Farmaci, uno su dieci è inquinato. Mercato nero dei principi attivi

ROMA – Una confezione su dieci di medicine è tossica. Cioè il dieci per cento dei medicinali, e parliamo di quelli regolarmente venduti nelle farmacie e prodotti anche dalla più grandi case farmaceutiche, fa più male che bene al nostro corpo. Questo perché, almeno, una scatola su dieci di medicinali è inquinata da principi attivi, la base dei medicinali, prodotti in paesi come l’India e la Cina dove i controlli su questo tipo di produzioni sono pressoché inesistenti.

«Il mercato europeo è invaso per circa il 70 per cento da principi attivi che provengono da nazioni come Cina ed India, dove gli impianti sono lontani dal controllo delle autorità europee. Non è azzardato ritenere che oltre il 10 per cento dei farmaci in vendita sia composto da sostanze contaminate o comunque non pure», avverte Gian Mario Baccalini, Presidente di Aschimfarma (Federchimica), l’associazione nazionale dei produttori di principi attivi. «Di norma – spiega – un principio attivo deve essere puro al 95 per cento, ma circolano confezioni con sostanze pure solo al 70 per cento, che hanno un rischio tossicologico elevato».

I farmaci in questione, quelli che potrebbero contenere i principi attivi “low cost”, sono quelli prodotti dalla grande industria e regolarmente autorizzati dalle autorità competenti, pur contenendo i principi attivi «contaminati», presi a basso costo da Paesi, soprattutto asiatici, dove il massimo del controllo previsto sono le autocertificazioni di chi li smercia. «Il fenomeno dei principi attivi contaminati è più diffuso tra i farmaci generici», spiega Baccalini, quelli dove la concorrenza, e quindi il ribasso dei prezzi, è più aperta. Ma il pericolo è esteso a tutti i medicinali fuori brevetto, compresi quelli «griffati».

Prodotti che si contendono il mercato a colpi di ribasso dei prezzi e che sconsigliano anche le grandi multinazionali a investire per controllare i siti produttivi d’oriente. Verifiche che al contrario vengono condotte sulle molecole dei farmaci ancora coperti da brevetto, che hanno prezzi, e quindi remuneratività, ben più elevati.

Ma il mercato dei principi attivi è una sorta di terra promessa: «un euro di cocaina rende 16 euro, investire 60 euro in principi attivi ne frutta 150 mila», spiega il comandante dei Nas Cosimo Piccinno. Per arginare il fenomeno i Nas chiedono di poter costituire un corpo speciale dedicato a contrastare il fenomeno delle pillole contaminate. E, il 28 ottobre prossimo, a Bruxelles, i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa discuteranno l’approvazione del piano «Medicrime», per punire penalmente chi produce molecole farmaceutiche artefatte.

Che il fenomeno esiste però non lo denunciano solo associazioni di categoria, ma anche sequestri e morti certificano la concretezza dell’allarme. Nel 2008 un anticoagulante contaminato, l’eparina «cinese», provocò 149 morti solo negli Stati Uniti. Più recentemente, grandi quantitativi di gentamicina, principio attivo di un noto antibiotico, sono stati ritirati in Germania. In Italia, i nuclei antisofisticazione dei carabinieri, hanno sequestrato partite di mesalazina, un diffuso antinfiammatorio intestinale, anche in questo caso adulterate.

La vera arma vincente – sostiene Aschimfarma – sarebbe rendere obbligatori i controlli nei Paesi dove di fatto non esistono, finanziandoli con una tassa ad hoc sulle industrie farmaceutiche, come si fa negli Stati Uniti, e introducendo il mutuo riconoscimento con i certificati americani. Proposta «condivisibile» per il vicepresidente di Farmindustria, Emilio Stefanelli, che però avverte: «Qualsiasi novità che abbia ricadute sulla libera circolazione delle merci deve essere accettata dall’Europa, altrimenti rischiamo un richiamo». In attesa di provvedimenti, una scatola su dieci di quelle che compriamo, potrebbe essere “avvelenata”.

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