Cesare Cremonini: “Dopo la morte di mio padre…”

Cesare Cremonini, Ansa
Cesare Cremonini (foto Ansa)

ROMA – Intervistato da Vanity Fair, Cesare Cremonini, che a marzo compirà quarant’anni, parla della morte del padre:

“Sto per compiere quarant’anni e sarei un bugiardo se dicessi che non è una cosa su cui sto riflettendo. Circa un mese fa ho perso mio padre, e mentre mi occupavo di quelle disgustose faccende che si impossessano del quadro quando se ne va una persona che ami, mi sono distratto totalmente dal mio percorso. A un tratto mi sono voltato indietro per ricercare la riva, la riva che mi aveva sempre fornito le coordinate per orientarmi e non sono più riuscito a metterla a fuoco. Non c’era più. E con lei i ricordi. Annebbiati, confusi, indefiniti. In quel momento ho capito che ero in mare aperto. Forse avere quarant’anni ha proprio questo di bello: per la prima volta non ho un punto di riferimento e credo sia un bene. So che nessuna burrasca mi può uccidere e che la rotta è tutta da inventare”.

L’ultima volta che ha avuto paura? “Quando è morto mio padre la parola paura ha assunto un significato molto più chiaro rispetto a prima. Dopo tanti anni di autosufficienza emotiva mi sono trovato improvvisamente nella condizione di non avere la più pallida idea di come si affrontasse qualcosa di totalmente nuovo: il lutto. È stata la prima volta negli ultimi venti anni in cui ho avuto davvero paura di qualcosa”.

Dal padre, dice, viene l’amore per le donne:

“Stamattina sono andato a comprare due libri e mentre tornavo indietro, ho ini e i miei. La mia ragazza non se ne avrà sicuramente a male, ma io credo che idealmente dovremmo provarci con qualcuno tutti i giorni. Provarci in senso lato, ovviamente, senza pensare allo sguardo come un atto finalizzato a un secondo fine, piuttosto a un ballo, a un gesto galante, gentile, alla maniera di mio padre. È un gioco innocente, ma riconoscere alle donne non solo la loro bellezza, ma anche la loro intelligenza e le loro virtù, soltanto con un sorriso non può essere un male. Siamo entrati in un secolo che a livello globale, sociale e politico è e sarà loro”.

Capitolo Bologna e Mihajlovic.

“Poi arriva Sinisa. Con la sua silenziosa dignità. Con il suo esempio. Un uomo vero. Una grande persona. Ci ha dato più lui in queste settimane che tutto il Bologna in dieci anni. Dentro lo sport pulsa un microcosmo straordinario. Che è fatto di sacrificio, di semina e di raccolto. C’è più poesia in certi gesti sportivi di Valentino, Roberto Baggio, Federica Pellegrini, Matteo Berrettini, che in tanti testi di canzoni di oggi che vengono definiti poetici”.

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