Legge bavaglio, Gasparri: “Niente carcere per diffamazione. Tetto multe 50mila”

Foto Lapresse

ROMA – La diffamazione non potrà essere punita con il carcere, ma chi pubblica articoli ritenuti diffamatori è punibile con una sanzione fino a 50 mila euro. Le modifiche della proposta di legge Gasparri-Chiti sulla diffamazione a mezzo stampa possono ancora far parlare di “legge bavaglio“.

E’ sì vero che questo reato non potrà più essere punito con la detenzione in carcere, ma è anche vero che l’entità di queste multe potrebbe essere un sufficiente deterrente per cui gli editori (soprattutto quelli di testate medio-piccole) si “autocensurino” per non incorrere nella sanzione (una cifra che aggraverebbe ulteriormente bilanci già di per sé in rosso).

Le novità della proposta di legge sono state presentate da Maurizio Gasparri (capogruppo dei senatori del Pdl) al Circolo della Stampa di Milano. Gasparri ha spiegato che la sanzione massima sarà di 50 mila euro per chi compie diffamazione a mezzo stampa. Al di sotto di questo tetto sarà il magistrato giudicante a stabilire la somma da pagare a seconda della gravità della diffamazione.

“Il Pdl – dice Gasparri – vuole evitare che ci sia la prospettiva del carcere nei casi di diffamazione. La normativa andava adeguata già da molto tempo, ma l’Italia spesso accelera solo sull’onda dell’urgenza – e aggiunge – al contempo bisogna evitare che per la diffamazione si passi dalla sanzione carceraria eccessiva all’assenza di sanzioni.”

Se le modifiche fossero approvate, si potrebbe parlare di legge “salva Sallusti“, senza però considerare molti casi di altri editori.

Sul tema della rettifica a mezzo stampa, Gasparri dice che “bisogna rendere effettiva la rettifica, oggigiorno relegata nella rubrica delle lettere dei giornali in penultima pagina dove nessuno la vede – e conclude – vogliamo rafforzare il meccanismo della rettifica che ha poi delle conseguenze rilevanti nella valutazione giudiziaria della diffamazione”.

La regola dovrebbe essere estesa anche ai quotidiano online dove, sottolinea Gasparri, gli articoli restano visibili più a lungo, praticamente “per sempre”.

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