ROMA – Martina Levato, tramite i suoi avvocati, ha fatto sapere che vuole andare da Don Mazzi. Non è proprio che l’abbia solo fatto sapere, i suoi avvocati l’hanno ufficialmente richiesto ai magistrati. Fanno gli avvocati, è il loro mestiere, e con arguzia e intuito hanno capito che dell’acido scagliato a deturpare a vita esseri umani nessuno parla più mentre si parla solo di una mamma e del piccolo Achille. Hanno fiutato il vento gli avvocati e hanno intravisto una via per ottenere ciò che giudiziariamente Martina Levato neanche lontanamente merita: una sorta di detenzione domiciliare.
Ci stanno provando, ci provano gli avvocati e Martina Levato. Ma ora esagerano. Anche se Don Mazzi fa loro da sponda. Il sacerdote non solo si dichiara disposto ad accogliere nella sua comunità la Levato e il piccolo (ci mancherebbe, fa parte integrante della missione cristiana e in particolare di quella di Don Mazzi). Don Mazzi va oltre, molto oltre ed elabora una sorta di giurisprudenza del perdono assicurato e incorporato. Dice “Non credo alla cattiveria…questa donna e il suo bambino devono crescere insieme”.
Poiché non risulta ancora esista in Italia un sommo grado di giudizio amministrato dai ministri del culto, la perorazione di Don mazzi, se accolta, si tradurrebbe in una scarcerazione di fatto della Levato. Scarcerazione per una donna non solo condannata per crimine violento e odioso ma anche ritenuta da tutti i magistrati che hanno avuto contatti con lei socialmente pericolosa.
In più c’è qualcosa di malamente, volgarmente opportunista nella richiesta di andare tutti da Don Mazzi. La richiesta marcia letteralmente sulla pelle di un neonato. Si prova ad usare la pubblica compassione per un neonato come foglio di scarcerazione per la mamma. Chi scrive ha sostenuto che non potesse essere negato al piccolo Achille il contatto fisico con la madre. Anche e soprattutto in attesa di eventuale adozione. Chi scrive ha sostenuto che l’adozione non era incompatibile con il concedere al piccolo il sorriso della mamma naturale. E si è constatato come Martina Levato e Alexander Boettcher siano con tutta probabilità inadatti alla genitorialità. E si è ipotizzato che forse la soluzione stia nell’adozione da parte dei nonni. Soluzione…in un quadro in cui nessuna decisione è quella perfetta e giusta.
Dunque benvenuta la prima decisione giudiziaria, anche se un po’ pilatesca, di consentire il contatto mamma-figlio. Un po’ pilatesca perché non diceva dove questi contatti, eludendo quindi la questione della carcerazione di Martina Levato. Ora, ora che la detenuta e i suoi avvocati esagerano, è tempo di un pronunciamento dei magistrati netto e chiaro che ponga fine al tentativo di esser scarcerati per sopravvenuto neonato. Tentativi che possono essere messi in atto solo nell’habitat dove regna una pubblica opinione che fluttua e si gonfia ad ogni vento, passando in pochi giorni dalla ferocia della galera dura e togliamole pure il figlio per punizione al lassismo mammone benedetto dal parroco.