Cor Veleno, lo Spirito di Primo suona ancora. L’intervista a “Grandi Numeri”

"Cor Veleno", l'intervista a "Grandi Numeri"
“Cor Veleno”, l’intervista a “Grandi Numeri”

ROMA – Il 26 ottobre del 2018, a quasi tre anni dalla morte di “Primo Brown” (David Belardi), è uscito il nuovo album dei “Cor Veleno”: “Lo Spirito che Suona”. Riassumere in poche righe la storia dei “Cor Veleno” – Francesco Saverio Caligiuri “Dj Squarta”, “Primo Brown” e Giorgio Cinini “Grandi Numeri” – sarebbe impossibile. Sarebbe impossibile descrivere, in poche righe, i primi live di “Primo” e “Grandi Numeri”.

Sarebbe difficile, con poche parole, parlare della scena rap romana dagli anni ’90 ad oggi, parlare dell’incontro tra “Primo”, “Grandi Numeri” e “Dj Squarta” e raccontare i primi e gli ultimi dischi dei “Cor Veleno”. Come sarebbe impossibile, in poche righe, parlare della morte di “Primo”. In fondo, per leggere in poche righe la storia dei “Cor Veleno” c’è… “Wikipedia”. Ma forse, per raccontare la loro storia, la cosa migliore è affidarsi direttamente alle parole di “Grandi Numeri”.

Come vi siete conosciuti tu e “Primo”? “Condividevamo la stessa passione per il rap. A Roma, quando eravamo ragazzi, eravamo in pochi con questa passione. Praticamente non c’era… nessuno. Noi due cercavamo di informarci, di approfondire questo mondo. E col tempo io e ‘Primo’ siamo diventati complementari”.

E’ il 1993. Tu e “Primo” vi presentate a un live, “Zulu Party”, con una cassettina in mano. All’inizio non eravate neanche in scaletta. Poi vi fanno salire e alla fine vi esibite con il nome “Due facce da culo…”. E’ veramente andata così?

“Sì è verissimo – ride – E per questo non smetterò mai di ringraziare un grande Luca De Gennaro. E’ stato lui a battezzarci. Eravamo degli incoscienti. Noi pensavamo a scrivere i nostri testi. Ma a un nome non ci avevamo proprio pensato. Eravamo solo dei ‘pischelli’ che volevano far parte di quel mondo. E De Gennaro è stato davvero figo a darci questa chance”.

Cosa ricordi di quella serata? “Quella serata è stata una serata che potrei definire… predestinata. Tra il pubblico poi c’erano anche quelli che sarebbero diventati i ‘Colle der Fomento’. Anche loro, ancora oggi, si ricordano della nostra esibizione”.

“Polvere” è la canzone dei “Colle der Fomento” (Simone Eleuteri “Danno” e Massimiliano Piluzzi “Masito”) dedicata a “Primo”.

“Prima dell’odio e della scienza/ prima del fomento e del veleno/ in quattro in quella stanza a dividerci le rime”.

Quando vi siete conosciuti con “Danno” e “Masito”? “A Roma erano pochi i luoghi di ritrovo per chi amava l”Hip Hop’. Quindi incontrarsi è stato facile. D’altronde avevamo la stessa età, la stessa filosofia e lo stesso spirito. Stesso spirito che poi non è mai cambiato negli anni”.
 
Come avete scelto il nome? Più che un nome, “Cor Veleno”, è un manifesto d’intenzioni: “Esatto. Ci è sembrato il nome migliore per rispecchiare la nostra attitudine”.
 
Con “Dj Squarta” invece come siete entrati in contatto? “Io, ‘Primo’ e ‘Dj Squarta’ ci conoscevamo già da tempo. Poi abbiamo iniziato a collaborare grazie a ‘Ibbanez’ che voleva mettere su una produzione per far conoscere qualche gruppo che magari non aveva ancora avuto le giuste attenzioni. Ci proposero di fare questo disco e noi accettammo. Da lì in poi siamo sempre rimasti uniti “.
 
“Dopo il primo Ep, ‘Sotto Assedio’ – racconta – il primo album è stato ‘Rock’n’Roll’. Un disco di rottura già dal titolo. Poi con ‘Heavy Metal’ abbiamo fatto capire le nostre reali intenzioni. Da lì è stato un flusso continuo di canzoni e di concerti in tutta Italia”.
 
