Red Hot Chili Peppers ancora insieme "per amore"

MILANO, 5 SET – Tra problemi di tossicodipendenza e cambi di formazione, in quasi 30 anni di carriera si sarebbero potuti separare numerose volte, ma anche dopo il secondo addio di John Frusciante, uscito dal gruppo per dedicarsi a progetti solisti, hanno deciso di andare avanti e ora, arruolato alla chitarra Josh Klinghoffer, i Red Hot Chili Peppers sono tornati con il loro decimo album 'I'm with you'.

''La vita è complicata, non solo la nostra, ma rimanere insieme – racconta il bassista Flea, oggi a Milano insieme al nuovo chitarrista – ci è sempre sembrata la cosa giusta da fare e personalmente tutto ciò che faccio e decido lo baso sull'amore''.

Nonostante il cantante Anthony Kiedis e il bassista Flea siano gli unici membri fondatori del gruppo, negli anni i Rhcp hanno mantenuto quello che lo stesso Flea – capelli viola, piedi scalzi e T-shirt omaggio a Thelonious Monk – definisce ''un approccio democratico alla composizione, in cui ognuno puòp dire la propria''.

Tanto che è stato proprio l'ultimo arrivato, il timido trentaduenne Klinghoffer, a trovare il titolo per il nuovo album, che in copertina ha un'opera di Damien Hirst, con una mosca posata su una pillola (''se rappresentasse il gruppo – scherza Flea – sarebbe un acido'').

E nonostante la difficoltà di sostituire un genio come Frusciante, ''Josh non si è inserito ma – sottolinea Flea – si è perfettamente integrato nella band''.

Dal canto suo Klinghoffer, che aveva anche collaborato con Frusciante ad alcuni progetti solisti del chitarrista, spiega che il suo obiettivo è ''trovare la mia strada''. Per questo, saggiamente spiega di cercare ''di non pensare troppo a John''.

Il debutto di Klinghoffer ha coinciso con un lutto per la band, la morte del loro scopritore Brendan Mullen, cui il gruppo ha dedicato quello che è il pezzo migliore dell'ultimo album, 'Brendan's death song'. Ricordarlo è stato anche un tuffo nel passato, ''quando io e Anthony eravamo due teste di legno, spesso strafatti di droga. Devono essere stati i nostri angeli custodi a portarci a questa cosa che ci ha permesso di crescere, di migliorare come esseri umani. Nessun guru o psichiatra potrebbe dare una spiegazione migliore di come siamo arrivati fin qui''.

Una ricostruzione dal taglio spirituale, come ammette scherzoso lo stesso Flea: ''Eh sì, sono un dannato hippy, per me la musica arriva da un luogo divino e io cerco di essere al mio meglio per riceverla e lasciarla scorrere, per questo cerco di vivere in un luogo prossimo a dove scaturisce la musica ma – sottolinea – non sono religioso''.

In questa stessa ottica, il bassista parla della crisi economica che accomuna Europa e America: ''sono piccoli problemi paragonati a quelli di paesi come Haiti, dove la gente vive ogni giorno a contatto con la morte ma è più in sintonia con lo spirito. Sono luoghi dove, paradossalmente, ho visto tanta bellezza e spero che ciò che ci sta accadendo ci renda più compassionevoli''.

Un invito all'umiltà che è il primo ad accogliere, a partire dallo studio: nei cinque anni di pausa dall'ultimo album 'Stadium arcadium', tolto il tempo passato in tour, Flea si è dato alla musica classica, avvicinandosi a Bach e al piano, tanto da arrivare a comporre alla tastiera.

Ora è pronto per tornare a suonare dal vivo, nel tour che farà tappa a Torino il 10 dicembre e il giorno dopo a Milano, per due date già esaurite. In scaletta, una ventina di brani per circa 90 minuti di musica, nella dimensione da sempre più congeniale alla band.

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