Le dimissioni da Chigi del diplomatico Talò, il se c’ero dormivo di Soumahoro: capro espiatorio a destra, negare sinistra perinde ac cadaver
Così, dopo la telefonata trappola dei due comici russi a Giorgia Meloni è caduta una testa importante, quella del consigliere diplomatico di Palazzo Chigi.
“Ho dato le dimissioni perché ho sbagliato”, spiega Francesco Talò. Un esempio? Quando mai! Diceva Giovanni Spadolini: “Il termine dimissioni è scomparso dal vocabolario italiano. E’ come se non ci fosse”. Sacrosante parole perché la decisione dello stretto collaboratore del premier ha pochi proseliti.
Leggendo quanto è accaduto e le conseguenze che ha portato è inevitabile non ricordare la figura di Aboubakar Soumahoro, il deputato della sinistra-sinistra che siede da tempo sui banchi di Montecitorio. Su di lui e sulla sua consorte (ora agli arresti domiciliari insieme alla mamma) sappiamo quasi tutto.
I soldi per i migranti venivano “dirottati” altrove, comunque sempre a favore della signora. Malgrado ciò, il deputato della Repubblica italiano si è ben guardato dal lasciare il Palazzo. Si è difeso, ha pianto dinanzi alle telecamere, ha ripetuto che di quella storia non sapeva nulla e che era quindi completamente innocente.
Può apparire strano, forse non lo è, che in una casa dove una coppia sempre sorridente, unita per il resto della vita, l’uno non sappia che cosa fa l’altro. Vestiti firmati, gioielli, profumi, spese consistenti: insomma un comportamento da nababbi.
Eppure Aboubakar ignorava tutto, era estraneo a qualsiasi “affare” che la moglie concludeva. C’è da credergli? Certamente, visto che la giustizia per ora non lo ha sfiorato, non essendo nemmeno indagato.
Fino a ieri. Perchè ora la corte di appello di Bologna ha chiesto alla Camera il suo decadimento da parlamentare per il semplice motivo che le sue spese elettorali non sono state rendicontate. Questo non significa che egli abbia a che fare oggi con la giustizia, i magistrati emiliani si sono solo rivolti a Montecitorio per un comportamento poco chiaro rispetto ad alcune spese da lui fatte prima delle elezioni che lo hanno portato a Montecitorio (con o senza stivali). La questione, adesso come adesso, è morale.
Sia come sia, in famiglia e fuori, Soumahoro dovrà ancora spiegare qualcosa non solo alla giustizia, ma ai colleghi che siedono con lui in Parlamento.
La speranza è che lo faccia presto: per la sua condotta che ritiene irreprensibile e per la fiducia che la gente deve avere verso le persone che ha eletto. Aboubakar si porrà la domanda che almeno deve autosospendersi in attesa che la giustizia faccia il suo corso?
Per tornare poi, con la coscienza pulita, sui banchi di Montecitorio? Ancora una domanda però è lecita: i suoi compagni di partito che gli hanno permesso di arrivare così in alto che cosa pensano di fare? Non hanno più detto mezza parola da quando i fatti sono diventati di dominio pubblico. Per aver tanto raccomandato una persona gli avranno chiesto a chi si sarebbero potuti rivolgere per chiedere informazioni sul suo conto? In parole più semplici le credenziali?
Un certo imbarazzo lo avranno finché la situazione non sarà chiarita. Perchè se Soumahoro dovesse risultare colpevole per la sua condotta e per aver mentito sulle vicende della moglie, beh allora forse un interrogativo se lo dovranno porre, sopratutto per la leggerezza e la supeficialità con cui hanno scelto il loro prediletto.
Il tutto avviene in un momento in cui l’esecutivo è sotto il tiro dell’opposizione per la proposta della maggioranza sul premierato.
La polemica sulle dimissioni si è fatta rovente (tanto per cambiare), Eddy Schelin ha definito l’iniziativa della destra una sconcezza. Sono stati chiamati costituzionalisti ed esperti del ramo per dimostrare che bisognava fare marcia indietro.
Siamo alle solite: un conto sono i battibecchi e i litigi fra due forze che la pensano in modo diverso; un altro è discettare sui comportamenti poco chiari di coloro che debbono gestire ed aiutare il nostro Paese.