Il 25 marzo del 2016 è il giorno del concerto in ricordo di “Primo” all'”Atlantico” di Roma. Il locale è strapieno. Sul palco, tra gli altri, salgono “Amir”, “Canesecco”, “Coez”, “Ensi”, “Gemitaiz”, “Hyst”, “Johnny Marsiglia”, “Mezzosangue”, “Nitro”, “Piotta”, “Rancore”, “Rak”, “Salmo”, “Stokka & Madbuddy” e “Tormento”. Che ricordi hai di quella serata?
 
“Ricordo che la serata andò sold out in pochissime ore. Quella serata ci diede la conferma che c’era ancora spazio per far ascoltare la voce di ‘Primo’”.
 
Il 31 dicembre 2016 “Piotta” (Tommaso Zanello) fa uscire il brano “Di Noi”.
 
“Se chiudo gli occhi vedo bene, vedo cinque ragazzini/ Trastevere e graffiti, più vicini che una foto è per sempre”.
 
 
“Con Tommaso ci conosciamo da tanti anni – racconta “Grandi Numeri” – E’ un fratello. Veniamo dalla stessa scena. Chi investiva in quegli anni ti chiedeva di fare della musica ‘stupida’. Tommaso e ‘Dj Squarta’ hanno invece scelto di investire su di noi”.
 
Il 10 novembre del 2017 “Jovanotti” pubblica il video di “Oh, Vita!”. Nel videoclip ci sono due riferimenti a “Primo”.
 
Nel video di “Oh, Vita!” “Jovanotti” indossa una t-shirt con la scritta “Primo”. Qualche scena dopo poi viene mostrato un video su un telefonino. E nello schermo c’è proprio un video di “Primo”.
 
“Jovanotti – racconta – agli albori della sua carriera è stato quello che ha portato avanti la bandiera dell”Hip Hop’. E col tempo si è creato questo rapporto. Noi sentivamo sempre le sue trasmissioni. Lui, d’altronde, era l’unico che passava rap su una fascia diurna su una radio importante come ‘Radio Deejay’. E non passava solo rap internazionale. Passava anche gli italiani. Ricordo che fu lui il primo a passare il disco di ‘Frankie hi-nrg'”.
 
“Quando uscì ‘Heavy metal’ – spiega – lui ci chiamò per aprire i suoi concerti. E’ stata una esperienza fantastica. Non capita tutti i giorni vedere qualcuno del suo spessore dare spazio a un gruppo come il nostro. Un gruppo che magari veniva considerato estremo. Ma a lui non è fregato un cazzo. Ha semplicemente portato sul palco con lui la musica che riteneva valida”.
 
Magari spesso con “Jovanotti” si hanno troppi pregiudizi. “Pregiudizi ce li ha solo chi non vuole sentire la musica italiana. Negli ultimi 20 anni è stato lui a rinnovare il panorama della scena pop. Se devo pensare a un nome penso proprio a lui. E’ il primo nome che mi viene in mente. Lui, per esempio, è stato l’unico a confrontarsi con gli show che venivano fatti all’estero. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare”.
 
E’ vero che “Primo” andava sotto casa di “Jovanotti”, quando già era famoso, per cercare di parlare con lui e farsi firmare autografi? “Assolutamente sì. Ci andavo anche io. ‘Jovanotti’ ha portato il rap nelle case degli italiani. Un ragazzo che voleva fare musica parlata nel paese del bel canto. Nel paese, senza nulla togliere a loro, di Al Bano e Eros Ramazzotti. Solo vent’anni fa, in Italia, a livello discografico la visione era ancora molto conservatrice”.
 
“Salmo” in “Stai Zitto” (con “Fabri Fibra”) cita “Primo” (“Sai chi veglia sopra le mie barre? Primo Brown”). In una intervista a “Internazionale”, Salmo ha detto “Ora il rap si è mescolato alla musica leggera, non ti rimangono in testa le rime e i concetti. Quando ero ragazzino e ascoltavo Primo Brown, mi si piantavano nella testa le immagini che evocava nei suoi pezzi”.
 
