Titanic: passione infinita fra libri e museo

ROMA, 18 MAR – In tempi di 'inchini' e di crociere finite male, parlare del Titanic – di cui il 15 aprile ricorre il centenario dell'affondamento – puo' sembrare una coincidenza e basta, ma non e' cosi'. Il piu' grande disastro navale civile di tutti i tempi (morirono 1523 dei 2223 passeggeri imbarcati compresi gli 800 uomini dell'equipaggio) rappresenta un simbolo intatto nel tempo e cosi' forte da affrontare invitto, dai 4 mila di profondita' dove si e' adagiato, il suo secondo secolo. Ancora oggi – a differenza di tutte le altre navi dallo stesso destino – attira scrittori, indagini, analisi, ricerche marine, caccia ai souvenir. Per non parlare del kolossal del 1977 di James Cameron, con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, film campione di incassi. Insomma, un vero e proprio mito. Eppure – nonostante si sappia quasi tutto di quella fatale notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912, in cui il RMS Titanic, colo' a picco durante il suo viaggio inaugurale (da Southampton a New York) per l'urto contro un gigantesco iceberg a largo di Terranova – la storia continua a suscitare appassionate ricostruzione. Perche? Richard Davenport-Hines – scrittore e storico inglese – nel libro 'Lo spettro del ghiaccio. Vite perdute sul Titanic' (Einaudi; pp.370; 21 euro) pensa che la migliore risposta al quesito consista proprio nel raccontare le esistenze di quanti erano a bordo. E non solo quelle dei ricchi milionari – dai Guggenheim, agli Astor, agli Strauss, ai Thayer -ospitati in una prima classe, estensione del Ritz. Ma anche dei loro compagni di viaggio: i nuovi ricchi, i borghesi in scalata sociale, gli uomini di potere, le loro donne, mogli o amanti che fossero. Scendendo di classe, ecco la seconda: quella di impiegati, piccoli funzionari, prelati, negozianti. Una sorta di galleggiante 'Lyons Corner House' (uno dei piu' famosi ristoranti londinesi di allora). Convinti tutti loro – piu' degli inquilini del piano di sopra – che il Novecento da poco iniziato fosse la 'loro' di epoca. E anche in terza classe, tra disperati in fuga dai loro paesi, piccoli bottegai in cerca di fortuna, contadini analfabeti e delinquenti, si respirava – racconta Davenport-Hynes – questa fiducia nei 'destini superbi' del secolo. Del resto, il Titanic vantava gli standard piu' elevati per una terza classe mai raggiunti prima del 1914. In fondo – suggerisce l'autore – il Titanic era ''il prodotto di una bolla speculativa'' e la White Star Line, la compagnia britannica proprietaria della nave, lo aveva varato per contrastare la rivale Cunard Line. Ne sapeva qualcosa l'ad della White Star, l'incredibile Joseph Bruce Ismay, che sopravvisse al disastro in una scialuppa, ma con grande disonore. Per Donatello Bellomo, autore di 'Titanic. L'altra storia' (Mursia; pp.283; 16 euro), la nave e' ''Il manifesto del novecento'' e al tempo stesso ''l'eroe negativo piu' idolatrato' di quel secolo. Un secolo che e' stato un ''grande inganno'' e che ha trovato nel Titanic il suo ''cenotafio''. '' Lo sfregio subito dall'iceberg – scrive Bellomo nel suo appassionato e documentato libro – lo ha immortalato. Da quattro generazioni e' un luogo di passioni e identita' rapprese, di scommesse perdute, di possibilita' negate, di utopie irrise dalla realta'''. E non sbaglia nel rilevare che la sua grandezza ''sta nel disastro, nel passaggio dallo splendore alla distruzione''. Come l'orchestrina che – si disse – continuo' a suonare imperterrita mentre la nave affondava. Chissa' se quelle note sono state ascoltate da May Smith e Celeste Parkes, protagoniste del romanzo di Leah Fleming 'La strada in fondo al mare' (Newton Compton): entrambe a bordo del Titanic, vedranno i loro destini intrecciarsi in quella tragica notte. Ma soprattutto chi mai sara' il neonato che il capitano della nave, prima di morire, affida a May per trarlo in salvo? Forse, nonostante il libro sia fiction, una storia analoga la si puo' trovare nel 'Titanic quarter' che il prossimo mese aprira' a Belfast: un centro tutto dedicato alla nave con una mostra permanente su quel transatlantico che niente poteva affondare.

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