Proteste in India (foto Ansa) Proteste in India (foto Ansa)

Fake News, pretesto per bavaglio alle notizie, marcia indietro in India ma…

Proteste in India (foto Ansa)
Fake News, pretesto per bavaglio alle notizie, marcia indietro in India ma…Nella foto: Proteste in India (Ansa)

NEW DELHI – Il governo indiano ha fatto marcia indietro su un progetto che prevedeva una black list di giornalisti accusati di aver scritto o riferito via radio o tv “fake news”, a un giorno di distanza dall’enorme numero di critiche da giornalisti indiani e rappresentanti dell’opposizione.

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Il ministero dell’Informazione e radiotelevisivo dell’India aveva annunciato che i giornalisti, o le agenzie, accusati di creare o diffondere fake news sarebbero stati deferiti al Consiglio della stampa dell’India e a un altro organismo legale per le emittenti radiotelevisive.
L’avviso, che citava “un numero crescente di fake news”, ma non lo definiva, diceva che ai giornalisti sarebbe stato sospeso l’accredito ufficiale non appena fosse stato registrato un reclamo, ancor prima che fosse giudicato fondato.

In India, i giornalisti possono riferire in tv o radio e pubblicare senza accredito ufficiale, ma il tesserino di solito è necessario per l’accesso a edifici governativi, eventi e conferenze stampa.
L’accredito di un giornalista o di un’agenzia che confermi di aver prodotto notizie false, la prima volta sarebbe stato sospeso per sei mesi, la seconda per un anno e in modo permanente se fossero stati nuovamente giudicati colpevoli dal consiglio della stampa, un organismo che include diversi membri del partito di governo Bharatiya Janata (BJP).

Ma con un’inversione di marcia, l’ufficio del primo ministro, Narendra Modi, ha ritirato l’avviso, sostenendo che la risposta al problema delle fake news dovrebbe essere affrontata unicamente dal consiglio della stampa.
L’annuncio era stato ampiamente criticato da giornalisti indiani e personalità dell’opposizione.

Le fake news sono generalmente considerate tali quando si riferiscono a report mirati a influenzare e manipolare l’opinione pubblica. Il termine fu utilizzato inizialmente dai detrattori di Donald Trump per descrivere la disinformazione a suo favore durante le elezioni presidenziali americane del 2016.

Ma Trump e i suoi sostenitori hanno adottato la frase per attaccare chi criticava il presidente. E, allo stesso modo, è stata utilizzata in India, sia dal BJP che dagli oppositori nel partito del Congresso che si accusano a vicenda e da alcuni media che diffondono fake news.

Le fake news, in India sono diventate un serio problema poiché la diffusione degli smartphone è aumentata ma in un contesto di scarsa alfabetizzazione e di tensione tra diverse caste e gruppi religiosi. La polizia arresta regolarmente le persone accusate di aver inventato fake news che potrebbero innescare violenza, molte diffuse su WhatsApp che nel Paese ha più di 200 milioni di utenti attivi.
La polizia dello stato del Karnataka ha arrestato il fondatore di Postcard News, un sito web che pubblica regolarmente fake news relative a crimini commessi da musulmani indiani. Un recente post mostrava un monaco Jain ferito, che secondo il sito era stato “attaccato da un giovane musulmano”. In realtà, il monaco era rimasto coinvolto in un incidente stradale.
I website di verifica dei fatti, come Alt News, negli ultimi due anni sono diventati popolari proprio perché smascherano fake news sui social e mainstream.
La Malesia ha approvato una legge contro le fake news che prevede una condanna fino a sei anni di carcere, in cui vengono definite come “notizie, informazioni, dati e report che sono del tutto o in parte false”.
Gli oppositori temono che la sanzione sarà utilizzata per minare ulteriormente la libertà dei media malesi e mettere a tacere i detrattori del primo ministro, Najib Razak, coinvolto in uno scandalo di corruzione in cui i suoi collaboratori sono stati accusati di aver rubato almeno 4,5 miliardi di dollari.

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