 
Che effetto vi ha fatto questa citazione? Siete diventati un punto di riferimento anche per la nuova generazione? “Salmo è il rap di oggi. Quando andavamo a suonare in Sardegna, ‘Salmo’ veniva sempre a vederci dal vivo con i dischi in mano. Con lui siamo in contatto da anni. Così come con ‘Coez’ e ‘Gemitaiz’. La citazione di ‘Salmo’ mi ha riempito di orgoglio. Ma non solo a me. Anche a Mauro, il papà di ‘Primo’ e anche a ‘Squarta’. Non sono cose scontate. Sono gesti d’affetto per niente scontati”.
 
Quando avete iniziato a lavorare a “Lo Spirito che Suona”? “Io – racconta – sapevo dell’affetto che la gente continuava ad avere per noi, per la nostra storia e per il nostro background. Viaggiando, anche all’estero, quando incontravo qualche italiano a Londra, Parigi o Berlino, tutti mi facevano la stessa domanda: quando esce il disco nuovo?”
 
“Noi stavamo lavorando su un album – spiega – Poi, naturalmente, abbiamo dovuto interrompere tutto. Abbiamo deciso di fermarci. Di stare in stand by. Poi dopo la notte all”Atlantico’ abbiamo capito che potevamo raccontarcela quanto ci pare, ma dovevamo uscire con un album. Così un anno e mezzo fa abbiamo iniziato a lavorare in studio. E sono nate le prime canzoni. Noi non abbiamo voluto fare un album di ricordi. Non volevamo fare un album tributo con citazioni sparse. Noi volevamo, e credo che ci siamo riusciti, fare un nuovo disco dei ‘Cor Veleno'”.
 
“Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito che suona!” è l’ultimo verso di “In nome del padre”. Quali sono i piani di lettura del titolo dell’album? “I piani di lettura sono molteplici. ‘Lo Spirito che Suona’ è la voce di ‘Primo’ che non muore ma sopravvive con la musica. E’ lo spirito che unisce la musica al di là dei paletti e degli algoritmi. Perché lo Spirito è unico e essenziale e non conosce definizioni mortali. Lo Spirito fa come cazzo vuole. Così come la musica”.
 
Nel disco c’è una foto di “Primo” con la citazione di “Rap the Casbah”: “Mi fa mettere l’elmetto in questa saga/E mi fa dire che è perfetto, cazzo, pure se non paga”.
 
Il verso riassume bene le vostre intenzioni? “Beh, sì – risponde subito – E’ proprio l’essenza. Noi non abbiamo mai seppellito l’ascia del microfono. Non c’è nessuna guerra ma c’è la voglia di portare sempre avanti quello che facciamo. Un rap, credo, attualissimo e che ha ancora tanto da dire”.
 
“Non costa niente” e “Servono pietre”. Due pezzi nati con la collaborazione di Adriano Viterbini dei “Bud Spencer Blues Explosion”.
 
“Un amico. Noi negli arrangiamenti abbiamo sempre pescato dal blues. Adriano lo conoscevamo già da tempo. E’ stato sempre un fan dei ‘Cor Veleno’. Con lui, così come con Giuliano Sangiorgi, c’è stata una forte voglia di scrivere canzoni insieme”.
 
Hai citato Giuliano Sangiorgi dei “Negramaro”. Nell’album lui è presente in “Niente in cambio” e “Lo Spirito che suona”. E’ vero che dopo aver registrato il primo brano vi ha detto: “Beh, non mi fate ascoltare nient’altro?”
 
“Sì. Lui è così. Quando si sente rapito dalla musica e dal progetto non si tira di certo indietro”.
 
Tempo fa lessi un articolo di Matteo Politanò. Nell’articolo (questo il link), ricordando “Primo”, Politanò citò un aneddoto. Di quando, cioè, “Primo” gli indicò un ragazzo che gli aveva appena aperto un suo concerto. E indicandolo disse: “Lui è Mezzosangue, il futuro”.
 
