Qual è il minimo di strumenti necessari per fare una grande canzone? Be’, una risposta la possiamo trovare in questa selezione di canzoni a cappella, ovvero esclusivamente per voce. Una canzone eseguita con la sola voce può essere estremamente sperimentale, oppure può raggiungere una potenza emotiva che un arrangiamento complesso attenuerebbe. Da un punto di vista compositivo, si può affermare che la melodia, l’aspetto musicale intrinsecamente legato alla voce, contiene già in sé gli altri elementi: ritmo e armonia. Tanto più quando la voce non è una, ma tante, a costruire appunto l’impalcatura armonica di un brano.
Dal punto di vista esecutivo, invece, è fuori di dubbio che per far funzionare un brano a cappella, sia per voce sola che per un insieme di voci, ci vogliono interpreti eccezionali. Eppure sono moltissimi gli esempi di artisti che si sono cimentati con questa sfida. E allora, per restringere il campo, ho deciso di escludere dall’elenco tutte le cover, ovvero le interpretazioni esclusivamente vocali di brani che non sono nati per essere eseguiti a cappella. Anche i repertori corali (vengono in mente soprattutto i cori gospel) non troveranno spazio in questo articolo, perché sarebbe impossibile contenere le dimensioni dell’elenco che ne scaturirebbe.
Tra gli esempi che non sono inclusi in questa selezione, ce ne sono però alcuni che meritano almeno una menzione in apertura. I Beach Boys, ad esempio, nel loro album del 1965 Summerdays, hanno inciso un brano esclusivamente vocale, And Your Dream Comes True: piuttosto breve, ma intenso, come si suol dire… Joni Mitchell si è cimentata con una canzone eseguita con una sola voce nell’album Clouds del 1969: The Fiddle and the Drum è sicuramente un brano che consiglio ai più curiosi. Anche Tory Amos ha inciso una canzone per sola voce: si tratta di Me and a Gun, inclusa nell’album Little Earthquakes del 1992. C’è poi il caso di Robert Wyatt, che nell’album Nothing Can Stop Us del 1982 incise una sua versione di Stalin Wasn’t Stallin’, un brano composto nel 1943 dal gruppo gospel americano Golden Gate Quartet: in entrambi i casi non ci sono strumenti a parte le voci.
Non si può poi dimenticare Demetrio Stratos, grande cantante degli Area, che nelle sue produzioni soliste ha dimostrato le immense capacità vocali che aveva sviluppato, portando il concetto di vocalità in territori inimmaginabili. L’album più famoso è probabilmente Cantare la voce del 1978: vi avviso però, non è sempre un ascolto facile! Per finire, ci tengo a segnalare che la famosa Caravan of Love, incisa con le sole voci dagli Housemartins nell’album Now That’s What I Call Quite Good del 1986, è in realtà una cover del gruppo Isley Jasper Isley, che l’anno prima aveva registrato il brano con accompagnamento strumentale. E ora veniamo ai brani scelti per questo articolo.
Bobby McFerrin, Don’t Worry Be Happy
Se parliamo di canzoni eseguite esclusivamente con la voce, di certo non può mancare Bobby McFerrin, uno dei più geniali vocalist del panorama mondiale. Don’t Worry Be Happy, incluso nell’album Simple Pleasures del 1988, è probabilmente il suo brano più famoso. Qui le voci a volte imitano strumenti, altre volte intonano melodie che si intrecciano con la voce principale, che ha invece un carattere quasi parlato. Il risultato è un brano estremamente gioioso e divertente!
Janis Joplin, Mercedes Benz
Altra voce indiscutibilmente eccezionale, che in questa esecuzione dimostra sia le sue incredibili capacità timbriche che la capacità di emozionare, anche senza l’ausilio di un arrangiamento strumentale ad accompagnarla. Nel 1971, pochi giorni prima di morire, Janis Joplin entra in studio e registra questa chicca, che verrà inserita nell’album Pearl.
Jay-Ray & Gee, Day-O (Banana Boat Song)
Questa canzone venne portata al successo nel 1956 da Herry Belafonte, divenendo talmente famosa che sono convinto che la conoscete tutti. La versione di Belafonte venne anche utilizzata in una divertente scena del film Beetlejuice. Ma originariamente questo era un canto tradizionale giamaicano, cantato dai lavoratori portuali che caricavano nottetempo le navi di casse di banane. È ragionevole immaginare che fosse eseguito solo vocalmente. La versione che vi propongo nel video recupera in qualche modo lo stile originario a cappella, anche se ad essere onesti c’è anche un tamburello… Questi tre vocalist di New Orleans sono attivi nel French Quarter fin dal 1994. Nel 1996 hanno inciso Day-O come traccia di apertura dell’album New Orleans Vol. 1.
