Treccani licenzia Tatò: la colpa? I bilanci a posto. Vince Massimo Bray, ex ministro

Treccani licenzia Tatò: la colpa? I bilanci a posto. Vince Massimo Bray, ex ministro
Franco Tatò: agli intellettuali i bilanci in pareggio fanno schifo

Franco Tatò non ha peli sulla lingua:

“La crisi culturale della Treccani? Non certo sotto di me. Cose così sciocche si definiscono da sole”.

Però, racconta Simonetta Fiori su Repubblica, ora Franco Tatò viene rimosso, per fare posto a Massimo Bray, copertosi certo non di gloria come ministro della Cultura dopo una carriera percorsa nelle stanze dell’Enciclopedia Treccani, polverosa istituzione fondata nel 1925.

Stando alle parole di chi lo ha licenziato, Giovanni Puglisi, presidente pro tempore della Treccani, la colpa di Franco Tatò è di avere risanato la Treccani e di averne portato il bilancio in pareggio. Ma alla vera cultura di cui la Treccani e Massimo Bray si sentono vestali i bilanci sono un aspetto marginale.

Franco Tatò, una laurea in filosofia e un detour all’Olivetti e anche breve in Fininvest, ha fato cose egregie in due passaggi alla Mondadori e di industria culturale ne sa qualcosa. Appena arrivato alla Treccani spinse per recuperare il terreno perduto rispetto alle grandi enciclopedie straniere e qualche risultato lo ha ottenuto.

Ma ora le cose sono cambiate, anzi precipitate fino ad arrivare al suo licenziamento, da Franco Tatò incassato, nel racconto di Simonetta Fiori, con queste parole:

“Se sono ancora della partita? Non so se ne ho voglia, visto il livello dei miei colleghi”.

Il racconto di Simonetta Fiori si dipana così:

“Se Franco Tatò poteva ancora illudersi di mantenere la guida della Treccani, ieri mattina ha provveduto un lancio d’agenzia a spegnergli ogni speranza. Titolo inequivocabile, Finisce era Tatò. Artefice della liquidazione, il presidente pro tempore dell’Istituto Giovanni Puglisi, innumerevoli incarichi nel mondo delle banche e rettore di un paio di università. Lapidaria la sua sentenza affidata all’Ansa: basta con lo strapotere dell’amministratore delegato. E basta con una gestione commerciale che ha finito per snaturare una delle principali agenzie culturali italiane.

Così finisce la lotta per il controllo della Treccani, anticipatada Repubblica. Se formalmente la parola definitiva spetta all’assemblea del 30 aprile, l’intervento di Puglisi ne annuncia l’esito: perdente per Tatò e vincente per Massimo Bray, cui probabilmente sarà destinata la poltrona di direttore generale. Lo statuto modificato prevede l’abolizione dell’amministratore delegato e l’istituzione di una direzione generale più rispettosa dei poteri del presidente. Di fatto l’abolizione di Tatò, dal 2003 amministratore delegato dell’Enciclopedia.

Quella disegnata da Gianni Puglisi è una pietra tombale per la “gestione Tatò”, liquidata come cura necessaria ma non risolutiva per il ruolo culturale dell’Istituto. Tagli del personale, dismissioni del patrimonio immobiliare, operazioni editoriali estranee al mondo della ricerca.

Ha detto Puglisi:

“I conti sono tornati in equilibrio e per questo si può ritornare al bilanciamento di poteri che era nello spirito originale”. In altre parole, stop alla dittatura dei fatturati e più poteri per il nuovo presidente Franco Gallo e per la direzione generale, a cui spetta il compito di riportare l’istituto alla sua «vocazione culturale», a lungo oscurata dalla «gestione commerciale».

Un appello, quello lanciato da Puglisi, che attira una punta di veleno da parte di Tatò:

“Ma la persona che viene sponsorizzata come direttore generale è Bray, che durante la mia gestione faceva il direttore editoriale, non il portiere”.

Forse Bray non era d’accordo, ma probabilmente ha evitato di affrontare Tatò a muso duro, Ma alla fine dei conti ha vinto lui.

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