“‘Mezzo’ già dagli inizi si vedeva che era una promessa. Ora è l’attualità e il futuro del rap. ‘Mezzo’ ha dentro di sé una miriade di citazioni e di storie da raccontare. C’è lui ma c’è anche ‘Johnny Marsiglia’. E ci sono anche tanti altri rapper che non siamo riusciti a includere nell’album. Se avessimo deciso di portare nell’album tutti gli amici con cui avevamo deciso di lavorare, avremmo fatto uscire il disco nel 2020”.
 
Il primo gennaio è uscito il video di “Una rima, una jam” con “Coez” e “Gemitaiz”. Non certo una data casuale. Com’è nata la canzone e come sono nate le collaborazioni con loro due?
 
“‘Coez’ e ‘Gemitaiz’ sono due artisti giganteschi. Lo voglio proprio sottolineare. Sono due persone di una grandezza artistica poco comune. Loro due sono riusciti a rinnovare un rap che stava rischiando di standardizzarsi. Devo dire che Roma, come scena, è stata sempre forte su questo. Ha sempre offerto una gamma di rapper unici. Di certo questo succede anche nelle altre scene ma forse a Roma di più. ‘Coez’ e ‘Gemitaiz’ hanno un impatto unico. Soprattutto nei live”.
 
“A Roma – spiega “Grandi Numeri” – così come in molte altre scene, c’è gente che fa musica anche senza case discografiche o talent. In molte città, e non solo a Roma, ma anche a Milano, Bologna, Torino, Venezia o anche Verona noi vediamo un rap autentico”.
 
“Oggi si punta molto sulla trap ed è giusto che sia così – spiega – perché è quello che si sente di più a livello discografico. Anche all’estero. Ma ormai i rapper fanno tutto. Trap o rap. Non c’è una definizione unica. C’è tanto fermento e questa, in fondo, è la cosa più bella di tutte”.
 
Spesso si perde troppo tempo ad etichettare la musica? “Sì, è così. Si perde tempo. Si dovrebbe perdere più tempo invece ad ascoltare quello che uno ha da dire”.
 
Ora “Grandi Numeri” prende fiato, sistema il mirino e inizia a colpire: “Pensa a quello che è successo dopo la tragedia di Corinaldo. Molti giornalisti sono subito corsi ad etichettare la musica di ‘Sfera Ebbasta’. A dire che la sua è una musica che corrompe i giovani. Nessuno invece si è preoccupato mai di sentire cosa dice ‘Sfera’, da dove viene e perché racconta le cose che racconta. Si fermano in superficie”.
 
“E questo, purtroppo, è un problema che è sempre esistito nel rap – spiega – Anche noi venivamo visti con occhi diversi a come veniva vista per esempio, Laura Pausini. Ma anche la Pausini, nel suo privato, parlava come noi. C’è sempre stata questa maniera un po’ perbenista di non voler vedere cosa fa la gente e da dove viene”.
 
“Poi però – continua – fanno i reality show e tutta quella merda che portano, costantemente, in prima pagina. I ‘trash’ sono loro. La musica che viene dalle periferie non può essere etichettata come merda perché ormai è una musica con una sua identità e una sua storia. In molti non hanno capito che il rap ormai si è radicato soprattutto grazie ai tanti rapper che negli anni ci hanno creduto e hanno investito il loro tempo per creare qualcosa di nuovo. Ma ora, per fortuna, la scena sta diventando visibile a tutti. Anche a chi non l’ascolta”.
 
Con “A pieno titolo” tu e il “Danno” chiudete l’album. Tu chiudi così la strofa: “Per tutto quello che so il vero re dell’hip hop/ Ricorda il nome di chi è primo a pieno titolo”. E’ la chiusura di un cerchio? “La canzone è un flashback. E’ la foto, l’istantanea della nostra storia”.
 
Adesso quali saranno i progetti futuri dei “Cor Veleno”? “Di progetti ce ne sono tanti. Per ora porteremo avanti i nostri live che stanno andando benissimo in tutta Italia. Credo che andremo avanti per tutta l’estate. Poi vedremo. Le idee sono tante. Abbiamo ancora voglia di fare musica nuova. Anzi. Stiamo già scrivendo. Vedrete che usciranno cose nuove”. E qui non resta che citare “Primo”: “L’Hip Hop è morto? Stronzi, siete morti voi”.
 
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