MILANO – La Consob ha chiesto e ottenuto dalla procura di Milano i tabulati telefonici di Giovanni Pons e Vittoria Puledda di Repubblica. Pons e Puledda avevano scritto l’11 dicembre 2012 un articolo dal titolo “Consob fa le pulci ai conti Unipol, chieste rettifiche sui titoli strutturati”.
Scrive Walter Galbiati su Repubblica:
“la Consob ha chiesto al capo del pool dei reati finanziari della Procura di Milano, Francesco Greco, l’autorizzazione all’acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico dei due giornalisti. L’autorizzazione è stata concessa dal pm Mauro Clerici, a cui Greco ha trasmesso la richiesta Consob. L’articolo in questione parlava di «un errore di contabilizzazione nel bilancio 2011 di Unipol compreso tra 200 e 300 milioni. È questo ciò che la Consob si sta apprestando a contestare alla compagnia guidata da Carlo Cimbri in seguito a un approfondimento sul portafoglio di titoli strutturati e derivati compiuto su dati forniti dalla nuova società di revisione (Pricewaterhouse) e dalla stessa società»”.
Fa notare Galbiati:
“Nel giorno della pubblicazione dell’articolo, occorre ricordarlo, non è arrivata alcuna smentita da parte della società interessata, cioè Unipol; né la Consob, in seguito ai movimenti al ribasso del titolo (a fine giornata ha perso il 6,7%), ha chiesto – come fa normalmente in questi casi – alcuna precisazione alla società. Il silenzio sulla vicenda è durato una quindicina di giorni, poi un comunicato stampa di Unipol informava che la Consob il 21 dicembre 2012 aveva chiesto informazioni supplementari sulla contabilizzazione nel bilancio 2011 e nella semestrale 2012 di «alcuni investimenti in titoli di debito, definiti “strutturati”, detenuti da Unipol o da società consolidate ». E nella sua delibera Consob riteneva il bilancio 2011 «non conforme ai principi contabili internazionali».
Unipol dal canto suo non condivideva le interpretazioni adottate da Consob, ma si riproponeva di «adeguare – in via prudenziale a partire dal prossimo bilancio consolidato – le proprie modalità di contabilizzazione». Aveva però già proceduto a modificare i contratti di 44 titoli strutturati del valore complessivo di circa 2,5 miliardi, in modo da poter continuare a classificarli nello stesso modo. Si arriva così a primavera e il 17 aprile una nuova lettera Consob obbliga Unipol ad affermare di aver affinato le metodologie di valutazione delle attività finanziarie e che ciò ha comportato, su 48 titoli del valore di 2,8 miliardi, «nell’esercizio 2012 una riduzione di “fair value” di circa 240 milioni ». Ieri, infine, la Consob, ritenendo la notizia dell’articolo di Repubblica «non vera», ha tenuto a specificare che «le indagini che svolge nella lotta agli abusi di mercato sono effettuate sempre nel pieno rispetto della legge».
I tabulati dei due giornalisti finiti in mano alla Consob preoccupano la Federazione nazionale della Stampa:
«è inquietante e motivo di grande preoccupazione per le libertà individuali dell’informazione la notizia che la Consob ha chiesto ed ottenuto dalla procura i tabulati telefonici di un giornalista (ma non si esclude che siano due) con lo scopo di accertare le fonti di servizi di informazione economica».
Ancora più dura la reazione di Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica:
“Nella vicenda Fonsai-Unipol, che vede coinvolti i nostri colleghi Giovanni Pons e Vittoria Puledda, la Vigilanza di Borsa ha valicato un confine pericoloso. E stupisce che i sostituti procuratori di Milano, in questo passaggio così delicato, abbiano dato il loro fattivo contributo.
La Consob avrà anche agito «nel rispetto della legge», cioè del Testo unico della Finanza che effettivamente consente alla Commissione, in presenza di possibili «abusi di mercato», di chiedere alla Procura addirittura l’acquisizione dei tabulati telefonici relativi alle utenze dei giornalisti. Ma un intervento così «invasivo », una specie di Datagate di rito ambrosiano nei confronti di cronisti che hanno fatto correttamente il proprio dovere e si sono limitati a riportare sul giornale notizie rigorosamente verificate e soprattutto mai smentite, ha un vago sapore intimidatorio che non può essere accettato.
In primo luogo per ragioni di diritto: per quanto disciplinata dalle norme del Tuf, l’acquisizione di tabulati telefonici, oltre a una grave violazione della privacy, configura un serio limite a quella «libertà di espressione» che la Convenzione europea prevede all’articolo 10, e che tutela fino al punto di obbligare i giornalisti a proteggere le proprie fonti non svelandone l’identità. In secondo luogo per ragioni di fatto: non si possono ignorare per anni i papelli dei Ligresti e i pasticci del Salotto Buono, e poi fare la «faccia feroce » con i giornalisti. La posta in gioco, anche in questo caso, è altissima”.