Dieci medaglie sul fronte Afghanistan svelano la guerra degli italiani

Forze armate italiane in azione in Afghanistan (Lapresse)

ROMA – La guerra c’è, ma non si vede. E’ la realtà che arriva di rimando dall’Afghanistan, paese in cui i soldati italiani sono impegnati in missione di peace keeping. Ufficialmente i militari italiani sono lì non per fare la guerra, ma per garantire la pace. Graziosa locuzione necessaria a che il Parlamento votasse il via libera alla missione ma che, sul campo, non ha alcun senso. E ad ennesima dimostrazione di come la realtà afghana sia una realtà di guerra è arrivata la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle medaglie e delle decorazioni assegnate ai soldati italiani distintisi in azione, ovviamente di guerra. Un resoconto “segreto”, quasi accidentale, delle azioni militari, con relativi feriti, di cui in Italia non si era avuta pressoché notizia.

Il 23 luglio 2009, a Parmakan, tra le montagne settentrionali dell’Afghanistan, si registra un’imboscata a un convoglio italiano della Folgore. Il caporalmaggiore Stefano La Mattina è il mitragliere di bordo. Il suo compito è pericolosissimo, deve stare con il busto fuori dal blindato, e viene gravemente ferito a un braccio, ma “a rischio della propria vita, sotto intenso fuoco, utilizzando il braccio ancora abile, proseguiva il tiro riuscendo a respingere l’attacco”. Medaglia d’oro.

Un mese prima, nell’area di Bala Murghab, i paracadutisti devono conquistare un’altura. Si combatte per 48 ore di fila. Il tenente Lorenzo Ballin con la sua compagnia conquista l’area. “Nelle ventiquattr’ore successive, a seguito di ulteriori attacchi, il suo posto di osservazione veniva colpito e severamente danneggiato. Benché gravemente ferito, proseguiva nell’azione di contrasto, continuando a impartire disposizioni”. Medaglia d’argento.

Parlare di guerra segreta non si può, che in Afghanistan si combatta è sotto gli occhi di tutti, almeno di chi vuol vedere, ma questa strana guerra la si può certamente definire “ufficiosa”. Già, perché ufficialmente lì la guerra non c’è, altrimenti i nostri non si sarebbero mossi. La guerra non c’è ma noi andiamo con l’esercito, gli elicotteri d’assalto e i mezzi blindati. Singolare. Ma la burocrazia ha le sue vie e, per decorare i soldati che si sono distinti in azione, bisogna che il fatto, con le motivazioni, venga pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. La stessa su cui vengono pubblicate le leggi. E così si apre uno squarcio nell’ufficiosità e la guerra viene riconosciuta anche dallo Stato che altrove la nasconde o la maschera.

Gli episodi, come le medaglie e le battaglie sono molte, Lunghe, dure e cruente. Alcuni scontri vanno avanti per giorni. Così va anche all’avamposto di Bala Baluk. Durante uno scontro durissimo che dura cinque ore, il capitano Gianluca Simonelli accorre a soccorso di un gruppo di commilitoni. “Benché ferito, in condizioni di estrema difficoltà ed esponendo la propria vita a manifesto rischio, continuava in prima persona a impartire le disposizioni che consentivano d’infliggere gravi perdite all’avversario”. Medaglia d’argento anche per lui.

Preziosi, e medagliati, si rivelano gli elicotteristi. A bordo dei “Mangusta”, che sono terribili cannoniere volanti, vengono chiamati a soccorso delle forze di terra. Il colonnello Marco Centritto merita una medaglia d’oro a Bala Murghab. “Alla guida dell’aeromobile, benché colpito dal fuoco avversario, con manifesto rischio della propria vita completava le missioni”. E’ il suo continuo supporto di fuoco che permette ai paracadutisti di uscire vivi da quattro giorni ininterrotti di guerriglia, tra il 10 e il 14 giugno 2009.

Medaglia d’argento anche al tenente colonnello Andrea Ascani che accorre a salvare un posto di polizia. “Manovrava a bassa quota per identificare con certezza la minaccia, evitando di coinvolgere nell’azione truppe amiche e civili presenti nell’area. A rischio della propria vita, benché fatto segno a fuoco e con il proprio elicottero colpito, proseguiva nell’azione riuscendo a neutralizzare gli elementi ostili”.

Una medaglia anche al maggiore elicotterista Stefano Salvadori che “con sprezzo del pericolo manovrava a bassa quota per identificare la minaccia. Benché l’aeromobile fosse stato colpito, proseguiva con efficacia l’azione”. Accade a Tshin e Afghani il 28 agosto 2009.

Il colonnello Marco Tuzzolino, comandante del 183˚ reggimento paracadutisti, ha avuto la medaglia d’argento per la riconquista di un posto di frontiera a Morichak. “Conduceva personalmente un elisbarco ad altissimo rischio”. A cui sarebbe seguita una battaglia durata 48 ore..

E ancora il maresciallo incursore Marco Sponziello che, assieme alle forze afghane, si muove per catturare un capo taleban. Sponziello si distingue “agiva in modo rapido e risoluto disarmando e, successivamente, immobilizzando un individuo sospetto, senza ricorrere all’uso delle armi”.

Il caporalmaggiore Floro Guarna invece, coinvolto in un ennesimo scontro a fuoco a Bala Baluk, “gravemente ferito, incurante del dolore, organizzava con perizia e coraggio il ripiegamento della squadra… e solo dopo aver assolto il compito, stremato, si accasciava”. Un altro caporalmaggiore poi, Andrea Mancino, si trova in servizio di scorta a un’autocolonna quando vengono attaccati dalle parti di Akazai. Sulla strada c’è un camion messo di traverso. “Scendeva con esemplare sprezzo del pericolo dall’automezzo protetto e si poneva alla guida di un camion civile”.

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