Matteo Salvini: la Lega va “a prendere a casa e a calci in c..”. Chi? La libertà

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 16 Dicembre 2013 - 16:28 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Salvini (Lapresse)

Matteo Salvini (Lapresse)

TORINO – Riscopre la sua anima genuina e primigenia la Lega, anzi la nuova Lega targata Matteo Salvini.E in più ci aggiunge una esplicita e dichiarata identità “manesca”, sì proprio nel senso di menare le mani, bastonare, picchiare se occorre e non solo in senso metaforico.

“Il futuro è l’indipendenza” recita il nuovo slogan che riporta in auge un antico e a volte dimenticato cavallo di battaglia del cosiddetto popolo padano. Ma il nuovo corso leghista è caratterizzato, anche e soprattutto, dai toni  violenti e maneschi del neosegretario. Uno per tutti, regalato di fresco alle tv: “Quando arrivano i Forconi Padani gli facciamo un mazzo così!”. Con tanto di gesto ad indicare cosa significhi “un mazzo così”. Toni buoni per cercare di recuperare qualche consenso tra i tanti persi nell’ultimo periodo. Ma toni che per dirla franca sono genuinamente squadristeggianti. Che Salvini sappia o non quel che dice, è un fatto che dice, predica e canta della violenza politica organizzata.

Il suo dire è infatti tutto un “hanno rotto i coglioni” (i giornalisti). E fin qui…ormai è una moda. Minacciare i giornalisti non amici fa ormai parte del “machismo” politico. Faceva parte, non ha mai smesso di far parte del bagaglio culturale e governativo delle milizie in camicie dal vario colore, ma ormai nessuno o pochissimi sembrano rendersi davvero conto di quel che significa il “faremo uscire  a calci in culo” i giornalisti privi di “obiettività morale” (sempre Salvini dixit, parole sue su musica che sembra di Grillo). Dopo i giornalisti, gli avversari politici: “coglioni”. E infine più in chiaro: “Chi attacca la nostra gente, chi arresta un nostro sindaco deve avere paura, lo andiamo a prendere a casa”. Squadristeggiante senza dubbio volendo concedere il beneficio del dubbio. La lettera, il Salvini alla lettera, il “li andiamo a prendere a casa” è squadrismo classico.

I nemici indicati dal neoeletto Salvini nel suo primo discorso “ufficiale” al Lingotto di Torino sono i più classici. Primo fra tutti l’euro, “crimine contro l’umanità”, e poi i giornalisti. A tentare di smorzare i toni, in un ruolo per lui assolutamente inedito, Umberto Bossi: “Senza l’euro torneremo alla lira e ad un centralismo ancor peggiore”.
Il discorso di Salvini è però principalmente un discorso di cuore e di pancia più che di testa. Si procede per slogan più che per programmi. La necessità di recuperare almeno parte del terreno perso dal Carroccio è infatti pressante e le scadenze sono terribilmente vicine, amministrative ed europee sono dietro l’angolo. Così, “visto che la prudenza non paga”, il neosegretario punta ad infiammare la platea e ad attirare consensi solleticando istinti non nobilissimi.
I giornalisti? “E’ ufficiale, hanno rotto i coglioni”. E dal prossimo appuntamento padano “chi dimostra obiettività morale entra. Gli altri possono uscire a calci in culo”. Una riedizione del grillino “chi scrive quello che vogliamo è bravo e ammesso mentre chi critica, a prescindere da torto o ragione, è fuori”.
E Salvini si dimostra bastonatore non solo nei confronti dei tanto odiati giornalisti, ma riserva una “sana” dose di violenza anche ad altri obiettivi, Parlamento compreso. “Se a Roma provano a portare in discussione l’indulto o l’amnistia, non escono da Camera e Senato”,
Anche magistrati e forze dell’ordine, a sentire il neosegretario, non possono e non devono stare tranquilli: “Chi attacca senza motivo la nostra gente, chi arresta un nostro sindaco – e qui il riferimento più immediato è al sindaco di Adro, finito nei guai giudiziari per allegra gestione dei soldi pubblici ma ricca è la storia e nutrita è la galleria di amministratori padani “attenzionati” dai magistratti – deve cominciare ad avere paura: lo andiamo a prendere a casa”.
Ad elezione ratificata arriva poi l’ultima promessa, l’ultima sparata di Salvini: “Se la Lega sarà la Lega arriveremo al 10% e sarà la rivoluzione”. In una sorta di riavvicinamento almeno dialettico con l’alleato di sempre o quasi Silvio Berlusconi.
Ma se come ha illustrato anche il premier Letta in Parlamento la critica è legittima, quello che stupisce delle parole di Salvini sono i toni. Toni violenti, “da bullo” li definisce il Corriere della Sera. Promettere che i giornalisti non allineati saranno cacciati a “calci nel culo”, minacciare deputati e senatori di “non uscire” dal Parlamento se faranno cose che alla Lega non piacciono e annunciare che magistrati e forze dell’ordine che avranno a che fare con i leghisti saranno “andati a prendere a casa”, porterà probabilmente qualche voto alla Lega del nuovo corso. Ma sono parole che, seppur efficaci in campagna elettorale, vanno “a prendere a casa per prenderla a calci in culo” la libertà degli altri, la libertà di tutti.