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D’Alema: con le case del Pd sfrattiamo…Renzi. M5S: pagateci i debiti Unità

di Emiliano Condò |25 Maggio 2015 12:34

Massimo D’Alema e Matteo Renzi

ROMA – Renzi, D’Alema e i debiti dell’Unità. Ovvero la strana storia di come il mega buco di quello che fu il quotidiano del Pci, potrebbe tornare utile alla causa della rottamazione. La storia è quella, antica, delle scissioni e dei distinguo interni alla sinistra e, più precisamente, al Pd.

Fuoriuscito Pippo Civati, e con una minoranza buona più a far rumore che altro, raccontano le indiscrezioni che sia stato il vecchio (e mai ‘pensionato’) Massimo D’Alema ad assumere l’onere dell’opposizione al segretario-premier e, evidentemente per questo, si è sentito in dovere di garantire i suoi spiegando che il patrimonio immobiliare di quelli che furono i Ds, e di cui ha le chiavi, è tale da poter “in qualsiasi momento” mandare a casa il toscano premier. Peccato che, proprio pochi giorni fa, i 5 Stelle abbiano presentato un’interrogazione per chiedere lumi sulla vicenda Unità, e chiesto che a pagare i debiti del quotidiano fondato da Gramsci siano non le casse pubbliche, ma quelle del Pd vista anche la sua ricchezza immobiliare. E il governo ha dato parere positivo.

Facciamo un passo indietro. L’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci e da qualche tempo non più in edicola, fallendo ha lasciato dietro di sé una serie di conti da saldare. Una vicenda divenuta particolarmente nota anche per il risalto mediatico avuto del pignoramento di alcuni beni dell’ex direttrice del quotidiano, Concita De Gregorio, portati via proprio per quel debito.

Un buco che, come racconta Jacopo Iacoboni su La Stampa, “tre decreti ingiuntivi del tribunale di Roma (citati dall’interpellanza parlamentare) quantificano in 95 milioni di euro”. Debiti che, secondo il tribunale, dovrebbe saldare il governo, che era garante del debito dei Ds. Ma, è la domanda posta dai 5Stelle, se gli ex Ds hanno un patrimonio immobiliare che Report ha stimato in 500 milioni di euro e altri valutano sino a quasi 2 miliardi, perché non pagano loro?

Intanto, forse all’oscuro di ciò, come scrive Iacoboni, “qualche sera fa, nel suo entourage, Massimo D’Alema, oltre a definire Matteo Renzi ‘un giovanotto’, ha fatto un riferimento molto sicuro di sé al patrimonio immobiliare degli ex Ds, una potenza economica con la quale potrebbero decidere ‘in qualsiasi momento’ quando mandar via il fiorentino: 1800 sedi in palazzi e case storiche anche (non tutte) prestigiose, per un valore complessivo da lui stimato attorno ai due miliardi. Soprattutto, 1800 sedi che – in più della metà dei casi – sono i padroni di casa materiali dei circoli del Pd. Il quale Pd paga o (a volte) non riesce a pagare il canone, qualcosa come due milioni di euro all’anno complessivi di affitto. Insomma, è come se Matteo Renzi avesse messo le mani sul software del Partito, ma non ne controllasse né la potenza di fuoco economica, né le case: cioè l’hardware, rimasto nelle mani sapienti del vecchio Massimo e di Ugo Sposetti. Che possono sfrattare il Pd, e qualche volta già lo stanno facendo (sia pure in dosi omeopatiche, per ora)”.

Da una parte quindi L’Unità, il quotidiano che non c’è più, i lavoratori a spasso, un patrimonio dilapidato e 100milioni di euro di debiti. Dall’altro una fetta (a parole ampia, a voti meno) del partito che proprio non digerisce il giovane segretario-premier che trova, nel vecchio leader D’Alema, quello della Bicamerale con Berlusconi, l’ultimo interprete di questo dissenso, e il patrimonio immobiliare che D’Alema, proprio in virtù della sua ‘vecchiezza’ all’interno del partito, è in grado di manovrare. Anche per buttar giù il segretario-nemico.

In mezzo, il governo ed il premier, che forse anche un po’ per caso potrebbe aver trovato la soluzione a due problemi in un’unica mossa. “Il governo – racconta Iacoboni -, rispondendo all’interpellanza con il sottosegretario Benedetto Della Vedova, s’è mostrato sostanzialmente d’accordo coi cinque stelle; di più: è ben contento di questa loro domanda. In un testo redatto dal Dipartimento per l’editoria di Palazzo Chigi – guidato dal sottosegretario Luca Lotti – il governo dice che ‘la presidenza del Consiglio, con l’ausilio dell’Avvocatura generale dello Stato e il supporto dell’Agenzia delle entrate, è impegnata ad accertare la consistenza del patrimonio immobiliare facente capo ai Ds’. Questo ‘anche al fine di valutare se sia ancora possibile esercitare, in via cautelativa, azioni revocatorie di tale patrimonio immobiliare nell’interesse dell’amministrazione’. Traduzione: Lotti sta preparando strumenti per capire se può rivalersi (in tribunale?) sui Ds (leggi: il tandem D’Alema-Sposetti) per i debiti del partito e dell’Unità”.

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