Courmayer e Andora, terrazza e frenesia: quando gli umani se la cercano la frana

La frana di Andora
La frana di Andora

ROMA – Andora e Courmayer apparentemente hanno poco o nulla in comune. A un passo dal mare la prima, all’ombra delle montagne la seconda. Le accomuna però l’incuria e la singolare propensione dell’uomo ad infischiarsene dei rischi ambientali.

“Uomini che amano le frane, storie di come farsi male da soli”. Si potrebbero riassumere così, con questo titolo,  le due storie apparentemente lontane che uniscono il Comune ligure dove si verificò la frana che, a gennaio, invase la ferrovia facendo  deragliare un intercity, e la celebre località montana su cui incombe una frana imponente. Ad Andora, l’incuria e la negligenza dell’uomo, hanno fatto sì che una terrazza mal costruita e sorta in un punto dove non avrebbe dovuto esser nulla costruito, di fatto cadesse sulle rotaie sottostanti. A Courmayer invece l’impazienza dell’uomo fa sì che l’evacuazione preventiva di alcune case e la chiusura di alcuni alberghi invece di essere vissuta come un’attenzione venga sentita alla stregua di un sopruso.

Speriamo solo che venga giù, che lo faccia in fretta”, scrive Cristian Pellissier su La Stampa. Lo ripetono come fosse un mantra a Courmayeur, dal sindaco Fabrizia Derriard ai tecnici e ai cittadini. Sono tutti lì con le dita incrociate ad attendere il momento del crollo, a pregare che la frana del Mont de La Saxe si stacchi dalla parete. Per far uscire il paese da un incubo, e far rientrare i residenti nelle loro case. A far paura è una massa da 265 mila metri cubi che si muove sempre più in fretta. Off limits sono il villaggio di La Palud, all’imbocco della Val Ferret, dove 90 persone hanno dovuto fare i bagagli e 7 alberghi chiudere. Stare là sotto è troppo pericoloso.

All’indomani delle tragedie si parla sempre della mancata prevenzione ma, quando la prevenzione c’è, il risultato è che i cittadini si lamentano. I 90 sfollati si dicono spossati, anche perché per colpa dell’allarme frana già l’anno scorso erano rimasti fuori di casa per 44 giorni. Allora si era fermata, senza collassare. “Ci avevate detto che veniva giù già l’anno scorso, ma è ancora lì. Ridateci le nostre vite”, è stato lo sfogo dei cittadini in un incontro organizzato dal Comune. “E’ una delle poche volte che in Italia si fa prevenzione – ribatte il sindaco -, quando i soccorsi intervengono dopo un disastro si parla di angeli, ora sembriamo solo dei rompiscatole, perché facciamo uscire la gente di casa”.

Stando agli studi il collasso dei 265 mila metri cubi coinvolgerebbe solo un edificio, la casa di piazzale Retegno, di proprietà del Comune. Ai piedi del versante a rischio passa però la Dora di Ferret e si potrebbe formare una diga, con il rischio di allagamenti e interruzioni delle linee elettriche e telefoniche.

E prevenzione invece non s’è fatta ad Andora, anzi. Nella piccola località della riviera ligure, e nella storia della terrazza sulla ferrovia, si ritrovano al contrario praticamente tutti i peggiori vizi degli italiani: dalle concessioni accordate quando non avrebbero dovuto esserlo ai controlli fatti male, sino all’indifferenza di chi avrebbe potuto intervenire ed invece non lo ha fatto.

“La verità – racconta Giuseppe Salvaggiulo – è che la terrazza fu costruita ex novo nel 1994 con una concessione probabilmente illegale”. Troppo vicina infatti alla ferrovia, distante dai binari appena 18 metri quando dovrebbe essere osservata una zona di sicurezza di almeno 30. La terrazza, oltretutto, non fu nemmeno costruita a regola d’arte, ma quasi alla meno peggio. I pilastri erano stati appoggiati su una piastra di fondazione di cemento blandamente armato adagiata sul terreno. Una tecnica di costruzione buona in pianura ma sconsigliata su un ripido pendio.

Nonostante la concessione che non doveva esser data e la tecnica di costruzione approssimativa, si poteva però comunque probabilmente evitare il crollo. Esattamente un anno prima del crollo un vicino aveva notato crepe e fessure, ed aveva avvertito tutti: proprietario, comune e ferrovie. Ma il proprietario, di fronte alla prospettiva di spendere 30 mila euro, si era trincerato dietro un parere di somma stabilità redatto da un suo perito. L’unica iniziativa che viene presa è un monitoraggio della struttura, fatto in estate, che da risultati incoraggianti. Peccato che in estate, di solito, non piova.

 

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