Conte Sardagna Ferrari etc nullatenente con castello, ville, elicottero

Conte Sardagna Ferrari etc nullatenente con castello, ville, elicottero
Conte Sardagna Ferrari etc nullatenente con castello, ville, elicottero

ROMA – Una vita di stenti passata ad arrangiarsi tra ville abusive, elicotteri con tanto di insegne nobiliari, un castello e una ricca, forse inconsapevolmente ricca servitù cui intestava il tutto per non avere contatti “plebei” con quelli del Fisco. E’ la biografia fiscale appunto del conte Fabrizio Sardagna Ferrari von Neuburg und Hohenstein (quattro cognomi quattro), diretto discendente dunque della contessa Serbelloni Mazzanti vien dal Mare di fantozziana memoria a giudicare dalla rotondità del nome.

Rotondità che rivela inequivocabilmente le nobili origini del ‘povero’ conte che, di nobile, sembra proprio aver soprattutto i natali ma non certo il civismo. Neanche il minino sindacale di pudore e di onestà contributiva se le accuse, assai circostanziate, corrispondono a realtà quelle. Per il fisco era infatti il Sardagna Ferrari von Neuburg und Hohenstein nullatenente. Così si dichiarava. Niente castelli, niente ville, niente reddito ma un giardiniere e una domestica intestatari di società lussemburghesi e inglesi dal cospicuo capitale immobiliare. Dodici ville di cui sette all’Argentario, abusive manco a dirlo.

Quella del conte è una storia che sa di ‘italians’, nel senso che il novello Serbelloni Mazzanti incarna, evidentemente in versione economicamente extra large, il tipico comportamento di una evoluzione diffusa dell’italiano contemporaneo. Quell’italiano per cui la furbizia è una virtù e trovare il modo di fregare il prossimo, poco importa se questo è lo Stato, anzi meglio, un dono. E a fregare il prossimo, almeno stando a quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, il conte Sardagna deve aver dedicato più o meno tutta la sua vita. Tra l’altro, almeno sino a quando non è stato ‘beccato’, con risultati di tutto rispetto.

Il suddetto era infatti proprietario del castello di Tor Crescenza, un maniero del XV secolo alle porte di Roma, cinque ville nel Parco di Veio per un’estensione di 4000 metri quadri e altre sette ville costruite, ovviamente abusivamente, a ridosso del mare all’Argentario. Proprietà che comprensibilmente, sia in quanto nullatenente sia perché credibilmente sprovvisto del dono dell’ubiquità, il conte non sfruttava per i suoi minimi bisogni. Ma le affittava invece a celebrità o per sontuosi matrimoni di personaggi dello sport e dello spettacolo. Attività abbastanza fruttuosa se si considera che dai riscontri ottenuti dalla Guardia di Finanza, tra il 2011 e il 2014, avrebbe fruttato al nobile circa 12 milioni di euro mai dichiarati all’Erario. Oltre a 300.000 euro d’imposta municipale unica dovuta e mai versata nelle casse comunali.

Ma Sardagna eccetera eccetera era come detto nullatenente, e tecnicamente non era infatti proprietario di nessuno dei beni in questione. Ma lo erano, guarda alle volte la casualità, due suoi domestici. Provato dal duro confronto con una servitù così più fortunata del suo datore di lavoro, il conte ha poi riversato la sua frustrazione nella vita sentimentale beccandosi una condanna per stalking nei confronti della moglie, la principessa Sofia Borghese, figlia di Scipione, discendente diretto di papa Paolo V.

Da anni infatti il castello di Tor Crescenza, quello non suo, era teatro di scenate furibonde tra i due coniugi, complice un ritorno di fiamma della principessa per il suo amore adolescenziale: Francesco Maria De Vito Piscicelli, l’imprenditore balzato agli onori delle cronache per la famosa intercettazione in cui rideva nel letto pensando agli affari che avrebbe fatto a seguito del terremoto dell’Aquila. E complice l’indole irosa del conte, che tra bottiglie e bicchieri lanciati alla moglie, è stato accusato anche di aver dato fuoco al suo elicottero all’epoca usato proprio da Piscicelli. Ora al conte nullatenente sono stati sequestrati beni mobili e immobili. Un sequestro preventivo ordinato dal Gip di Roma per un valore di qualche milione di euro. Chissà come la prenderanno il giardiniere e la domestica.

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