Rcs “cinema a luci rosse: Intesa e Mediobanca controllo quasi gratis”: Penati

diego della valle
Diego Della Valle

Mentre Giampiero Pesenti ha lasciato dopo nove anni la presidenza del patto di sindacato di Rcs Mediagroup, editore del Corriere della Sera, Alessandro Penati rigoroso e severo commentatore economico-finanziario di Repubblica, ha scritto un duro commento sulla prima casa editrice italiana, intitolato

“Rcs e  ì banchieri. Labirinto italiano”.

E mentre fonti vicine all’imprenditore Pesenti, spiegano che

“dopo le recenti uscite dai consigli di Mittel, Pirelli e Allianz Italia, Pesenti, ha deciso il passo indietro in Rcs «con la consapevolezza di aver sempre lavorato a favore della società nel trovare una soluzione di sintesi fra le varie componenti azionarie di maggioranza”,

Alessandro Penati sentenzia:

“Meglio che Della Valle, Rotelli, Benetton non si lamentino di aver bruciato milioni per uno strapuntino al tavolo del potere: non si grida allo scandalo, uscendo da un cinema a luci rosse; basta non entrarci”.

E ci spiega:

“Rcs è il caso esemplare dei problemi che le strutture proprietarie bizantine e i conflitti di interesse delle banche creano alle aziende quando devono ristrutturare per sopravvivere alla crisi”.

Non si deve dimenticare

“una gestione industriale poco attenta ai costi, il declino del settore provocato da Internet, e acquisti dissennati finanziati col debito, hanno portato Rcs al dissesto”.

Il piano triennale per il rilancio, sostiene Alessandro Penati, è semplice:

“crescita zero del fatturato, con i ricavi digitali che compensano il declino di quelli tradizionali; e taglio dei costi per riportare il margine operativo a un livello accettabile. Venduto il facilmente vendibile (Dada e Flammarion), in futuro sono previste generiche dismissioni per 250 milioni, in gran parte destinati al rimborso del debito, come richiesto dall’accordo con le banche. Fine del piano”.

Nota Alessandro Penati:

“Non si parla di cessione delle disastrate attività spagnole; né si ipotizza la strada delle fusioni, tipica dei settori con eccesso di capacità produttiva. O meglio, non se ne parla esplicitamente perché qui si tocca il primo conflitto di interessi: Fiat ha il 100% deLa Stampa e sarebbe naturale se tentasse di usare la partecipazione al controllo di Rcs per studiare una possibile concentrazione dei propri investimenti nei media”.

“Conflitti e problemi maggiori nascono però dalla ristrutturazione finanziaria. La situazione è di chiaro dissesto. Il debito attuale (circa 850 milioni) è insostenibile anche a piano di rilancio industriale realizzato: equivale a 5,5 volte il margine operativo previsto per il 2015, un livello che nessun finanziatore accetterebbe mai”.

“Il titolo Rcs non ha flottante e difficilmente il mercato può assorbire i 182 milioni non sottoscritti dal patto: necessario un consorzio di garanzia, inevitabilmente guidato da Intesa e Mediobanca (e remunerato profumatamente); in questo modo concedendo loro, di fatto, il potere di decidere il prezzo delle nuove azioni.

“Per esempio, ipotizzando un collocamento a sconto del 25% sul prezzo teorico post aumento, e l’intervento di Intesa e Mediobanca per la loro intera quota nel consorzio, le due banche insieme supererebbero il 30%. Con Fiat arriverebbero quasi alla maggioranza, con gran parte del premio di controllo da incassare, avendo dimezzato la loro esposizione debitoria, e senza contabilizzare un euro di sofferenze”.

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