ROMA – Venticinque anni, un quarto di secolo. Tanto è passato dall’ultima riforma in tema di divorzio. Era il 1987 e gli allora cinque anni di separazione necessari prima di poter accedere al divorzio vennero ridotti a tre. Oggi, nel 2012, in Parlamento si discute il “divorzio breve”: quei tre anni dovrebbero diventare uno solo, due in presenza di figli minori. Ma l’iter parlamentare è lento e farraginoso, anche perché il tema matrimonio nel nostro Paese è sempre un tema scivoloso, con maggioranze trasversali pronte a difendere “la famiglia naturale”. Questa volta però i parlamentari nostrani potrebbero essere superati e scavalcati dalla più agile normativa europea: dal 21 giugno prossimo infatti sarà possibile divorziare seguendo le normative degli altri paesi europei. Non per tutti per carità, per accedere a questa possibilità bisognerà rispondere a dei requisiti. Ma è comunque un segnale che potrebbe forse “svegliare” i legislatori italiani.
Scrive il Corriere della Sera:
C’è una data importante, il 21 giugno, che riguarda l’entrata in vigore del regolamento europeo destinato a disciplinare la separazione e il divorzio delle coppie transnazionali (cittadini di diversa nazionalità o entrambi stranieri che hanno trasferito la loro residenza in un Paese diverso) e questo regolamento consentirà ai coniugi di scegliere la legge da loro stessi ritenuta più conveniente nell’ambito predeterminato dal regolamento. Non solo, i coniugi potranno scegliere di chiedere il divorzio direttamente al giudice italiano se uno dei due è straniero o residente all’estero, o anche se entrambi italiani hanno o hanno avuto la residenza all’estero”. Insomma basterà avere la residenza in un Paese comunitario, o anche averla avuta in passato, per chiedere che sia applicata la normativa vigente in quel Paese.
Oggi, in attesa del divorzio breve italiano, sono molte le coppie del nostro Paese che si recano all’estero, soprattutto in Romania, per divorziare con i tempi e i modi di una legislazione diversa, chiedendo poi che la decisione presa dal giudice straniero venga “ratificata”, recepita e trascritta da un giudice nostrano. Con il nuovo regolamento questo non sarà più necessario, sarà infatti direttamente il giudice italiano ad applicare la normativa di un altro Paese.
Certo, come scrive sempre il Corriere della Sera, “all’ombra di questo regolamento potranno nascere e svilupparsi una serie di processi di divorzio (…) e ci saranno pure deviazioni pilotate e furbizie infinite”. Deviazioni e furbizie figlie però di una normativa del nostro Paese ormai vecchia e lontana dalle esigenze reali degli italiani. Secondo un sondaggio Eurispes di pochi giorni fa l’82% degli italiani non solo è favorevole, ma auspica un accorciamento dei tempi del divorzio. I tre anni d’attesa richiesti oggi rappresentano infatti non solo un costo economico per le coppie che scoppiano, ma rappresentano, soprattutto in presenza di figli, un limbo temporale in cui le vicende della separazione si impantanano creando dissapori e veleni. I tre anni che dovrebbero servire come “finestra” per valutare eventuali ripensamenti che quasi mai avvengono, sono nella realtà dei fatti una condanna, un peso ulteriore sulle spalle delle coppie che prendono la non facile decisione di separarsi e rifarsi, magari, una nuova vita.
In attesa che il nostro Parlamento prenda atto di questo stato di cose e avvicini la normativa alle esigenze degli italiani, almeno per qualcuno, un’ancora di salvezza arriverà, già domani, dall’Europa.