La musica classica “rinnovata” batte il rock “stanco e nostalgico”?

La musica classica "rinnovata" batte il rock "stanco e nostalgico"
La musica classica “rinnovata” batte il rock “stanco e nostalgico”

ROMA – A riportare in auge la strana disputa tra musica classica e rock ci aveva già pensato nei giorni scorsi, Giovanni Allevi, sostenendo un paragone piuttosto irriverente tra Ludwig Van Beethoven e Jovanotti. Il primo, secondo Allevi, non aveva ritmo e il secondo sì. Per poi generalizzare sulla mancanza di ritmo della musica classica tutta, causa principale, a suo dire, del disinnamoramento dei giovani. Certo, la storia di Jovanotti, che proprio rocker non è, deve essere giunta all’orecchio di Sandro Cappelletto quando dalle colonne del quotidiano la Stampa,  ha scritto il suo ispirato elogio della classica, ormai più giovane e paradossalmente meno stanca del rock.

Sandro Cappelletto è uno che se ne intende, noto critico musicale e collaboratore assiduo della Stampa e del francese Le Monde, ha osservato come quella in atto sia una paradossale inversione di paradigma: Viviamo in una sorta di neoclassicismo del rock, dove la vena innovativa si è esaurita lasciando il posto ad una celebrazione nostalgica dei “grandi” del passato.

Cappelletto ne fa innanzitutto un discorso anagrafico:

Venerdì, Mick Jagger compirà 70 anni, quanti Keith Richards; domenica Rogers Waters (70 anche lui) porterà a Roma il mille volte già visto The Wall; il 26 agosto Chris Curtis, fondatore dei Deep Purple, ne festeggerà 72, perfetto coetaneo di Maurice White, padre degli Earth, Wind & Fire, e di Charlie Watts, batterista dei Rolling Stones. Al confronto, i cinquantenni componenti dei Depeche Mode possono considerarsi dei ragazzi con tutto il futuro davanti, quasi come Bruce Springsteen, nato nel 1949. 

A differenza degli interpreti della scena musicale classica:

Il direttore Michele Mariotti (34 anni), i pianisti Lang Lang (31) e Ramin Bahrami (36), la violoncellista Sol Gabetta (32), assieme a molti altri, godono di un credito, di una disponibilità all’ascolto da parte degli organizzatori e del pubblico impensabile fino a pochi anni fa. Dietro a questi risultati, c’è stata e c’è una strategia. […]

Inoltre, in questi anni la musica «classica» ha compiuto, con lungimirante tenacia, un rinnovamento profondo: cominciando dai compositori, che navigano in un mare vastissimo e sgombro da pregiudizi ideologici o da riferimenti d’obbligo, per finire al pubblico, che si è molto ringiovanito. Basti pensare al successo della «primina» della Scala, riservata agli «under 30», e delle tante iniziative – una tra tutte, Opera Domani – che portano l’opera a centinaia di migliaia di studenti, dalle elementari alle superiori.

Certo anche tra i classici, non mancano alcune leggende un po’ attempate:

Claudio Abbado (80), Riccardo Muti e Placido Domingo (72), Maurizio Pollini (71), tutti ancora saldamente in carriera e neppure sfiorati dall’idea di ritirarsi? D’accordo, è così, ma con una differenza: i suddetti, come altri veterani, si affidano, per servire la musica e sedurre il pubblico, soltanto alle loro mani, o alle loro voci (in acustico!). Nient’altro.  

Si perché, secondo Cappelletto, Jagger & soci resistono ma solo grazie al supporto di spettacolari regie. Sta proprio qui il neoclassicismo del rock: nella tendenza ad autocompiacersi del proprio glorioso passato, affidandosi al marketing e alla potenza scenografica per continuare a vendere un prodotto datato.

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