De Benedetti. Giornale: Trema. Prima: Sorgenia nuvola nera, giornali vulnerabili

Pubblicato il 1 Febbraio 2014 - 08:14 OLTRE 6 MESI FA
De Benedetti. Giornale: Trema. Prima: Sorgenia nuvola nera, giornali vulnerabili

Carlo De Benedetti sulla copertina di Prima

“La crisi di Sorgenia si proietta come una nuvola nera sull’orizzonte di Carlo De Benedetti rendendo lui e i suoi giornali vulnerabili”

è il titolo della copertina di Prima, mensile che è una specie di bibbia nel mondo dell’informazione. Nella copertina domina una foto, con l’espressione assai preoccupata e un po’ angosciata, di Carlo De Benedetti, fondatore di un gruppo industriale, la Cir, che ha conosciuto tempi migliori.

La tesi che sembra essere adombrata da Prima è che la crisi di Sorgenia, società del settore energia, gravata da un monte debiti di 1,7 – 1,8 miliardi di euro (ma c’è chi ha scritto che i debiti sono complessivamente 2,2 miliardi) potrebbe portare alla vendita di una o più testate della catena di quotidiani in cima alla quale si trova Repubblica.

La tesi, molto allarmante sembra che anche un po’ estrema, anche perché senza i giornali, che hanno prospettive difficili ma positive, specie i quotidiani locali, il peso dei De Benedetti sarebbe sensibilmente diminuito, se non azzerato, mentre tra le partecipazioni della Cir ci sono attività meno glamour ma più redditizie che possono essere trasformate in cassa con meno mal di pancia.

A tanto non è invece arrivato il Giornale di Berlusconi, che pure non perde occasione di sottolineare i guai dei De Benedetti, affiancato e anzi superato per precisione di notizie e dettagli dal Messaggero di Roma, controllato da un altro tycoon, Franco Caltagirone, poco appariscente ma forse più bravo di tutti.

La Cir sembra avere imboccato una strada in declino, accelerato dalla ricerca di nuovi sviluppi industriali da parte del figlio di Carlo, Rodolfo De Benedetti, forse impaziente di dimostrare al padre un po’ troppo padrone le proprie capacità imprenditoriali.

La vicenda ha il ritmo e la scansione di una tragedia greca, con la variante, rispetto a Sofocle, che qui il parricidio è stato solo virtuale e con un finale a sorpresa: che il padre è anche resuscitato.

In coincidenza con l’uscita di Prima, un articolo del Giornale segna una nuova puntata della quarantennale saga Berlusconi contro De Benedetti. L’odio tra i due non conosce tregua. Questa volta non si tratta di soldi ma di randellate virtuali, via stampa, poca roba rispetto ai 450 miliardo che Berlusconi ha dovuto tossire a De Benedetti ma ognuno si consola come può. Forse per questo il Giornale di Berlusconi non perde occasione per registrare i problemi industriali di De Benedetti.

Il detto: “Se Atene piange, Sparta non ride” sembra applicarsi molto bene al caso dei due arci-nemici, ma al presente la parte di Berlusconi, in grande ripresa in politica grazie proprio, in una giravolta del destino degna questa volta di Plauto al muovo amore di De Benedetti, Matteo Renzi, sembra avere qualche argomento valido per dare il tormento a De Benedetti.

Ha scritto Marcello Zacché, sul Giornale, sotto il titolo:

“Sorgenia, Tirreno power e Repubblica: tre guai che fanno tremare l’ingegnere”

De Benedetti ovviamente:

“Il gruppo De Benedetti torna a soffri­re. A 15 anni dal doloroso addio al­l’Olivetti, l’impero Cir-Cofide è di nuovo in difficoltà.Dopo l’uscita da elet­tronica e telefonia, l’Ingegnere ha punta­to più di tutto su energia ed editoria. Nel frattempo ha lasciato ogni carica (tranne la presi­denza dell’Espresso) e ha dona­to le quote di controllo delle hol­ding ai figli. Ma oggi l’impero, i cui manager forti sono principal­mente il figlio Rodolfo, presiden­te Cir, e l’ad (anche dell’Espres­so) Monica Mondardini, vacilla di nuovo proprio per la crisi del­le­ centrali elettriche e dei giorna­li. Al punto che qualcuno ha ipo­tizzato anche un clamoroso ri­torno in campo dell’Ingegnere. Smentito, seccamente: «Ri­dicolo pensare che oggi, a 80 an­ni, io riprenda la conduzione del gruppo»”.

