Editori Giornali: “Annunci di Borsa per trasparenza”. Valgono più di tanti tagli

Editori Giornali: "Annunci di Borsa per trasparenza". Valgono più di tanti tagli
Editori Giornali: “Annunci di Borsa per trasparenza”. Valgono più di tanti tagli

ROMA “Ripristinare l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani delle informazioni regolamentate da parte delle società quotate in Borsa» serve a «garantire la massima informazione ai risparmiatori”: Maurizio Costa, appena nominato presidente degli editori di giornali aderenti alla Fieg è partito con il piede giusto, cercando di rimediare a una trascuratezza di chi lo ha preceduto e l’incapacità dei grandi editori, spesso anche grandi finanzieri e grandi uomini di tutelare un flusso di ricavi che, unito a quelli dagli annunci di appalti pubblici, vale ben più di tanti risparmi e licenziamenti.

Maurizio Costa parlava nel corso di una audizione in Senato, davanti alle Commissioni riunite Industria e Beni ambientali e ha preso l’occasione per chiedere, come ha scritto il Messaggero,

“una decisa marcia indietro sullo stop all’obbligo di pubblicazione contenuto nel decreto competitività”.

Sul tavolo c’è

“un’oggettiva compressione della facilità di accesso a notizie importanti per il mondo degli investitori e dei risparmiatori”,

ha spiegato Maurizio Costa nel corso dell’audizione presso le  nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto. L’utilizzo di Internet può, infatti, “costituire una modalità aggiuntiva”, ha continuato Costa, ma “non sostitutiva, alla pubblicazione delle informazioni sulla carta stampata”, visto che “quasi il 70% della popolazione adulta, secondo l’Agcom, non utilizza Internet per informarsi sui fatti nazionali”.
La richiesta degli editori di quotidiani:

“Il Parlamento ribadisca quanto già sostenuto nel 2009 quando la Consob pensò di trasferire gli avvisi delle società quotate solo su Internet”.

Allora, Senato e Camera ottennero la reintroduzione dell’obbligo di pubblicazione sui quotidiani, sostenendo infatti l’opportunità di affiancare entrambi i canali informativi “al fine di rendere quanto più ampia l’informazione dei risparmiatori”.

Nel frattempo a Berlusconi sono succeduti i Governi Monti e Letta, che hanno reintrodotto la norma punitiva e i grandi editori, che si sono inginocchiati davanti a due dei peggiori Governi della storia recente, non sono stati capaci di sostenere i diritti dei giornali e dei cittadini.

Sul tema si registra un commento di Italia Oggi:

“I primi a pensare che si possa saltare indenni l’informazione societaria sui quotidiani sono stati gli avvocati di Azimut Holding, che per farsi belli con la società (e migliorare le loro già ricchissime parcelle) hanno suggerito di non pubblicare più sui quotidiani la notizia riguardante il patto parasociale che guiderà la società finanziaria. Per fortuna la società di Pietro Giuliani conosce il valore della trasparenza e quindi resisterà a queste sirene, sapendo bene che il mercato in passato ha sempre punito chi ha voluto essere oscuro.

Ma questo è un esempio del pericolo, che i senatori della commissione Industria hanno fortunatamente già compreso, nascosto nella conversione del decreto legge cosiddetto Competitività ma che per quanto riguarda il comma 1 dell’articolo 20, alle lettere p, v e z in pratica dà una bella sforbiciata agli obblighi di trasparenza tramite la pubblicazione sui quotidiani nazionali delle informazioni regolamentate presenti nel Tuf (Testo Unico della Finanza).

E il presidente della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), Maurizio Costa, alla sua prima uscita nel nuovo ruolo, ha subito attaccato i misteriosi autori del comma che, come ha confessato lo stesso presidente della Consob Giuseppe Vegas, era partito comunque per dare sollievo alle piccole società quotate, ma misteriosamente è stato poi esteso a tutto il listino di Piazza Affari (e che cosa ci sta a fare quel comma in un decreto dedicato alle piccole e medie imprese?).

La relazione tecnica al decreto legge dice che queste norme vanno modificate «al fine di ridurre gli oneri economici delle società quotate correlati all’adempimento dell’obbligo di pubblicazione delle informazioni regolamentate sulla stampa quotidiana. Oltre a un eccessivo costo per le società quotate, la pubblicazione sulla stampa non garantisce quella diffusione dell’informazione che oggi è assicurata dall’immediata pubblicazione sul sito internet della società quotata, oltre che dalla trasmissione al sistema di diffusione delle informazioni regolamentate («Sdir»), cui hanno accesso le agenzie di stampa, e al meccanismo di stoccaggio autorizzato dalla Consob, che ne garantisce la memoria storica».

La realtà è molto diversa. A cominciare dal cosiddetto risparmio. I costi medi degli avvisi stampa di convocazione dell’assemblea o relativi alle semestrali, trimestrali e ai patti di sindacato sono 1/10 rispetto a quelli che sono stati resi noti in occasione delle audizioni e su cui la relazione tecnica si è basata. Se si vuol prendere in esame tutto il flusso di informazioni (convocazioni di assemblee, aumenti di capitale sociale ecc.), esso costa poche decine di migliaia di euro all’anno, con una concorrenza tra i vari quotidiani che va a favore del cliente.

Inoltre sui siti aziendali e istituzionali le informazioni sono effettivamente disponibili, ma non è altrettanto vero che trovare in rete ciò che si cerca è facile per chiunque”.

Un esempio concreto:

” L’azionista di Eni, per esempio, come potrebbe sapere che è il momento di andare a leggersi i criteri con cui verrà nominato il consiglio di amministrazione o che la compagnia petrolifera ha deciso di staccare la cedola del dividendo? Con la legislazione pre-decreto legge sarebbe stato allertato dalla presenza di un avviso. Con il decreto dovrebbe ogni giorno cercare sui siti internet delle società in cui ha investito. Con il decreto l’onere dell’informare si è completamente invertito: la fatica la dovrebbe farla il socio, non la società.

Tutte considerazioni che anche al ministero dell’Economia e a quello dello Sviluppo economico (promotori del decreto legge) stanno facendo, per un ripensamento sulla falsa motivazione del primo comma dell’articolo 20: il risparmio è irrisorio e la trasparenza diventa oscurità. Con un paradosso: le società quotate, oltre che sul proprio sito internet, dovranno trasmettere a due agenzie di stampa le stesse informazioni. E per fare che cosa? Perché siano riprese (gratis) dagli stessi quotidiani esclusi dall’obbligo di pubblicazione? È come se il governo ordinasse ai periodici di dare gratis la pubblicità delle scarpe”.

Gestione cookie