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Francia: tlc e governo chiedono a Google di dividere i costi. Il caso Free

di Warsamé Dini Casali |8 Gennaio 2013 12:26

Francia: tlc e governo chiedono a Google di dividere i costi. Il caso Free

PARIGI – Google finirà per dividere almeno una quota dei suoi enormi profitti con i broadcaster telefonici sulle cui reti transitano liberi e gratuiti tutti i contenuti digitali? In Francia, per esempio, prove di questa guerra ora dichiarata ora sotterranea sono giunte con l’intervento del governo che ha ingiunto all’internet provider Free di sbloccare lo scudo anti inserzioni online tutte riferibili in qualche modo al gigante della ricerca sul web di Mountain View. Il ministro dell’economia digitale Fleur Pellerin si propone (ma in tutta Europa l’istanza è la stessa) come mediatore tra due interessi divergenti che rischiano di schiacciare il cittadino utente.

Da una parte il ragionamento dei colossi della telefonia, detentori delle reti sulle quali viaggiano informazioni, contenuti e pubblicità e sulle quali non possono imporre nessun tipo di balzello o ostacolo: senza una condivisione dei profitti non possiamo sostenere gli ingenti investimenti che servono ad ammodernare la rete, espandere il bacino di utenza, rendere più veloce la banda digitale. Anche Bernabè, presidente di Telecom Italia, non ci sta a a farsi relegare al ruolo di “trasportatori di bit”.

Dall’altra Google, praticamente un monopolista, sostiene che qualsiasi tipo di intromissione nel circuito digitale violerebbe la libertà e la neutralità del web. Concetto quest’ultimo estremamente caro anche ai governi occidentali, i quali, però, devono mettere in conto appunto la necessità di favorire gli investimenti in vista di una digitalizzazione universale.

Intanto Free è stata persuasa a rimuovere il blocco anti-advertising. Fra l’altro, l’internet provider francese, è accusato di “sabotare” in certa misura l’accesso a contenuti pesanti (in termini mega-byte) come i video. La questione è nel mirino dell’authority francese che sta investigando e contrappone Free di nuovo a Google (che possiede You Tube, il popolare sito di video). Il sospetto è che esista una discriminazione mirata a rendere difficoltoso all’utente francese l’accesso a You Tube sia dovuta a considerazioni tecniche: specie negli orari di punta, i video intasano la banda larga.

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