue che l’aveva inzuppato. Ma Gloria, che da giovanissima aveva lavorato come infermiera in Iraq per un ospedale di Emergency, non era tipo da impressionarsi alla vista di ferite anche gravi. Fu un altro particolare della scena che aveva davanti a indurla, sempre con Tommy in braccio, a voltarsi verso la vicina pianta di alloro e a vomitarvi sopra l’intera prima colazione. Nella bocca e nella gola del morto era stato conficcato qualcosa di assai sorprendente. Appena si fu ripresa la donna digitò il 113 sul telefonino: dagli uffici della Questura dietro Piazzale Roma le assicurarono che sarebbero arrivati in un batter d’occhio. Erano le 11 e 6 minuti e Tommy cominciò a frignare perché la mamma ancora non lo portava sullo scivolo. La lenza si tese, qualcosa aveva abboccato dopo tre quarti d’ora passati a sudare come una fontana sotto il sole battente e a tirar giù mocoli per la latitanza delle prede. Forse alla fine le imprecazioni erano state udite molto in alto. Marco Manente alzò la canna e fece girare il mulinello. Il pesce prese a dibattersi nell’aria: un paganeo, Gobius paganellus, cugino minore del Gobius ophiocephalus che già di rado supera i venti centimetri di lunghezza. Mai che gli capitasse un branzin, un’orada, un bisato o una bosega. Sempre e soltanto paganei, qualche gò o, al massimo, una piccola triglia di fango: pesci buoni solo per una zuppa povera quanto al costo ma ricca di spine. Manente ripose la nuova vittima nel canestro, dove già giacevano altri quattro pescetti: l’intero, misero frutto di una mattinata di pesca in laguna. «No xe giornada» disse voltandosi verso Ludovica che prendeva il sole distesa sui pagioi della topa a motore presa a nolo. La sentenza rimase sospesa a mezz’aria: mentre lui armeggiava per sfilare l’amo dalla bocca del paganeo, Ludo armeggiava per slacciarsi il minuscolo due pezzi: aveva evidentemente optato per la tintarella integrale. Alla vista il commissario rimase a bocca aperta e, da uomo d’ordine qual era, non trovò di meglio che osservare: «Quelli che passano potrebbero vederti…». La ragazza non si scompose: in quell’angolo sperduto di laguna transitavano ben poche imbarcazioni, le fiancate della topa erano abbastanza alte da proteggere la sua nudità, inoltre mentre si crogiolava al sole, le era passata per la testa una fantasia. Così, con uno sguardo che era tutto un programma, ribatté: «Se pensi che qualchedun possa vedermi, coversime».