Ici e carità, Bagnasco predica bene. “I senza Dio” accusa: razzola male

ROMA – “Evadere le tasse è peccato. Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo. Non chiediamo privilegi, né che si chiuda un occhio su storture o manchevolezze. Per quanto concerne l’Ici poi, la Chiesa in Italia non chiede trattamenti particolari, ma semplicemente di aver applicate a sé, per gli immobili utilizzati per servizi, le norme che regolano il no profit. E niente auto esenzioni improprie”. Sono le parole utilizzate da Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nell’intervento d’apertura del Consiglio Episcopale Permanente dove è tornato a toccare il tema Chiesa/tasse. Parole condivisibili, parole giuste e piene di buon senso. Ma parole che hanno uno stretto legame con la realtà? Non proprio, almeno stando a quello che Stefano Livadiotti, giornalista de L’Espresso, scrive nel suo ultimo libro “I senza dio”, edito da Bompiani.

Un rapporto, quello tra Chiesa e fisco, che potrebbe venir definito “al contrario” in quanto non è la Chiesa che versa al fisco, ma il fisco che versa alla Chiesa in un singolare rovesciamento delle parti dovuto, a sentir la Curia, a ragioni di carità. Ragioni di carità che, sfogliando il libro di Livadiotti, lasciano spazio ai più prosaici e meno celestiali privilegi che Sacra Romana Chiesa ha nei secoli accumulato accreditandosi, di fatto, nel ruolo di casta più forte e addirittura più crudele. Sono i preti, i prelati e i porporati a rappresentare la casta più potente del nostro Paese, non i politici o comunque i pubblici amministratori: questa la tesi di Livadiotti.

Un libro, “I senza dio”, da leggere come un libro ma scritto con l’accuratezza di un’inchiesta. Non c’è trucco e non c’è inganno, le notizie e le informazioni raccolte dal giornalista de L’Espresso sono tutte verificate e controllate. Niente spazio per l’invenzione o per la fantasia. Non si tratta qui de “Il codice da Vinci”, che pure tanto infastidì il Vaticano. Spazio sì a qualche citazione, come quella del cardinal Consalvi, segretario di stato di Pio VII: “Napoleone non riuscirà a distruggere la Chiesa. Non ci siamo riusciti neanche noi”. Ma la parte del leone la fanno le notizie.

Notizie che smentiscono e sono in aperta contraddizione con le parole pronunciate da Bagnasco. La Chiesa non chiede sconti e non pagare le tasse è peccato. E allora perché non viene pagata l’Ici su quegli immobili vaticani che hanno solo di facciata fini non di lucro? Storia vecchia è vero. Ma Livadiotti racconta e svela fattispecie che altrettanto note non sono. Ad esempio gli immobili riconducibili al Vaticano tutti sappiamo che rappresentano circa il 25% del patrimonio immobiliare del nostro Paese. Dato ormai noto grazie ai molti servizi sul tema prodotti in occasione della reintroduzione dell’Ici. Quello che in pochi sanno è invece che il catasto di quegli immobili poco o nulla sa perché, grazie a dei “trucchetti”, difficile è risalire a chi li possiede e peggio ancora chi li abita o usa.

Ancora in tema tasse e fisco Livadiotti riporta che la Cei, proprio quella presieduta da Bagnasco, incassa ogni anno dalla Stato Italiano 31 mila 478 euro per ogni sacerdote. Sacerdote a cui però ne versa solo 10 mila 141. E gli altri? Gli altri fanno forse la stessa fine dell’8 per mille di cui appena un misero 7.6%, sempre secondo i dati raccolti ne “I senza dio”, viene realmente destinato al terzo mondo.

E poi gli insegnanti di religione, pagati da noi ma scelti da loro. Pagati dallo Stato, più degli altri insegnanti, ma scelti dal vescovo. E ancora la storia di Ratzinger che, se non fosse stato fatto Papa, sarebbe potuto finire alla sbarra in Texas, accusato di aver coperto lo scandalo pedofilia.

E ancora per la serie predicare bene e razzolare male il Vaticano, o Stato Pontificio, governato dal vicario di Cristo, ha abolito la pena di morte solo nel 2001 e ancora non ha firmato la convenzione europea per i diritti dell’uomo.

Come diceva Mark Twain “la Chiesa cerca sempre di cambiare gli altri. Non sarebbe una cattiva idea se prima cambiasse lei, tanto per dare il buon esempio”. Alla fine della lettura, un sapore aspro e amaro. Aspro come l’anticlericalismo dell’autore. Aspro e rigoroso, aspro fino a costeggiare e sconfinare nell’invettiva. Aspro come un frutto dell’intelletto sbocciato ma non maturato e rimasto acerbo. E sapore amaro nel constatare, aspro Livadiotti alla mano,  che spesso la Chiesa predica bene ma “razzola” non altrettanto, anzi razzola male.

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