Catasto, la riforma e la trappola: l’anello debole dei comuni

ufficio-catastoROMA – Meglio un uovo oggi o una gallina domani? L’uomo, si sa, preferisce spesso l’uovo, il guadagno magari minore ma immediato. Ed è questa tendenza, miope, che mette a rischio o almeno muove a passo di lumaca la riforma del catasto. Per il principio dell’invarianza di gettito i comuni, che alla riforma dovrebbero partecipare e da questa guadagnare, dovrebbero a riforma avvenuta abbassare altre tasse che oggi fruttano. Rinunciare quindi all’uovo di oggi per la gallina di domani. E’ la trappola del catasto. Sono i comuni l’anello debole della riforma.

Da tempo immemorabile o quasi il tema della riforma del catasto è un tema che appassiona governi e cittadini. Da prima della scomparsa dell’Ici se ne discute e dalla reintroduzione dell’Imu, più quasi due anni fa, è tornato ad essere d’attualità. Da quando la tassa sulla prima casa è tornata ad esistere, per poi essere sospesa, sembrerebbe che nulla sia stato fatto. Ma non è così. E i titoli dei giornali di questi giorni stanno lì a dimostrarlo. E’ stata insediata una commissione, con Daniele Capezzone alla presidenza, e le regole per fare la riforma sono ormai belle e pronte. Evviva, ma la strada è ancora lunga.

Misura necessaria e giusta quella di riformare il catasto che, da tempo, è ormai incapace di fotografare la situazione immobiliare del nostro Paese. Misura persino indispensabile per correggere evidenti sperequazioni ed ingiustizie rispetto alle tasse che i proprietari di case italiani si trovano a pagare.

Misura necessaria e di buon senso quindi, e buon senso che anche nella riforma ha trovato, a tutela dei proprietari e dei cittadini che pagano le tasse, un suo posto importante. Come lo stesso ministro Fabrizio Saccomani ha spiegato, la riforma, la revisione del catasto andrà fatta ad invarianza di gettito. Ha detto il ministro: “L’obiettivo di assicurare maggiore equità nella determinazione delle basi imponibili catastali sarà realizzato attraverso la già annunciata revisione del catasto degli immobili, a invarianza del gettito complessivo che deriva dalla tassazione immobiliare”. Che tradotto significa: la revisione va fatta per rispondere ad esigenze generali di equità e correttezza della tassazione ma, aumentando il valore fiscale degli immobili, cosa che immancabilmente avverrà, per portarlo ad essere congruo col valore di mercato, aumenteranno anche le tasse che su quell’immobile si pagheranno. Ma poiché la revisione non è fatta per aumentare le tasse e spremere ancor più i contribuenti, quelle tasse come l’Imu che aumenteranno, andranno compensate con l’abbassamento di altre imposte che sugli immobili gravano. Il principio dell’invarianza di gettito.

Sacrosanto principio ma qui, volenti o meno, entrano in gioco i comuni. La collaborazione degli enti locali per la revisione dell’anagrafe immobiliare è infatti imprescindibile, ed è stata confermata dalla commissione presieduta da Capezzone. Molti comuni però sembrano restii a voler dare atto a questa collaborazione. E nonostante possa apparire follia visto che sono proprio i comuni quelli che più guadagnerebbero in termini economici da una rinfrescatina del catasto, sono proprio questi a temerla e in alcuni casi osteggiarla. I guadagni futuri sono infatti per definizione futuri, mentre le tasse che andrebbero sottoposte a cura dimagrante per rispettare l’indicazione governativa e per mantenere l’invarianza di gettito sono quelle che oggi riempiono le casse dei comuni.

Ma non c’è differenza, l’invarianza vale per i contribuenti che non devono pagare di più ma anche per gli enti locali che non devono incassare di meno si obietterà. Vero, verissimo. Ma quanti di noi rispetto all’ipotetica condizione “i soldi che oggi ti do io da domani te li da Tizio” storcerebbero il naso e cercherebbero di rimandare il momento del cambio? Probabilmente molti, specie in un momento in cui di soldi se ne vedono pochini, e le casse comunali sono da tempo alle prese con una cronica magrezza. E’ questo è l’anello debole della revisione.

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