Gigi D’Alessio, Califano e gli altri: perché i cantanti si riempiono di debiti

Gigi D'Alessio, Califano e gli altri: perché i cantanti si riempiono di debiti
Gigi D’Alessio, Califano e gli altri: perché i cantanti si riempiono di debiti

ROMA – Gigi D’Alessio, Califano e gli altri: perché i cantanti si riempiono di debiti. 25 milioni di euro di debiti: sarebbe questa il super debito accumulato dal cantante Gigi D’Alessio alle prese con un severo piano di rientro. Sarebbe perché lui contesta la cifra ma non il fatto che impiegherà, ha ammesso, “15 anni di lavoro per venirne fuori”. Tra i creditori le banche, ovvio, da Unicredit a Mps, e l’amica Valeria Marini, sua testimone di nozze che però, tramite avvocato, gloi ha ingiunto la rifondazione di un prestito a titolo grazioso (cioè in amicizia) di 200mila euro. Investimentoi sbagliati (voleva riportare il marchio Lambretta in Italia), soci sbagliati, scarso fiuto per gli affari alla base del crack finanziario.

Gigi D’Alessio non è l’unico professionista a finire sommerso dai debiti. Celebre il caso di Franco Califano che invocò perfino la legge Bacchelli (il sussidio destinato agli artisti in difficoltà economiche) per tirare avanti: eravamo nel 2010, sarebbe morto tre anni dopo in bolletta (nonostante i 20mila euro annui corrisposti dalla Siae).

Quella dello scialacquamento compulsivo di grandi guadagni sembra essere una malattia che attecchisce in ambito black music. Negli Stati Uniti il campione di incassi Kanye West ha dovuto ammettere di essere finito sul lastrico, gli investimenti sbagliati nel mercato dell’abbigliamento hanno aperto un buco di 53 milioni di dollari. Stessa sorte per 50 Cent: 28 milioni di dollari.

Ci sono in ultimo le storie tragiche. Quella della indimenticabile Whitney Houston, per esempio: quando lasciò questa terra nel febbraio 2012 uscì fuori che, in dieci anni, era stata capace di dilapidare un patrimonio da 100 milioni di dollari. L’interprete di «All at Once» s’era ridotta a farsi prestare ingenti somme da amici e collaboratori per pagarsi le cure di riabilitazione. Tragedia al contrario quella di un’altra grande voce femminile, la «leonessa di Camden» Amy Winehouse. Nella sua breve e travolgente carriera accumulò qualcosa come 10 milioni. Soldi ereditati dalla famiglia e scialacquati, secondo i tabloid, a una velocità impressionante per coprire precedenti situazioni debitorie dei congiunti. Eggià: «Love is a losing game», cantava lei. Pure la musica però, come l’amore, certe volte può rivelarsi un gioco a perdere. (Francesco Prisco, Il Sole 24 Ore)

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