Shakespeare, due librai: “Abbiamo il suo vocabolario”. Il penultimo segreto del Bardo

Shakespeare, due librai: "Abbiamo il suo vocabolario". Ma il mistero resta
I William Shakespeare (al centro) “alternativi”. In senso orario, da sinistra in alto: Edward de Vere, Francis Bacon, William Stanley e Christopher Marlowe

ROMA – Nel giorno del 450° anniversario della nascita di William Shakespeare, la misteriosa vita del “Bardo” continua ad alimentare ricerche, leggende e scoperte. “Abbiamo il vocabolario di Shakespeare“, hanno dichiarato due librai antiquari di New York, Daniel Wechsler e George Coppelman, annunciando alla stampa americana “la scoperta letteraria più importante degli ultimi secoli”.

Si tratta di un grosso volume dato alle stampe nel 1580, cioè quando Shakespeare, nato a Stratford-upon-Avon il 23 aprile 1564, aveva solo 16 anni. Il titolo è An Alvearie or Quadruple Dictionary, a cura di John Baret, acquistato da Wechsler e Coppelman nel 2008 su e-Bay per 4.300 dollari.

Che c’entra con Shakespeare? Il libro era pieno di annotazioni (scritte a mano, ovviamente) che citano parti delle opere scritte dal Bardo o fanno vi fanno riferimento. Si tratta, insomma, del vocabolario che Shakespeare avrebbe consultato durante la stesura dei suoi drammi. Lo confermerebbero indagini e indizi (come la sigla “W.S.” che compare sotto alcune note) raccolti in un saggio che i due librai stanno per pubblicare. Il vocabolario acquisterebbe così un valore commerciale esponenzialmente maggiore dei 4.300 dollari spesi all’asta su e-Bay per acquistarlo.

È l’ultimo capitolo di una lunga storia, almeno due secoli di ricerche e dibattiti per rispondere a quel punto interrogativo chiamato Shakespeare. Scrive Roberto Bertinetti sul Messaggero:

«Che sia davvero vissuto è fuor di dubbio. Che abbia composto le opere a noi note sembra invece assai meno credibile», affermava Mark Twain. Molti critici, ancora oggi, condividono su Shakespeare l’opinione dello scrittore americano. Il confronto tra studiosi, apertosi in epoca romantica, è tornato ad accendersi nel corso degli ultimi mesi prendendo spunto dalle iniziative organizzate per celebrare i quattro secoli e mezzo dalla nascita di Shakespeare. Che la tradizione fissa nel 23 aprile 1564, giorno della festa di San Giorgio. La data esatta, in realtà, potrebbe essere anche precedente, sia pur di poco. Nessun dubbio sussiste sul giorno del battesimo: la cerimonia ebbe luogo mercoledì 26 aprile. Nel registro della chiesa il chierico annotò: “Guilelmus filius Johannes Shakespere”. Pochissime altre tracce certe sono disponibili per ricostruirne la vita: qualche firma, un testamento, una lapide e un busto colorato. Nulla documenta, secondo gli scettici, che sia stato proprio lui l’autore delle tragedie e delle commedie stampate solo dopo la morte.

Di certo c’è la nascita e la morte, avvenuta nello stesso luogo (Stratford-upon-Avon) e nello stesso giorno (23 aprile, 1564 e 1616). Tutto il resto è dubbio:

Per dar forza ai dubbi chiamano in causa la famiglia d’origine e la mancanza di solidi studi accademici. Come poteva, si chiedono, il figlio di un guantaio di provincia quasi senza istruzione sfoggiare nei suoi testi l’uso di ben ventimila vocaboli? Il sommo Milton, aggiungono, qualche decennio dopo mostrò di conoscerne circa la metà. Bisogna perciò dedurne, precisano, che William Shakespeare fu probabilmente un ottimo attore e un impresario di successo che accettò di attribuirsi la paternità di opere composte da altri. Su chi siano stati i “veri” autori gli scettici si dividono, mettendo in campo ipotesi diverse, in alcuni casi davvero fantasiose. Nell’elenco proposto figurano addirittura Elisabetta I e un “resuscitato” Christopher Marlowe costretto a celarsi agli occhi del mondo dopo la rissa a Deptford che nel 1593 gli costò la vita. Oltre a loro sono stati più volte chiamati in causa, senza produrre documenti, il filosofo Francis Bacon e soprattutto Edward de Vere, 17° conte di Oxford, aristocratico coltissimo e ben introdotto a corte.

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