Sharing Economy: Perché l’economia collaborativa è il nostro futuro, la recensione di Girolamo Stabile

Pubblicato il 3 Novembre 2017 - 11:19 OLTRE 6 MESI FA

sharing-economy-recensione-libro-girolamo-stabileIl libro “Sharing Economy – Perché l’economia collaborativa è il nostro futuro” di Davide Pellegrini (Hoepli 2017) ha essenzialmente il merito di sviluppare il reale significato di questa nuova forma di economia spesso identificata unicamente con le piattaforme a maggiore diffusione e mirate, ad esempio, alla condivisione di appartamenti e automobili.

L’autore indaga sui meccanismi della tecnologia partecipativa ma anche e soprattutto sul senso di cooperazione e relazione tra le persone che partono da un “ambiente digitale” e si consolida al di fuori di questo. L’idea proposta è quella di un nuovo modello sociale che prevale su un modello microeconomico di mercato.

Punto di partenza è l’”ambiente digitale”. In sintesi, un luogo in cui si verifica uno scambio di informazioni via computer senza la relazione fisica ed in molti casi senza la conoscenza personale tra gli utenti. Un luogo, questo, dove si hanno interazioni e non relazioni definito dall’autore un “habitat relazionato” nel senso di un contenitore di funzioni che prevede un’interazione senza la necessita di un rapporto personale.

Propulsore di queste interazioni è la necessità di ogni individuo di recuperare la propria libertà e di costruire un mondo equo e solidale. Protagonisti di questa azione sono principalmente i c.d. “millennials”, vale a dire la generazione nata nei primi anni ottanta e cresciuta nel passaggio del millennio. Soggetti, questi, che stanno sperimentando “le contraddizioni del modello capitalistico e il tramonto di una società governata da leggi economiche ormai insostenibili” in cui la precarietà del lavoro, la difficile pianificazione del futuro, la crisi della politica in generale e delle politiche sociali in particolare determina una sorta di reazione il cui fine è quello di “costruire filiere temporanee tra attivismo e impresa” che permettano di trovare possibili soluzioni in cui il punto fermo è rappresentato dalle relazioni tra le persone unite da un percorso di solidarietà e scambio, elementi essenziali per un approccio al futuro basato sulla fiducia.

Su questa base si diffondo modelli flessibili di condivisione di spazi di lavoro o forme temporanee di impiego. In altri termini, di fronte ad futuro incerto e senza troppe aspettative la sharing economy rappresenta una opportunità in quanto favorisce fenomeni di aggregazione e confronto, di ricostruzione del senso di comunità. Questa grazie ad un senso empatico che accomuna i soggetti di fronte al destino.

Se nella sharing economy identificata nei servizi prestati on-line la ragione utilitaristica prevale come in tutte le normali operazioni di mercato, l’idea di valore alla base del libro si identifica con la reciprocità di guadagno o di risparmio secondo cui l’idea di utile va oltre il tornaconto personale e diventa “una forma di comportamento aperto”. Le persone che utilizzano la sharing economy operano una sorta di resistenza culturale che per raggiungere un traguardo comune si contrappone ad un sistema che non funziona.

Analizzando più in dettaglio questa formula economica occorre ricordare che il presupposto della sharing economy è il cosiddetto “peer to peer” secondo cui utenti che producono prodotti e servizi li mettono al servizio di altri utenti che possono contraccambiare con il proprio prodotto o servizio. Secondo l’autore la comparsa dell’elemento profittevole, vale a dire il pagamento del prezzo da parte di un certo utente, neutralizzerebbe il valore dell’interazione sociale in cui il carattere utilitaristico dovrebbe essere appagato da collaborazione.

Inoltre, questa formula economica tende alla disintermediazione secondo un processo che tende a bypassare soggetti che tradizionalmente operano nei settori che si diffondono on-line. L’esempio più noto è probabilmente Airbnb in cui, pur non applicando lo scambio solidale, un soggetto condivide temporaneamente un proprio bene immobile con un soggetto terzo che paga un prezzo ma ne ha un vantaggio risparmiando. Stesso principio vale per il car sharing etc.

La piattaforma elettronica, dunque, mette direttamente in contatto due soggetti senza bisogno di intermediari e ciascuno ne trae il proprio beneficio. Ciò posto vale comunque la pena notare che se le transazioni realizzate mediante le piattaforme maggiormente diffuse non svolgono idealmente lo scambio solidale o l’interazione sociale auspicata dall’autore vi è comunque un elemento di diretto beneficio per tutti i soggetti coinvolti senza bisogno di intermediari che in genere aumentano i costi delle transazioni, i tempi della ricerca di un bene etc. In altri termini, ortodossi della formula economica potrebbero sostenere che proprio in ragione delle loro dimensioni sul mercato web mondiale Airbnb o simili rappresentano i nuovi intermediari. Ma commentando il fenomeno da utente forse vale comunque la pena notare la loro utilità, in ogni caso rappresentano sempre alternative ai canali tradizionali ben più grandi e radicati sul territorio ed utilizzati da tutti quelli che a vaio titolo non hanno accesso al computer.

L’incrementare del fenomeno porta anche l’identificazione di nuove forme di regolamentazione, spesso non omogeneo, ad esempio, a livello europeo come è successo per il caso Uber.

Il libro di Davide Pellegrini presenta anche una chiara statistica dei settori in crescita, della localizzazione dei soggetti che danno vita alle piattaforme digitali, alle difficoltà economiche che spesso incontrano le start-up e come venture capitalist o angels tendenzialmente operano.

Tornando al principio della disintermediazione intesa come sperimentazione di nuove opportunità l’Autore, sempre per supportare la sharing economy a maggior impatto sociale, ricorda correttamente che qualsiasi attività anche la più nobile e non necessariamente volta al profitto deve cercare una “dignitosa sostenibilità”.

Pertanto anche l’impresa sociale deve integrare dei criteri di razionalità economica che ne permettano quantomeno il sostentamento. In questo senso l’autore propone un vademecum per la progettazione di nuove attività al fine di scoraggiare atteggiamenti imprenditoriali incauti. Quello in oggetto è comunque un mercato non necessariamente semplice anche se si sviluppa per effetto di una piattaforma elettronica e vi sono anche elementi concorrenziali o duplicazioni di servizi on-line che vanno necessariamente considerati.

Per concludere dunque il libro si propone di far meglio comprendere il campo della sharing economy al fine di farne uno strumento sociale efficace per i cambiamenti del mondo contemporaneo.

Di Girolamo Stabile