L’indiscrezione era uscita sul Foglio mercoledì e Carlo De Benedetti l’ha liquidata con questa dichiarazione:

“Ho lasciato la presidenza della Cir cinque anni fa e ho donato la proprietà del gruppo lo scorso anno” ed “è ridicolo pensare che oggi, a 80 anni, io riprenda la conduzione del gruppo, anche perchè ho totalmente fiducia nel nuovo management”.

Parole crudeli perché sembrano escludere dalla fiducia proprio il figlio Rodolfo, che del nuovo management non sembra far parte.

Scrive ancora Marcello Zacché:

“I conti della Cir hanno fino­ra tenuto. Ma se a quelli del 2013 si sottra­essero i 490 mi­lioni lordi ver­sati da Finin­vest (che tra­mite Monda­dori controlla anche il 37% del Giornale ) per la senten­za sul «Lodo Mondadori», il gruppo finireb­be in rosso. I numeri si conosce­ranno il 14 aprile, ma già nel bi­la­ncio dei primi nove mesi si tro­va un utile netto di 10 milioni, re­so possibile solo grazie al Lodo. E in prospettiva le cose non pro­mettono bene.

Sorgenia, il gruppo elettrico di cui Cir detiene il 52%, è alle prese con un debito di 1,8 miliar­di e sta chiedendo alle banche una ristrutturazione, perché il conto economico è in rosso e la società non è in grado di far fron­te agli oneri finanziari. Inoltre, il socio di minoranza, gli austriaci di Verbund, hanno azzerato la quota e non ne vogliono più sa­pere.

“Le banche pretendono che Cir partecipi a una ricapita­lizzazione che per i De Benedet­ti diventerebbe rischiosissima.”

Poi c’e la rogna

“Tirreno Power, di cui Sorgenia ha il 39% e i francesi di Gdf la maggioranza, oltre ad ave­re a sua volta un ingestibile debi­to di 800 milioni è finita nei guai per un’indagine sulla centrale di Vado Ligure per possibile «di­sastro ambientale ». La centrale, dove lavorano 200 addetti, è sta­ta addirittura fermata a metà gennaio e due giorni fa si è di­messo il suo direttore generale Giovanni Gosio, che la guidava da 10 anni”.

Ai guai energetici, prosegue Marcello Zacché,

 “si sono ag­giunti quelli editoriali: sul gruppo pende la spada di Damocle del­la condanna ( tributaria) a paga­re 225 milioni per imposte elu­se nel 1991, in attesa di Cassa­zione dopo numerosi ricorsi. Ma in ogni caso, il fatto nuovo è che Espresso e Repubblica ce l’avevano sempre fatta, finora. Invece, prima è finito in rosso il settimanale, già dal 2012. E per risparmiare 2 milioni l’anno ha prepensionato 12 persone (compensate da 7 assunzioni) su 45 dipendenti; poi è toccato al quotidiano, per il quale Mon­da­rdini ha previsto il rosso di bi­lancio nel 2014, chiedendo 81 prepensionamenti su 440 gior­nalisti per mettere a regime 30 milioni annui di risparmi sui co­sti.

“Qui la vicenda ha assunto i toni dello psicodramma, al pun­to che nelle redazioni di Repub­blica è circolata addirittura l’idea di pubblicare una pagina con 10 domande dirette all’edi­tore, sulla scia del tormentone delle 10 domande poste da Giu­seppe D’Avanzo a Silvio Berlu­sconi sul caso di Noemi Letizia. Una «forzatura» che natural­mente non è andata avanti, ma che ha svelato più di ogni altra cosa il malessere di un gruppo di persone che mai prima d’ora si era trovato in una situazione così difficile e divisiva. Tanto che di fronte alla scelta tra pre­pensionamenti (scesi a 58) e un contratto di solidarietà al 15% per tutti, la redazione si è spacca­ta e la t­rattativa è ora passata a li­vello nazionale. E comunque va­da, l’impressione è che niente, nemmeno a Repubblica , sarà più come prima”.