“Sollecitata Rgs, da Ulf…”, così muore uno Stato: 204 decreti mai applicati

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Febbraio 2014 - 14:55 OLTRE 6 MESI FA

Pier Carlo Padoan

ROMA – “Sollecitata Rgs da Ulf…Il Dipto Finanze concorda con Ag.Entrate, anche Rgs è d’accordo…difficoltà applicative all’adozione del decreto…”. E’ la lingua ufficiale e per nulla morta in cui si redige l’attestato di morte di uno Stato. Nello specifico quello italiano: così muore uno Stato sommerso, sepolto, soffocato dalle sue stesse leggi e decreti che la sua stessa Amministrazione e Burocrazia non vuole e non sa applicare. Di quello che fu il governo Monti, svanito da un anno e mezzo, restano da applicare 83 provvedimenti. Del governo Letta 121 sono le leggi in cerca, chissà mai domani, di applicazione.

Il certificato di morte di uno Stato, del nostro Stato, somiglia tanto all’eredità che il ministro uscente Fabrizio Saccomanni ha lasciato al suo successore Pier Carlo Padoan: 26 fogli in formato A3 (quello maxi), divisi in 465 righe per 10 colonne. Una piccola enciclopedia che non contiene suggerimenti o indicazioni per chi è chiamato a guidare il ministero dell’Economia, ma che invece illustra tutto quello che ancora non è stato fatto. Una mappa di 465 tra decreti e regolamenti previsti dalle riforme di Monti e di Letta, di cui ben 204 sono ancora da adottare.

Scrive Fabrizio Forquet sul Sole24Ore:

“Tutti sono annotati con scrupolo: proponente, uffici coinvolti, fonte normativa, articolo, comma, titolo/oggetto, provvedimento, stato del provvedimento e infine ‘annotazioni ad uso interno’. Un portolano del passato che non è ancora diventato presente, un’ipoteca inesorabile sul lavoro del nuovo ministro dell’Economia, che prima di cominciare a fare la ‘sua’ politica, dovrà fare i conti con l’attuazione di quella dei suoi predecessori. Ecco così che quei 26 fogli scritti fittissimi, frutto anche di un lavoro apprezzabile per ordine e sistematicità dei funzionari, finiscono per essere un monumento dello Stato che non può funzionare”.

“Semplificare, attaccare la burocrazia”, sono state e sono le parole d’ordine del neopremier Matteo Renzi. Ma, in un certo senso, il primo attacco lo ha fatto proprio la burocrazia al neonato esecutivo mostrando quanto possa essere forte. Sul tavolo di Padoan misure proposte e avviate due governi fa e ancora non arrivate in porto. Bloccate proprio da quella burocrazia che è ormai indispensabile limare, ridurre, sconfiggere. E molti dei provvedimenti annotati nel faldone sono già abbondantemente scaduti: 15 dovevano essere attuati entro il 2012, 21 entro il 2013.

Per un altro decreto – scrive ancora Forquet nell’esempio più lampante di come la burocrazia e la lentezza italica possano essere fatali – l’annotazione a uso interno è la fotografia dello stallo burocratico: ‘Sollecitata Rgs da Ulf, ufficio legislativo Finanze (nota 1418 del 10 febbraio). Il Dipto Finanze concorda con l’Ag.Entrate riguardo all’opportunità di abrogare la disposizione. Anche Rgs è d’accordo. Evidenziati dagli Uffici (Ag.Entrate, Dipto Finanze, Rgs) difficoltà applicative all’adozione del decreto. Opportuna abrogazione della disposizione’. Il responso, riportato nella colonna a fianco, è inesorabile: ‘NON ATTUABILE’”.

Solo ieri mattina Renzi twittava: “Al lavoro sui dossier più urgenti”. E sempre ieri, giovedì 27 febbraio, il Parlamento ha licenziato la delega fiscale. Delega che da al governo la facoltà di mettere mano alla legislazione in materia ed esecutivo che, almeno nelle intenzioni, è animato da mille volontà di cambiamento e semplificazione.

Con la delega dovrebbero arrivare la riforma del catasto, la detraibilità degli scontrini fiscali e altre norme per combattere più e meglio l’evasione, norme sul gioco d’azzardo e diverse disposizioni che dovrebbero dar vita al “Fisco amico”, cioè rendere il rapporto tra contribuenti e fisco più semplice e meno sfavorevole per i primi di quanto non sia oggi.

In un anno, grazie appunto alla delega, il fisco italiano dovrebbe essere davvero rivoluzionato. Intanto però, nell’Italia reale, sulla scrivania del ministro al posto delle novità da introdurre, giacciono le novità ormai invecchiate e non ancora diventate legge.