Rancore e il codice dell’Hermetic Hip Hop: “Trasformo le rime in quadri astratti”. L’INTERVISTA

Rancore e il codice dell'Hermetic Hip Hop: "Trasformo le rime in quadri astratti". L'INTERVISTA
Rancore e il codice dell’Hermetic Hip Hop: “Trasformo le rime in quadri astratti”. L’INTERVISTA

ROMA – Rancore è un rapper con un suo codice. Un suo linguaggio. Un linguaggio che lui definisce “Hermetic Hip Hop”. Un’arma, l’ermetismo, usata da Tarek per squarciare la realtà e cercare di coglierne la complessità e le contraddizioni. Un’arma che Rancore usa per trasformare le sue canzoni in quadri astratti. Quadri astratti di parole che alla fine “diventano specchi dove ognuno, in fondo, vede quello che vuole vedere”. Quadri visionari che servono a comprendere meglio le strutture, come i famosi codici binari di “Matrix”, a fondamento della nostra società. E in fondo, che servono a comprendere meglio la nostra identità.

 
Il nuovo album “Musica per bambini” è uscito il primo di giugno. Da luglio sei in tour. Come sta andando?
 
“Abbiamo fatto una prima parte del tour durante l’estate e poi ci siamo fermati un paio di mesi. Da pochissimo abbiamo iniziato la seconda parte invernale. Sono molto soddisfatto di come sono andate le cose. Mentre scrivevo il disco sapevo che non era un disco semplice e che non era scontato ottenere una serie di risultati. La cosa interessante è che vedo che da quest’estate in poi c’è stato un buon afflusso ai live e la gente risponde come se fosse già affezionata ai pezzi. Pezzi che non sono usciti da molto. La cosa di cui sono molto soddisfatto è che sono riuscito a fare un grande passo in avanti dal punto di vista visivo, sonoro e musicale. Abbiamo usato nuovi strumenti e creato nuove atmosfere con le luci”.
 
C’è una parte teatrale molto forte nei concerti.
 
“Questo già dalla ristampa di “Segui me” di due anni fa. All’epoca c’era anche un ‘mago’. Adesso le maschere sono diventate ancora più complesse. Lo show è diventato sempre più controllato e preciso. In questa fase invernale abbiamo aggiunto anche la batteria che dà un tocco di potenza”.
 
Per questo disco hai deciso di non collaborare con Dj Mike.
 
“Più che una scelta è stata una conseguenza. Avevamo fatto molti dischi insieme e avevamo raccontato già tante cose. Abbiamo deciso di esprimerci e raccontarci in modo diverso sapendo che comunque le cose fatte restavano lì ed erano per noi una enciclopedia di cuori e di rime che non sarebbe mai più scaduta. Dopo ‘S.U.N.S.H.I.N.E.’ è come se l’astronave che guidavamo avesse portato a termine il viaggio. Avevamo già esplorato tanti pianeti. Abbiamo scelto di fare delle cose da soli. Io ho scelto di fare ‘Musica per Bambini’ e di produrre l’album da solo”.
 
Su Twitter coltivi un grande rapporto con i tuoi fan. Un ragazzo ha anche pubblicato la foto di una tesina per la Maturità dal titolo “Il rap come ottava arte. Rancore la poesia ermetica e dei contrasti”.
 
“Credo che quando c’è qualcuno che ti ascolta è la fortuna più grande che tu possa avere. E nel momento che tu hai questa fortuna devi valorizzarla e non è semplice. Sia dal punto di vista positivo che negativo. So che per qualunque persona che compra un disco, che viene a un mio concerto o che semplicemente mi segue devo dare semplicemente il meglio di me. E cerco di dare il lato più sincero di me. Chiunque mi segue da tanti anni sa che io non ho pace, non mi do pace e non c’è mai una cosa uguale a quella di prima o una canzone uguale a un’altra. Non c’è uno spettacolo o un tour che sia identico a quello precedente o dove non abbia messo delle sorprese. Mi sento in colpa verso chi mi segue e cerco di ripagarlo cercando di dare tutto me stesso. Forse metto anche troppo spesso me in secondo piano. Per esempio per fare questo disco sono due anni che non vado dal dottore (ride, ndr). Lo so che sembra una stupidaggine ma questo lo faccio solo per cercare di dare il massimo. Tanto che alla fine non riesco più a capire chi sono io e chi è Rancore. Ci confondiamo. Però questo fa sì che le persone vedano veramente me e non una maschera. E questo è importante”.
 
Sempre guardando Twitter ho visto che hai condiviso anche la copertina dell’Orlando Furioso di Ariosto.
 
“Devo dire la verità: è sempre difficile per me dire quali sono i vari punti di riferimento. In qualunque ambito. Dalla letteratura alla musica. Io credo di essere un grandissimo ignorante. Tutto quello che metto nei miei testi non deriva da altre letture. Deriva semplicemente da uno studio che io faccio dentro di me. Uno studio dentro il mio spirito dove già ci sono tutte le informazioni a me necessarie. E’ complesso dire quali sono le mie ispirazioni. Non ho ispirazioni. Ci sono cose che mi interessano. Non per forza romanzi. Sono un amante delle “pseudo scienze” e di tutto ciò che è esoterico e occulto. Ho ovviamente dei libri che mi sono rimasti nel cuore come ‘Il giovane Holden’. Ma gran parte del mio studio è dentro di me, non è fuori”.
 
