Medjugorje, processo in Vaticano. Francesco: “Madonna non è capo ufficio Poste”

http://ww.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/pontifex-radio-maria-livio-fanzaga-madonna-medjugorie-1161928/ROMA – “La madonna non è il capoufficio delle poste”. Come ormai d’abitudine, con il suo stile poco ortodosso, Papa Francesco entra nel merito della questione Medjugorje. Finito il lavoro della commissione internazionale presieduta dal cardinale Camillo Ruini, l’esame passa ora alla congregazione della dottrina e della fede ma, sulle apparizioni mariane nella cittadina dell’Erzegovina, la Chiesa si trova di fronte ad una decisione non semplice. Da una parte i milioni di fedeli che ogni anno con i loro pellegrinaggi alimentano conversioni (e anche un fiorente mercato) e, dall’altro, tutti i dubbi che intorno alle presunte apparizioni rimangono. Una su tutte: quarantamila apparizioni non sono un po’ troppe, un po’ troppo a misura di esigenze terrene più che celesti?

“La Madonna è Madre! – ha detto Bergoglio – E ci ama a tutti noi. Ma non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni”. “Queste novità – ha affermato il Papa – allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo, allontanano dalla pace e dalla sapienza, dalla gloria di Dio, dalla bellezza di Dio”. Perché “Gesù dice che il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione: viene nella saggezza”.

La decisione della Chiesa sul fenomeno di Medjugorje si avvicina inevitabilmente. La commissione d’inchiesta nominata nel marzo 2010 e presieduta dal cardinale Ruini ha infatti concluso i suoi lavori. Padre Federico Lombardi ha confermato che venerdì scorso si è svolta l’ultima riunione della commissione e ora,  “come previsto, l’esito dello studio verrà sottoposto alla Congregazione per la dottrina della fede”, guidata dal prefetto Gehrart Müller.

Ma qual è la storia di questa sperduta località divenuta famosa? E’ una storia cominciata più di 30 anni fa, nel 1981, quando per la prima volta alcuni “veggenti” dissero di aver assistito ad un’apparizione della Madonna. Da allora le apparizioni continuano. Dei sei veggenti del giugno 1981, all’epoca bambini o ragazzi, tre assicurano di avere ancora oggi l’apparizione quotidiana della “Regina della pace”, sempre alla stessa ora del pomeriggio e in qualunque luogo essi si trovino: sono Vicka (che abita a Medjugorje), Marija (che vive a Monza) e Ivan (che risiede negli Stati Uniti ma torna spesso in patria). Una quarta veggente, Mirjana, ha un’apparizione ogni mese, il giorno 2, mentre gli ultimi due ex ragazzi di Medjugorje hanno un’apparizione una volta all’anno. Con una stima a spanne, prendendo per buone le parole dei “veggenti”, fa un totale di circa 40mila apparizioni dall’81 ad oggi. Obiettivamente tante, forse troppe, certo abbastanza per far dire al Papa che la Madonna non è un postino.

Il vescovo di Mostar, Ratko Peric, sotto la cui giurisdizione ricade Medjugorje, è notoriamente scettico sul fenomeno, come lo era il suo predecessore. Mentre sullo sfondo c’è pure l’annoso problema dei rapporti tra clero diocesano e frati francescani in Erzegovina al tempo delle apparizioni. Tra le soluzioni ventilate nel recente passato c’era quella di ripristinare l’antica diocesi di Trebinje, per sottrarre Medjugorje al territorio di Mostar, come pure la possibilità di creare un santuario mariano affidandone la gestione a un rettore proveniente dall’esterno. Ma la questione di fondo è però un’altra: come fare a scontentare i milioni di fedeli che affollano Medjugorje?

“Mi pare sia stato Bertrand Russell – scriveva Leonardo Sciascia in un testo inedito pubblicato da Repubblica – a dire che tutta la filosofia occidentale non è che un’annotazione in margine a Platone e così è anche per il problema dell’ateismo che si è invece portati a considerare abbia avuto dibattito e definizione prevalentemente nel secolo XVIII. Ed è certo che quantitativamente in quel secolo il problema è stato maggiormente agitato e si potrebbe anche dire propagandato, ma in definitiva pochissimo è stato aggiunto allora e fino ad ora, all’analisi di Platone. Si tratta, insomma, di annotazioni in margine, propriamente. (…) Platone considera tre forme di ateismo: primo, la negazione della divinità; secondo, la credenza che la divinità esista, ma non si curi delle cose umane; terzo, la credenza che la divinità possa essere propiziata con doni e offerte. Di queste tre forme di ateismo, le prime due, corrispondenti approssimativamente al materialismo e allo scetticismo, si possono dire di ateismo filosofico, anche se Platone riconosceva come tale soltanto la prima, considerando di volgare pregiudizio le altre due. (…) Ma quella terza forma di ateismo che Platone considera come la più pericolosa e malvagia che si potrebbe dire l’ateismo del credente in Dio, l’ateismo pratico, l’ateismo attivo; tenendo presente che sto parlando di credenza religiosa e di credenza atea nel mondo nominalmente cristiano, per capire che anche se le chiese cristiane hanno sempre indicato l’ateo filosofico come il vero e pericoloso nemico, effettualmente siamo di fronte a una mistificazione alquanto simile a quella cui ricorrono le tirannie quando impotenti al buon governo e mancando alle loro stesse promesse, per coloro che tengono in soggezione, creano ed indicano il nemico esterno”.

In parole povere un ateismo mercificato, un ateismo in cui l’ipotetico credente o non credente si rivolge al divino con la logica del do ut des, prego per avere questo, accendo un cero per avere quello e via dicendo. Una sorta di religiosità ministeriale, molto diffusa, secondo l’analisi di Sciascia, specie in Italia. Ma ovviamente non solo.

Qualche secolo fa, un futuro re di Francia, disse: “Parigi val bene una messa”. Oggi, un postino, varrà milioni di pellegrini?

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