ROMA – “Sono stato condannato per omesso controllo, non per diffamazione”. Giorgio Mulè, direttore del settimanale Panorama, scrive al direttore del Corriere della Sera e chiede spiegazioni per il titolo in cui si cita una sua condanna per diffamazione. L’articolo di Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera, spiega Mulè, sbaglia solo nel titolo: nel pezzo infatti si specifica l’omesso controllo. Ma il titolo basta a scatenare la reazione di Mulè, che chiede che i lettori “non siano indotti in valutazioni erronee”.
Mulè scrive nella lettera al Corriere della Sera in merito all’articolo pubblicato sul quotidiano del 10 luglio a pagina 17 dal titolo “Diffamazione/Giorgio Mulè condannato a otto mesi”:
“Il titolo è sbagliato: non sono stato condannato per diffamazione ma per omesso controllo, come correttamente riporta l’articolo. Non è differenza da azzeccagarbugli, come sai, in quanto l’omesso controllo – a differenza della diffamazione – è un reato colposo. Una frase del cronista Luigi Ferrarella sulla mia condanna – la quale, sia detto per inciso, dovrebbe far ribollire di indignazione ogni uomo libero – è foriera di un equivoco che voglio chiarire affinché i tuoi lettori non siano indotti in valutazioni erronee”.
Il giornalista del Corriere, Ferrarella, scrive nel pezzo:
“«Il cronista (di Panorama condannato a 800 euro di multa, ndr), che a differenza del direttore contumace si è invece fatto interrogare e ha portato carte a sostegno della propria tesi, si è visto riconoscere le attenuanti generiche”.
Secondo Mulè questa frase spinge il lettore in errore
“a credere o ipotizzare che ci sia o possa esserci un nesso di causa/effetto tra la mia mancata comparsa in aula e la sentenza di condanna senza concessione delle attenuanti generiche”.
Il direttore di Panorama scrive ancora:
“Come tu sai (a differenza di Ferrarella che non ha mai diretto un giornale ma che frequentando il tribunale di Milano dovrebbe saperlo) è raro, anzi rarissimo che un direttore sia presente in aula nei processi in cui è imputato di omesso controllo. Un direttore va in aula se il giudice, il pubblico ministero o la difesa ritiene necessaria la sua deposizione essendo egli imputato, ripeto e sottolineo, di un reato colposo (l’omesso controllo, appunto) e non avendo alcuna responsabilità diretta nella stesura dell’articolo”.
Mulè sottolinea poi che nessuno ha chiesto la sua presenza in aula:
“E, non avendo assolutamente nulla da poter dire sul merito del processo, ne capisco perfettamente le ragioni. Quelle della condanna, invece, mi appaiono assai oscure. E se le motivazioni del giudice a sostegno di una sentenza che mi priva della libertà personale fossero anche solo in parte quelle ipotizzate da Ferrarella (le motivazioni sono sconosciute in quanto il deposito è previsto tra svariate settimane) sarei ancora più indignato”.
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