Spesso hai citato Bruce Lee e il “Tao del dragone”.
 
“Bruce Lee è una fonte d’ispirazione non tanto per quello che ha scritto ma per quello che è stato. E per come lui è riuscito a sintetizzare e a rendere accessibili a tutto il mondo le basi del ‘taoismo’. Non che io abbia necessità di appoggiarmi su filosofie che non fanno neanche parte dell’occidente in cui io vivo. Lo leggo perché ha messo in pratica qualcosa di spirituale con dei principi solidi. Principi che non sono neanche lontani da quelli del cristianesimo. Bruce Lee è riuscito a rompere le regole del ‘Kung Fu’. ‘Kung Fu’ che prima di lui era una cosa completamente diversa. Si può dire che lui, come Gesù, ha ‘bestemmiato’ dentro al tempio. Ha avuto il coraggio di rompere le regole per perseguire una verità diversa”.
 
I tuoi testi spesso vengono considerati “visionari”. Qual è il tuo rapporto col mondo del cinema.
 
“Non mi ispiro mai a scene di film per i testi. Il film ce l’ho dentro. Naturalmente ho una passione per la fantascienza. E’ un genere che mi ha sempre portato altrove. Per me il film deve essere un viaggio. Un viaggio anche psicologico. Per questo mi piace Darren Aronofsky. Amo ‘Il teorema del delirio’. Un film che ho citato nei miei testi e l’ho visto tante volte. Amo anche “Matrix” e quel mondo di ‘cyberpunk’.
 
Nella copertina di “Musica per bambini” sono rimasto colpito dalla copertina dove ci sei tu che componi il tuo nome. L’identità è uno dei temi dell’album.
 
“Sicuramente sì. In quest’album cerco la mia identità. Sia nel positivo che nel negativo. Infatti gioco con la scritta ‘Rancore’ e ci gioco come se fossi un bambino. E nella copertina c’è anche qualcosa di ‘magico’. E la magia è un altro aspetto del disco. Non solo semplicemente parlando della magia. Ma parlando anche della paura per la magia. E’ sicuramente un disco in cui cerco di ritrovare me stesso in questo labirinto dove mi sono perso. E alla fine del disco non credo neanche di essermi trovato. Alla fine mi sono conosciuto un po’ meglio ma il percorso resta lungo”.
 
Hai definito il tuo genere come “Hermetic Hip Hop”.
 
“L’Hermetic Hip Hop è un modo per dare al linguaggio dell’Hip Hop un’arma in più. L’arma dell’ermetismo. Un linguaggio che ha una caratteristica di ‘codice’. Questo ‘codice’ deve avere dietro un motivo e uno scopo. Ci deve essere una voglia di cambiare le cose attraverso qualcosa che apparentemente sembra complesso ma che invece spiega meglio la realtà. Proprio perché la realtà è complessa. E’ contraddittoria. E’ ironica. Credo che questa definizione definisca al meglio la mia musica e la mia visione. Poter dire una cosa dicendone dieci. Trasformare una frase in un dipinto, in un quadro di parole. Un quadro astratto di parole dove tu puoi vedere quello che vuoi. Quadro che quindi diventa uno specchio dove ognuno vede quello che vuol vedere. Quello che ognuno necessita di vedere. Con questo codice posso accendere degli interruttori in chi mi ascolta senza però dover rinchiudere la frase in un concetto o in una morale. Morale che poi porterebbe a una chiusura in una convinzione. E di conseguenza andrebbe ad alimentare tutto quello contro cui ci mi sto lamentando. L’ermetismo, con l’Hip Hop, mi ispira libertà”.
 
In “Sangue di drago” dici di aver usato il verbo “principeggiare” ispirandoti a Machiavelli. E’ una canzone dove il bene si confonde con il male.
 
“Sì. Il bene viene ‘vestito’ da male per essere strumentalizzato. E per far sì che il vero male prenda ancor più potere. E tutto questo creando dei mostri che non esistono. Nella storia si sono sempre creati dei capri espiatori sui quali buttare la colpa e con il quale assumere ancora più potere. Un procedimento che è sempre stato usato nella storia. Ed è assurdo che nessuno lo dica perché chi lo dice viene considerato ‘complottista’. In fondo però è vero che chi lo dice è un ‘complottista’. E allora l’unico modo per poterlo dire è usare il simbolo, la metafora, la fiaba”.
 
 
“Sangue di drago” è un nuovo capitolo di “S.U.N.S.H.I.N.E.”?
 
“S.U.N.S.H.I.N.E. secondo me è più un inno. Un inno che volendo puoi ascoltare anche senza seguire la canzone. E’ un fiume libero di parole che ti porta alla fine a una visione luminosa del mondo. Ascoltando ‘Sangue di drago’ invece bisogna stare più attenti. Chi ascolta ‘Sangue di drago’ deve volermi ascoltare. Forse ‘Depressissimo’ è più simile a ‘S.U.N.S.H.I.N.E.’. Anche ‘Depressissimo’ è un inno. Certamente però ‘Sangue di drago’ si stacca dal concept dell’album”.
 
