Corsa a pagare il canone: più 66%. Rai: avete letto e scritto male, è 3%

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 6 Aprile 2012 - 15:07| Aggiornato il 13 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Poteva essere una breaking news, di quelle che interrompono il normale flusso dei notiziari perché clamorose. Invece era un errore di aritmetica, di quelli che abbastanza frequentemente popolano i notiziari. “Il canone Rai fa il pieno: 1,5 miliardi in due mesi” recita oggi (6 aprile) un colonnino sul Corriere della Sera. E il quotidiano di via Solferino non è l’unico a segnalare la spettacolare performance del canone di abbonamento alla tv pubblica accreditato, anche dalle principali agenzie di stampa, di un clamoroso più 66% rispetto allo scorso anno. “Merito della pressante campagna televisiva lanciata dall’azienda (…) e dell’effetto deterrente dovuto all’intensificarsi della lotta contro l’evasione” prova a spiegare il Corriere. Ma la spiegazione è in realtà molto, molto più semplice e la dà la stessa Rai con un comunicato diffuso in mattinata.

“In merito a quanto riportato da alcune agenzie di stampa circa gli introiti da canone, Rai ricorda che l’incremento indicato dal Dipartimento delle Finanze, è riconducibile – come si legge chiaramente nella Nota Tecnica al Bollettino delle Entrate Tributarie n. 120 (gennaio-febbraio 2012) pubblicato dal Dipartimento stesso – ad una diversa tempistica di contabilizzazione degli introiti relativi all’anno 2011. Un confronto con dati omogenei evidenzia, infatti, un incremento dei ricavi da canone nel primo bimestre 2012 – rispetto all’anno precedente – di circa il 3%”.

Leggendo la notizia dalle agenzie o dai quotidiani tutti abbiamo sgranato gli occhi chiedendoci “ma come è possibile?”. Il canone di abbonamento alla tv è infatti una delle tasse più odiate e non pagate del nostro Paese. E la Rai lamenta non a caso che l’altissimo tasso di evasione sia una delle cause dei suoi travagli finanziari. Che una tassa con questa reputazione registrasse un aumento del 66%, più che una notizia “da colonnino”, sarebbe stata una notizia da dare a nove colonne. Non tanto e non solo per l’ossigeno che sarebbe arrivato nelle casse di viale Mazzini, e nemmeno per la presunta efficacia che la campagna pensata per “promuovere” il pagamento del canone avrebbe avuto, ma perché se questo fosse stato l’effetto deterrente della lotta all’evasione, allora forse l’Italia avrebbe davvero risolto i suoi problemi economici.

Se i blitz di Cortina, Milano, Sanremo e via andare, uniti ad una politica di più dura lotta contro l’evasione e ad un governo più serio e credibile sul tema avesse prodotto ed avuto come effetto un più 66% di introiti da canone, in soli due mesi, chissà cosa sarebbe successo con le prossime dichiarazioni dei redditi. Da un Paese con un reddito medio, dichiarato, al di sotto dei 20mila euro, saremmo diventati in un sol colpo un Paese che si scopre ricco. Nell’anno peggiore della crisi europea avremmo visto i redditi degli italiani lievitare forse non del 66% ma sicuramente con aumenti a due cifre. Il nostro Pil sarebbe stato il migliore del vecchio continente e il nostro debito sarebbe improvvisamente rientrato nei parametri Ue.

Viale Mazzini però, involontariamente, ci ha riportati alla realtà: non siamo diventati più onesti, semplicemente abbiamo letto male un documento. Niente di nuovo sotto il sole. Peccato, sarebbe stata davvero una bella notizia.