Antonio Logli, 20 anni di galera senza…galera. Ammazzare si può e niente cella?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 22 Dicembre 2016 - 13:43 OLTRE 6 MESI FA
Antonio Logli, 20 anni senza carcere: ammazzare moglie si può?

Antonio Logli, 20 anni senza carcere: ammazzare moglie si può?

PISA –Antonio Logli, 20 di galera senza…galera. Si può uccidere una persona, farne sparire il corpo, essere riconosciuti colpevoli e  condannati a 20 anni senza finire in carcere? Sì. La risposta, per quanto incredibile, è sì.

E il caso  di Roberta Ragusa e Antonio Logli sta lì a dimostrarlo. Lei, la Ragusa, è sparita 5 anni fa. Uccisa  dall’allora marito Logli, ha stabilito il processo che lo ha condannato. Ma invece che in cella lui è a  casa, con l’obbligo di dimora dalle 21 alle 6 del mattino. La domanda è: perché?  Roberta Ragusa scompare nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012. Secondo l’accusa, Logli la  notte in cui scompare la moglie viene da lei scoperto al telefono con l’amante. Circostanza da cui  nasce un litigio sfociato poi in un omicidio e nella distruzione del cadavere di lei. Al momento  della scomparsa la Ragusa aveva 44 anni e insieme al marito gestiva una scuola-guida.

A fare la denuncia di scomparsa è proprio il marito, che agli investigatori racconta di aver lasciato  la moglie in cucina, attorno alla mezzanotte, intenta a scrivere le commissioni da fare il giorno  successivo salvo alle 6.45 svegliarsi e accorgersi che Roberta non è a letto. La porta di casa è  aperta, nella stanza gli abiti e gli effetti personali. Roberta, a suo dire, sarebbe uscita in pigiama e  ciabatte in pieno gennaio.  Nel corso delle indagini si scopre che l’uomo ha un’amante, Sara, ex baby sitter di casa Logli ed ex  impiegata. Si scopre che anche la Ragusa era venuta a conoscenza della relazione del marito. Ad  accusare Logli c’è la testimonianza del vicino di casa che racconta di aver sentito un litigio tra un  uomo e una donna la notte della scomparsa, e di aver visto Logli far salire in auto una donna con la  forza. Non abbastanza, per il giudice, che il 6 marzo 2015 proscioglie Logli. Un anno dopo però, il  17 marzo del 2016, la Cassazione annulla la sentenza del gup e ordina un nuovo processo. Per la  Suprema Corte era infatti “del tutto carente e illogica” la motivazione del gup “che sottrae Logli al  vaglio dibattimentale in ordine ai reati contestatigli”. In sostanza il giudice che aveva assolto Logli  non avrebbe proposto “ipotesi alternative alla fine violenta della donna”. Una bacchettata al gup il  cui “iter deve ritenersi errato”.

Si arriva così al processo con rito abbreviato celebrato in questo giorni. Procedimento in cui Logli,  nonostante mancassero il cadavere e l’arma del delitto, viene riconosciuto colpevole dell’omicidio  della moglie nonché madre dei suoi figli, e vengono sostanzialmente riconosciute come veritiere le  ricostruzioni dei testimoni di quella notte. Ricordi che raccontano della Ford Escort di Logli con a  bordo un uomo (Logli) e una donna fuori dall’abitacolo. L’auto è a fari spenti e i due discutono  animatamente, lui prende lei per un braccio la trascina in auto e poi la vettura parte pattinando con  le ruote in velocità. Lei grida aiuto e poi scompare. Uno dei testimoni chiave della ricostruzione  degli ultimi istanti di vita di Roberta Ragusa, ricorda di aver notato due macchie scure sull’asfalto:  era sangue? Di certo più tardi Logli viene visto in quello stesso posto a pulire con una scopa  l’asfalto. Un’altra testimone che abita in zona sostiene che quella notte ha visto Roberta uscire dalla  villa con un pigiama rosa addosso e litigare col marito.

Ma, ed è un “ma” che avrebbe bisogno di caratteri decisamente più grandi per esprimere appieno  tutta la sua carica dubitativa, il tribunale di Pisa ha respinto la richiesta di custodia in carcere e ha  disposto l’obbligo di dimora durante la notte per l’imputato condannato. Dalle 21 alle 6, 9 ore su 24  e le altre 13 libere. Oltre alla perdita perpetua della patria potestà.  Trattasi, è vero, di processo di primo grado ed ogni cittadino è da considerarsi innocente sino al  termine di tutti gli iter processuali possibili e quindi, in linea teorica, sino al terzo grado ricorsi  inclusi. Ma a meno di non voler considerare i pronunciamenti dei giudici lungo questo iter alla  stregua di opinioni più o meno fastidiose, non si capisce per cosa si rischi il carcere in Italia. Il  garantismo che diventa iper-garantismo finisce col minare quel concetto che sta alla base della  Giustizia intesa come la nostra società crede e che è la certezza della pena. Senza questa certezza  la legge è di fatto carta straccia e non esistono regole. Non finirà lo società per le giornate libere di  Logli, è vero. Ma il perché un assassino condannato a 20 anni possa restare comodamente a casa  sua resta senza risposta.