Scala, sauditi in cda? Gasparri: Soldi anche da Medellin? Pereira come Mozart? “Vogliono farmi fuori”

Scala, sauditi in cda? Gasparri (nella foto): Soldi anche da Medellin? Pereira come Mozart: "Vogliono farmi fuori"
Scala, sauditi in cda? Gasparri (nella foto): Soldi anche da Medellin? Pereira come Mozart: “Vogliono farmi fuori”

Sauditi nel Cda della Scala? La polemica infuria. A Maurizio Gasparri che chiede: “Accetteranno soldi anche da Messina Denaro e dal cartello Medellin?”, il sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano, Alexander Pereira, replica: “Fu un leghista a darmi l’idea. E il sindaco è d’accordo. Se non lo facciamo noi, quei soldi andranno ai francesi”.

Pereira scivola su due punti critici:

1. La pessima immagine dell’Arabia Saudita nel campo dei diritti umani;

2. l’aggravante dell’assassimio del giornalista saudita Jamal Kashoggi, ucciso da un commando dei servizi segreti agli ordini del principe ereditario Moḥammad bin Salmān Āl Saūd. Il fatto ha suscitato indignazione in tutto il mondo.

Un conto è vendere marmi e rubinetti per le case dei ricchi sauditi, o anche armi se volete, un conto è mandare una squadra di maestri (e le maestre?)  di ballo e di canto a insgnare la sublime arte ai bambini e alle bambine saudite (maestri maschi che toccano le piccole arabe per insegnar loro la danza?). 

Altro conto è portare nel cuore di Milan, nel Consiglio di amministrazione del tempio laico della città, un rappresentante di quel Paese dove le donne sono oggetti, gli stranieri sono inferiori, dove tagliano le mani, frustano e impiccano come da noi secoli fa. È vero che i Consigli di amminsitrazione contano poco, finché tutto va bene, ma il valore simbolico è terrificante.

A Milano, dove dicono che erano fra 200 e 250 mila a sfilare per i diritti, per gli immigrati e per tutte le cose belle e ideali che qualificano i privilegiati.

In prima fila in quel gigantesco corteo c’era il sindaco di Milano Beppe Sala.

Ora Pereira lo chiama in causa e in una intervista sulla Stampa di Torino dice di averlo informato del progetto il 17 gennaio. Gli ha telefonato dall’Arabia, non prima di partire, questo è vero. Ma il sindaco, che è del Pd, non è saltato sulla sedia. Gli ha solo posto il problema di quale soggetto saudita dovesse fare l’operazione.

Maurizio Gasparri, che per primo ha sollevato il caso Scala, mantiene la sua posizione e rincara:

“Leggo sconcertato le dichiarazioni del sovrintendente della Scala Alexander Pereira, che sottovaluta la natura assolutista del regime saudita e mette la Scala in ginocchio pur di ottenere soldi, quale che sia la provenienza degli stessi.

“Ragionando in questo modo si potrebbe anche aprire a un bonifico, che so, di Matteo Messina Denaro o del cartello di Medellin.

“Un modo così cinico di ragionare è preoccupante. Rinnovo il pressante appello al Governo, a cui mi sono rivolto, per sapere se sia ammissibile che l’Arabia Saudita diventi azionista della Scala.

“Non stiamo parlando della sponsorizzazione di un singolo evento, non stiamo parlando di iniziative della Scala all’estero, non stiamo parlando di convergenze occasionali.

“Ma di una presenza permanente, strutturale, di un regime dispotico all’interno forse della più prestigiosa istituzione culturale italiana. Non è un argomento da liquidare con poche battute come ha fatto lo stesso Pereira sul caso Khashoggi.

“Giù le mani dalla Scala. Chi la vuol mettere in mano agli arabi tradisce non solo Milano e la storia di un luogo prestigioso ma l’Italia intera. Il governo tace e sta zitto? A Milano si fanno le marce contro un inesistente pericolo razzismo in Italia e poi si danno le chiavi di casa al regime di Riad?”.

Già nei giorni scorsi il sovrintendente Alexander Pereira aveva detto ad Angelo Foletto di Repubblica che la trattativa era “nata a seguito di contatti con il governo saudita e l’Aramco suggeriti da uomini vicini al presidente della Regione Attilio Fontana l’anno scorso”.

Ora fa anche nome e cognome. Si tratta di Max Ferrari,, leghista doc, molto vicino a Salvini, consigliere del presidente della Lombardia Fontana, rivela Pereira a Alberto Mattioli della Stampa.

Parlando con Foletto Pereira aggiunge: 

“Il 7 dicembre ho fatto in modo che il ministro Bonisoli incontrasse il principe Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan Al Saud, ministro della Cultura di Riad. E già in quell’occasione erano state fatte ipotesi di collaborazione con la Scala e l’Accademia. Ma prima di agire, avevo informato il sindaco-presidente Beppe Sala convenendo che era indispensabile un rapporto il più possibile istituzionale”.

Ora Pereira confida a Mattioli il sospetto che l’operazione saudita venga usata da qualche perfido e invidioso italiano per fare fuori lui grande sovrintendente austriaco, una specie di riedizione del caso Mozart-Salieri. Nella intervista a Foletto traspare un lampo di titanismo:

“Da un Paese che aveva cancellato la cultura da quarant’anni, mi sembrava un gesto civile, da apprezzare e assecondare: l’idea di creare un nuovo pubblico musicale – il Louvre Abu Dhabi aveva innescato il meccanismo simile a favore dell’arte occidentale – partendo dal basso”. 

Dall’entusiasmo per il progetto milanese è scaturita negli arabi l’idea di andare oltre, mettendo sul tavolo 3 milioni di euro all’anno per 5 anni.
Foletto ha fatto notare a Pereira che i sauditi sarebbero “un socio non immacolato, anzi…”. Ma Pereira non scompone:

“Ho seguito con sgomento il caso Khashoggi e so benissimo che tipo di regime dispotico sia quello saudita ma, al di là della freddezza contabile e da sovrintendente, per me che sono convinto della forza ‘positiva’ della musica, e dell’obbligo morale degli amministratori di favorirne in ogni modo la conoscenza, è parso che portare la Scala a essere parte di quella porzione di nuova immagine saudita che crede nel valore morale e civile la cultura fosse importante. Anche per l’immagine internazionale dell’Italia che la Scala ha sempre espresso”.

La questione morale però rimane, obietta Foletto. E se, di fronte alle polemiche, ci fosse un ripensamento del Cda scaligero? Pereira non si scompone:

“Il principe Bader è molto deciso: potrebbe finanziare la Scala da privato. Oppure indirizzare la proposta altrove. In Francia non aspettano altro”.

 

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