Luciano Franceschi, l’ammazza banche: “Armatevi, siate spietati e W San Marco”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 12 Febbraio 2013 - 14:49| Aggiornato il 21 Giugno 2022 OLTRE 6 MESI FA

PADOVA – A forza di parlar di fucili qualcuno alla fine gli ha dato retta, anche se ha preferito un calibro più discreto come il 7.65. E’ questa la storia di Luciano Franceschi. Una storia in apparenza “normalmente” tragica, si limitasse ai soli problemi economici di un imprenditore e ai suoi difficili rapporti con le banche. Ma in questa di storia c’è di più: c’è l’indipendentismo veneto o comunque del Nord da Franceschi professato, e soprattutto ci sono i due proiettili da Franceschi sparati nella pancia del direttore di banca con cui stava ridiscutendo il fido. A parlar di armi e secessione, ad additare le banche come uniche e sole responsabili della crisi e come le affamatrici del popolo non sempre, ma a volte, si rischia di vedere l’odio citato in colpi sparati.

Cinquantatrenne commerciante, ma soprattutto “vedovo, cristiano e indipendentista veneto” come si autoproclama su facebook, è questo l’identikit di Luciano Franceschi. Il folle che ieri (11 febbraio) ha sparato due colpi nella pancia del direttore della sua banca. Sua nel senso della filiale con cui intratteneva rapporti e che, cosa più importante, gli aveva concesso un grosso fido e con cui aveva, di conseguenza, un altrettanto e forse più grosso debito. Un gesto più che premeditato, tanto che era stato in qualche modo annunciato sul social network. Aveva postato, Franceschi, domenica sera un nuovo stato: “E’ ora!!! Armatevi (e non solo di buona volontà e sacrificio) e seguitemi!!!! E siate spietati!!!! Forse moriremo o forse diventeremo uomini liberi. Comunque vada, almeno non rimpiangeremo ogni giorno ogni notte questo giorno fino al letto di morte di non averci provato. W San Marco”.

Sproloquio folle di un altrettanto folle uomo. Di un uomo che “ruba” parole e concetti al Braveheart di gibsoniana memoria per giustificare e ammantare di significato quella che in realtà è più una rapina che un atto di ribellione. Aveva chiesto, l’indipendentista, un fido di 300 mila euro alla sua banca. Fido concesso in quanto commerciante e, per chi non lo sapesse, non è inusuale che questa categoria di lavoratori abbia presso le banche grossi scoperti, necessari a far fronte alla spese in attesa dei pagamenti. Ma fido significa debito, significa che se la banca concede 300 mila euro di scoperto, prima o poi li rivuole e quello scoperto va coperto. Forse a causa della crisi Franceschi voleva rinegoziare le condizioni di quel prestito, anche se i suoi compaesani dicono che non sembrava particolarmente in difficoltà.

Come che sia Franceschi è andato presso la sede del Credito Cooperativo di Campodarsego, evidentemente non solo per rinegoziare visto il post di facebook e vista la pistola in tasca. E’ andato e a chiesto di parlare con il direttore. Raccontano le cronache che non era la prima volta, e che l’odio di Franceschi per le banche “era ormai ingestibile”. E’ salito così al secondo piano, nell’ufficio del direttore e, in poco tempo, il volume della conversazione è uscito dai toni civili. Cosa chiedesse Franceschi, e cosa il direttore gli ha risposto, le cronache non lo raccontano. Ma l’esito della conversazione sono stati due colpi sparati a bruciapelo. Per uccidere. Il direttore, dicono i medici, è grave ma stabile. Così l’accusa con cui Franceschi è stato fermato, senza opporre resistenza ma senza fornire spiegazioni per il suo gesto, è di tentato omicidio.

Da bravo indipendentista veneto Franceschi era, come racconta il Corriere della Sera, sempre in prima fila nelle manifestazioni contro Equitalia, assolutamente deciso a non riconoscere l’autorità dello Stato Italiano e fan dei Serenissimi che assaltarono il campanile di San Marco nel 1997. Amante dei soldi, quando sono i suoi, e acerrimo nemico di questi quando diventano capitale in mano alle banche. Propugnatore dell’ammazziamo le banche, fino a reificare la protesta in pistola. Un identikit non particolarmente raro, anzi abbastanza diffuso specie in certe provincie del Nord, eccezion fatta per gli spari finali.

Pistola 7.65 che, regolarmente detenuta, non sarà forse uno dei milioni di fucili da Bossi evocati per difendere il Nord. Fucili e armi pronte ad esser prese e più volte sbandierate dall’ex leader della Lega, e soprattutto tanto amate dalla retorica nordista che dal partito di Maroni gronda ma che non solo da lì nasce. A seminar vento si raccoglie tempesta, soprattutto se chi ascolta non brilla per intelligenza e raziocinio.