Suzanne Vega, Tom’s Diner
Poetessa e cantautrice di New York, Suzanne Vega raggiunse il successo con il suo secondo album, Solitude Standing del 1987. Proprio da quell’album è tratta Tom’s Diner, scritta in realtà già nel 1981, che fu anche scelta come secondo singolo con cui promuovere l’uscita discografica. Una scelta ardita, dal momento che in questo brano c’è solo la voce nuda di Suzanne Vega, senza alcun accompagnamento. Eppure è proprio questa scelta a rendere il brano così emotivamente potente, grazie anche alla capacità dell’artista di trasmettere una sincerità fuori dal comune. Pochi anni dopo questa canzone era una hit mondiale, spesso campionata e riutilizzata da artisti di ogni genere musicale. Il video ci propone un’esecuzione dal vivo di Tom’s Diner in un concerto del 1986, prima che fosse inserita in Solitude Standing.
Sinead O’ Connor, I Do Not Want What I Haven’t Got
I Do Not Want What I Haven’t Got è la traccia conclusiva dell’omonimo album del 1990, il secondo di Sinead O’ Connor. Anche lei è stata una cantante con un’incredibile capacità interpretativa, e in questo brano in cui compare solo la sua voce possiamo apprezzarne appieno la strabiliante potenza emotiva.
Todd Rundgren, Johnee Jingo
Chi conosce Todd Rundgren sa quanto questo poliedrico artista ami sperimentare e sorprendere. E tra le sue tante sperimentazioni, nel 1985 pubblicò un album dal titolo che è tutto un programma: A Cappella. Al suo interno troviamo quasi esclusivamente brani eseguiti con sole voci. Melodie che si intrecciano, voci che imitano strumenti, a volte anche che creano ritmi… Tra le tante possibilità offerte da questo album, ho scelto Johnee Jingo, che mi pare rappresentativa del lavoro di Todd Rundgren. Il video è tratto da un live del 1991. La qualità video non è delle migliori, ma credo che l’esperienza di assistere alla performance vocale dell’ensemble sia una compensazione più che adeguata.
Paul Simon, Homeless
Nel 1985, prima dell’avvento della world music, Paul Simon andò in Africa, precisamente in Sud Africa, a cercare musicisti con cui collaborare e da far emergere nel panorama internazionale. Incontrò così i Ladysmith Black Mambazo, un gruppo vocale specializzato in musica tradizionale africana. Dalla loro collaborazione nacque l’anno dopo l’album Graceland, che presenta forti influenze di musica africana. L’ottava traccia dell’album è Homeless, eseguita solo con le voci. Il video che vi propongo è di una famosissima esibizione live di Paul Simon con i Ladysmith Black Mambazo a Hyde Park, a Londra, nel 2012.
Bjork, Triumph of a Heart
Cosa c’è di più sperimentale e ardito per un’artista che ha fatto dell’elettronica il suo marchio di fabbrica, che incidere una canzone con il solo utilizzo di voci? E a dire la verità un intero album, fatto quasi esclusivamente di voci: Medulla del 2004. Qui Bjork si avvale della collaborazione del beatbox di Rahzel per ricreare un’ambientazione sonora perfettamente in linea con le sonorità elettroniche che la caratterizzano, ma è tutto fatto solo con le voci. Triumph of a Heart è la traccia conclusiva dell’album, accompagnata da un video sufficientemente delirante da essere divertente…
Chumbawamba, Hanging on the Old Barbed Wire
Ebbene sì, anche i Chumbawamba si sono cimentati con brani a cappella. Anzi, l’intero album del 1988 English Rebel Songs: 1381-1984 è una raccolta di canti di ribellione eseguiti con le sole voci. Hanging on the Old Barbed Wired è una canzone che risale alla Prima guerra mondiale, che i Chumbawamba hanno inserito anche nell’album live Get On With It del 2006. È eseguita a più voci, in stile corale.
Tracy Chapman, Behind the Wall
Behind the Wall, inclusa nell’album Tracy Chapman del 1988, è una canzone eseguita da una voce sola. Questo è un altro di quei casi in cui l’assenza di un accompagnamento strumentale non fa che potenziare l’impatto emotivo del brano. Ancora di più, a mio avviso, nell’esecuzione dal vivo del video, tratto da un concerto proprio del 1988.
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