In “S.U.N.S.H.I.N.E.” com’è nata l’idea di inserire il discorso di Togliatti nell’introduzione della canzone?
 
“Io e Dj Mike abbiamo fatto tante cose particolari. Ognuno metteva le sue idee. E’ stato Dj Mike a inserire il discorso di Togliatti creando un intro molto suggestivo dove ancor prima del rap già capisci che si sta parlando di qualcosa di ‘diverso'”.
 
Tornando a “Musica per bambini” in “Underman” mi ha colpito quando dici “Io  mi  prendo  così  tanta  colpa/  che  sarà  follia/  pensare  che  ci  sta  qualcuno  nella  stanza…”.
 
“Beato chi non si sente in colpa nel mondo di oggi. Il senso di colpa fa parte della mia sincerità. Sicuramente se mi perdonassi di più sarebbe più facile vivere. Ma allo stesso tempo non ho molte ragioni per perdonarmi. In questo disco cerco di canalizzare il rancore che ognuno ha verso se stesso. Un rancore così forte che alla fine va per forza canalizzato fuori per non rischiare di distruggere se stessi. Ho voluto esprimere tutte le emozioni che ho. Soprattutto quelle più inspiegabili. Il senso di colpa quotidiano è uno di quei mostri che avevamo sempre con me mentre scrivevo il disco e che ancora ho. Canalizzarlo mi aiuta per tirarlo fuori. E per capire se questa emozione è reale o sono solo il frutto di una illusione”.
 
In “Depressissimo” invece dici “A volte  prima  di  dormire  faccio  una  preghiera/  ringraziando  ancora  che  il  mio  corpo  non  si  è  suicidato”.
 
“In realtà è un lato positivo. Prego perché sono ancora vivo. E’ una frase positiva. Non so in quanti lo fanno. Ma chi lo fa credo che abbia capito il senso della vita. Facendo riferimento anche al video della canzone credo che bisogna solo ringraziare se sono arrivato fin qui senza uscire fuori dal videogioco”.
 
In “Giocattoli” invece cambi il punto di vista.
 
“Volevo raccontare la crescita non attraverso il soggetto ma attraverso l’oggetto. E ho cercato di farlo raccontando i giocattoli usati da questa ragazza. Più la ragazza cresce più i giocattoli cambiano. Prima sviluppano solo la fantasia, la bambola, poi l’estetica, il rossetto e alla fine l’autodistruzione, la sigaretta. Tre oggetti di cui lei si libera ma che alla fine tornano sempre con un’altra forma. E’ stato un modo per raccontare tante cose con una canzone sola”.
 
Cosa è cambiato dal primo album (“Segui me”) a “Musica per bambini”?
 
“In ‘Segui me’ c’è un pezzo che si chiama ‘Tufello’. Pezzo che parla del quartiere in cui sono nato. E poi c’è ‘Segui me’ dove già si vedeva il Rancore di oggi. Nel primo disco parlavo di cose che gli occhi possono vedere. Nel primo album si parla di tutto quello che gli occhi possono vedere. Nei dischi successivi no. I dischi successivi sono uno scavare per capire come la realtà che ci circonda è costruita fino ad arrivare nel mondo invisibile. In ‘Musica per bambini’ voglio raccontare entrambe le cose. Quello che vedi e quello che non vedi. Naturalmente l’aspetto fantasioso è rimasto l’aspetto più forte”.
 
Cosa ti piace ascoltare?
 
“Come per i libri e per i film non ho una direzione. Vado più a canzoni. Dire il nome di un’artista mi risulta molto difficile. Nell’ultimo periodo ascolto tanta musica senza parole. Dalla musica elettronica alla musica classica. Le parole hanno un po’ rotto i coglioni. E poi ascoltare soltanto musica mi ispira ancora di più per la scrittura. Ovviamente ascolto tanti gruppi rock, tanto metal, tanti cantautori ma seguo più la canzone che l’artista. Quello che incide e influenza di più la mia musica e i miei testi è un certo tipo di musica elettronica, di musica classica e anche le colonne sonore”.
 
Il 9 novembre è uscito l’album postumo di “Cranio Randagio”. Nel disco c’è anche una tua collaborazione in “Lupi della notte”.
 
“Diciamo semplicemente che è una cosa che avremmo dovuto fare prima”. 
 
Rancore dal 21 dicembre riprenderà il tour invernale. Ecco tutte le date dei concerti:
 
21/12/2018 Conversano (BA) – Casa Delle Arti
19/01/2019 Ravenna – Bronson
26/01/2019 Padova – CSO Pedro
09/02/2019 Firenze – Viper Theatre – NUOVA DATA
17/02/2019 Torino – Hiroshima Mon Amour – NUOVA DATA
09/03/2019 Bologna – Locomotiv – NUOVA DATA
16/03/2019 Roma – Atlantico – NUOVA DATA
14/04/2019 Milano – Alcatraz – NUOVA DATA
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