Berlusconi, per 30 denari perse il seggio…Braccino corto e idem la Idem

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 20 Giugno 2013 - 15:00 OLTRE 6 MESI FA

 

Giuda Iscariota intasca i 30 denari

Giuda Iscariota intasca i 30 denari

ROMA –E per trenta denari, pardon milioni ma fa lo stesso, Berlusconi perse il seggio…Riscrittura in chiave contemporanea del per un punto  Martin perse la cappa…Oppure, come metterebbero in scena e in gag alla grande Aldo, Giovanni e Giacomo, questa storia potrebbe anche aver come titolo: Berlusconi Silvio, braccino corto. Insomma non volle tirar fuori trenta milioni che per lui sono come trenta euro per uno di noi, o forse tre euro, e ora rischia di pagare carissima l’avarizia. Per nulla lungimirante il grande imprenditore, il tycoon addirittura, volle fare pessimo calcolo e pessimo affare.

Se l’aspettava Silvio Berlusconi, sapeva ormai che le speranze che la Corte Costituzionale gli desse ragione sul legittimo impedimento erano ridotte al lumicino. E aveva ragione. Ma la decisione di ieri della Consulta, quella decisione che rende la prospettiva della condanna definitiva del Cavaliere, con relativa interdizione dai pubblici uffici, altamente concreta se non probabile, poteva l’ex premier evitarla, schivarla. L’assist glielo aveva fornito l’amico/nemico Tremonti con una legge che calzava a pennello. Avrebbe potuto Berlusconi, nel 2002, pagare 30 milioni e mettersi in regola. Ma non lo ha fatto. E ora, ad Arcore, sono in molti a piangere sul latte versato.

“In queste ore cresce, nel giro stretto di Arcore, il rimpianto per non avere sfruttato la chance di mettersi in regola con la legge – scrive La Stampa –  offerta nel 2002 dal condono tombale di Tremonti: a evitare il processo sui diritti Mediaset, assicurano fonti legali bene informate, sarebbe bastato presentare nuovi bilanci più veritieri, e pagare 30 milioni di multa all’erario. Ma Berlusconi non volle spendere quei denari. Cosicché alla prossima sentenza di Cassazione è appesa l’ultima esile speranza di evitare l’onta della condanna definitiva”.

Non volle spendere. Non volle spendere perché convinto di essere nel giusto, di essere innocente? Forse. Ma non volle spendere anche perché il Cavaliere, e non è l’unico, quando si tratta di pagare è fedele al motto secondo cui per pagare e per morire c’è sempre tempo. Olgettine escluse, ça va sans dire. Scelta che si è rivelata clamorosamente miope. Trenta milioni di euro sono infatti un’enormità per chiunque. Ma non per Berlusconi. Per il Cavaliere, e per le sue aziende, 30 milioni sono una cifra assolutamente abbordabile e, se qualcuno avesse dubbi, basta ricordare i 3 milioni al mese che versa all’ex moglie Veronica Lario o gli oltre 500 milioni che potrebbe essere costretto a pagare come risarcimento al gruppo De Benedetti. Patrimonio che si calcola in miliardi. Eppure, nonostante fossero poco più che spiccioli, quei milioni Berlusconi non li volle tirar fuori. Erano un piccolo prezzo per un grande, enorme affare. Sfumato.

E’ forse utile ricordare che il processo sui diritti Mediaset, quello in oggetto, è un processo in cui l’ex premier è imputato, e condannato, per evasione fiscale fondamentalmente. Una tipologia di reato non tra le più gravi di quelle di cui il Cavaliere è stato nella sua vita accusato. Un reato in qualche modo minore che con una “multa” avrebbe potuto cancellare. In una dimensione infinitamente più grande è come se un normale cittadino, avendo la possibilità di mettersi in regola con un bollo auto non pagato, si fosse rifiutato di pagare la sanzione arrivando a rischiare il pignoramento dell’auto. Ora, Berlusconi, per non aver pagato quei soldi rischia, come dice La Stampa, l’onta della condanna definitiva, ma anche e soprattutto l’interdizione dai pubblici uffici, cioè anche la decadenza da Senatore.

Caso esemplare, quello dell’attaccamento al denaro del Cavaliere, ma non unico. Un paio di millenni fa bastarono 30 denari per convincere un uomo a tradire il suo maestro e amico. L’attaccamento di Giuda al denaro fece di lui il traditore per antonomasia. Molto più prosaicamente lo stesso attaccamento al denaro, o alla “roba” come la definiva Giovanni Verga, con la singolare costanza del numero 30, potrebbe fare di Berlusconi un ex politico e, sempre lo stesso attaccamento, rischia di trasformare un ex campionessa olimpica in una ex ministra licenziata con disonore. Il riferimento è a Josepha Idem, pluricampionessa che, per non pagare qualche centinaia di euro di Ici prima e Imu poi, anche senza sapere che Enrico Letta l’avrebbe voluta nella sua squadra di governo, ha messo a rischio la sua reputazione, la sua immagine e la sua onorabilità.

Non diventeranno famosi come Giuda né Berlusconi né tanto meno la Idem ma sono, entrambi, un perfetto esempio di come l’amore per il denaro, l’attaccamento morboso a questo possa portare anche persone che in altri casi si sono dimostrate brillanti, a fare delle scelte che sono indubbiamente prova di scarso, scarsissimo acume. Qui non si fa la morale a chi non volle pagare i 30 milioni per il condono fiscale tombale o i due/trecento euro di Ici e di Imu, qui si vede e mostra come entrambi pur sideralmente distanti abbiano molto, molto mal visto e capito qual era il loro interesse e il loro guadagno.