Mondadori su Rcs Libri. Conviene? Soldi o azioni? I debiti, l’appello dei 47

Mondadori su Rcs libri. Conviene? Soldi o azioni? I debiti, l'appello dei 47
Mondadori su Rcs libri. Conviene? Soldi o azioni? I debiti, l’appello dei 47

ROMA – Mondadori su Rcs Libri. Conviene? Soldi o azioni? I debiti, l’appello dei 47. Ferruccio De Bortoli ha preferito non sbilanciarsi, giusto una battuta, “non vorrei trovarmi nei panni del consiglio di amministrazione”: di sicuro c’è che sulla offerta non vincolante che Mondadori ha presentato a Rizzoli per l’acquisto della divisione libri (Adelphi, Archinto, Bompiani, Fabbri, Rizzoli, Bur, Lizard, Marsilio e Sonzogno), questo cda dovrà rispondere già la prossima settimana ma, dal momento che è in scadenza, il suo parere eventualmente positivo dovrà essere confermato dal prossimo,  da nominare all’assemblea del 23 aprile.

Quindi dovrà esprimersi l’Antitrust. Non per rispondere all’accorato appello di 47 scrittori promosso da Umberto Eco sul Corriere della Sera (“Questo matrimonio non s’ha da fare”, leggi qui testo e sottoscrizioni)) contro il potenziale mostro editoriale monopolista (Berlusconi) che da solo occuperebbe il 40% del mercato dei libri, quanto per l’obbligo di notificare per legge tutte le operazioni sopra i 50 milioni di euro.

Giorni fa la Mondadori ha confermato l’interesse per Rcs Libri, ma non ha formulato un’offerta vincolante. Se lo farà, dovrebbe aggirarsi tra 120 e 150 milioni, al disotto dei 180 milioni cui la posta è scritta nel bilancio Rcs 2013. Anche la discrepanza di cifre induce il management guidato dall’ad Pietro Scott Jovane a non forzare la mano ai consiglieri. Tra loro, non c’è ancora concordia sull’eventualità di cedere i Libri alla rivale controllata dalla Fininvest dei Berlusconi, che con l’integrazione creerebbe un leader nazionale con il 40% delle quote di mercato (Antitrust permettendo). (Andrea Greco, La Repubblica)

Soldi o azioni? All’appello dei 47 scrittori risponde indirettamente un socio importante di Rcs, risposta forse terra terra rispetto al lustro intellettuale esibito, ma che aiuta a chiarire il contesto finanziario in gioco che racconta di debiti, sofferenze in atto e sacrifici inevitabili.

Dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, socio (al 4,2%) e creditore di peso del gruppo editoriale, è arrivato intanto un segnale esplicito: “Avendo crediti molto più importanti rispetto alla piccola partecipazione che deteniamo – ha detto – siamo interessati a che i crediti vengano salvaguardati”. “Preferisco che mi vengano rimborsati i crediti piuttosto che convertiti in azioni”, ha poi aggiunto, interpellato sull’alternativa. Messina sembrerebbe insomma favorire scelte da Rcs che ne garantiscano cassa e solvibilità, rispetto ad altre iniziative per il debito che comportino un aumento di capitale. (Ansa)

“Rcs continua bruciare cassa”. Il problema è ripristinare l’equilibrio patrimoniale: non è bastata la ricapitalizzazione da 421 milioni di euro del 2013, a novembre scorso Rcs esultava per il dimezzamento delle perdite che in 9 mesi erano giunte però a 93 milioni. Con  l’area Media Italia (quotidiani e periodici) che continuava ad arrancare con un -6,3% di ricavi nei 9 mesi (leggi qui dati e analisi sul crollo delle vendite dei giornali negli ultimi 10 anni).

Paolo Rotelli, vicepresidente del gruppo San Donato e con i fratelli erede del 2,8% della società, è ancora più esplicito: “Seguiremo chi ci presenta un piano industriale convincente, perché altrimenti in queste condizioni in pochi anni il gruppo rischia di fallire – ha dichiarato in un’intervista alla Stampa – Del resto la ricapitalizzazione di Borsa attuale non è di tanto superiore all’ultimo aumento di capitale da 421 milioni. Questo significa che Rcs sta continuando a bruciare cassa”.

I 47 scrittori. Appello per la libertà di espressione o ossessione anti-Berlusconi? La risonanza dei nomi impegnati nell’appello anti-fusione (Eco, La Capria, Veronesi Sandro, Tamaro, Maraini, Giordano…),  l’altezza delle questioni ideali poste messe in gioco (libertà d’espressione, scomparsa delle piccole case editrici, ridicolizzazione dei premi letterari) suggerisce per contrasto di andare a sentire la campana opposta (visto che l’ombra di Berlusconi, non nominato, incombe). Su Libero Quotidiano, a parte l’ovvia risata sulle sorti di un Premio Strega finora custode del merito e dell’eccellenza letteraria e impermeabile alle pressioni delle case editrici più forti, Miska Ruggeri segnala qualche contraddizione degli appellanti.

[…] E sorge comunque il dubbio che, senza il Cavaliere di mezzo, con la Mondadori in mano a un Del Vecchio o a un Benetton, oppure con una Feltrinelli o un gruppo GeMS interessati all’acquisto, tutto questo polverone non si sarebbe alzato. Epperò, la vera stonatura nell’appello in questione – perché, diciamolo, ogni persona di buon senso preferisce vedere in testa alle classifiche dei bestseller le Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (Adelphi) piuttosto che le Cinquanta sfumature di grigio della James (Mondadori) – è data dai nomi di alcuni firmatari.

Personaggi che finora, nel senso proprio di quest’anno (2015), hanno pubblicato in lungo e in largo per Mondadori ed Einaudi (pecunia non olet, anche se qualcuno di loro avrà il coraggio di dire che è stato lui a far ricco Berlusconi, mica il contrario…), talvolta sono stati anche lanciati proprio da questi marchi, e all’improvviso si rendono conto che non fa più radical-chic. Gli esempi sono numerosi: ben 18 su 48 […] (Miska Ruggeri, Libero Quotidiano)

 

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