BERLINO – Dall’elmetto chiodato a paladina dei diritti. Da arcigna ziastra a “mamma Merkel” come la battezza sul Sole 24 Ore Attilio Geroni. Addio all’immagine della Cancelliera con l’elmo chiodato come nota e sintetizza Bernardo valli su La Repubblica. E’ la parabola che la cancelliera Angela Merkel, e con lei la Germania, hanno percorso nel giro di poco più di una settimana. Da intransigente contabile e strenuo difensore dell’austerità in economia, a statista capace di decidere di accogliere un milione di profughi, in virtù del ruolo di Paese leader e ricco. Un cambiamento notevole non solo nel passaggio da un ruolo all’altro, ma ancor più se confrontato con le politiche dei colleghi europei: con l’Inghilterra che pensa di chiudere le frontiere non solo ai migranti, ma anche agli europei, e, solo per citare alcuni casi, con l’Ungheria che costruisce muri e la Repubblica Ceca che marchia i migranti, bambini compresi.
Germania, Germania…come nota Danilo Taino sul Corriere della Sera è diventato il grido di speranza dei profughi di guerra siriani ammassati, spintonati, rifiutati, schifati nella stazione ferroviaria di Budapest. Germania, Germania…grido di rivendicazione e già di riconoscenza. Germania come meta della fuga e anche come esempio. Germania come l’unica Europa vera che c’è degna di questo nome. Germania che si carica sulle spalle i profughi di guerra mentre Londra gioca al via gli stranieri, Parigi trema e tentenna, Budapest, Praga e anche Varsavia mostrano di essere ancora figli di una storia aguzza di pogrom e lager e piatta di convivenze tra popoli ed etnie.
E mentre la Cancelliera, considerata da molti e a lungo la ‘cattiva’ d’Europa, mostra ai partner europei cosa voglia dire far politica nel senso più profondo del termine, la Germania diventa per questo ancor di più la ‘terra promessa’ di molti profughi. A partire dai siriani (sono loro colori i quali a cui la Merkel ha aperto le frontiere) bloccati a Budapest. Nella capitale magiara gridano: “Shukran Merkel” (grazie Merkel) mentre, nella stessa città ma nei palazzi del potere, sono i leader ungheresi a dire esattamente il contrario accusando lei di essere la responsabile del disordine, del flusso migratorio e in generale del problema migranti che il paese si trova ad affrontare.
“Era l’incarnazione di un paese opulento che esigeva l’ austerità – scrive Bernardo Valli su Repubblica -, il rigore necessario per aggiustare i conti ma anche origine di disoccupazione e di povertà. Era la paladina di una disciplina teutonica poco adatta al clima mediterraneo. Per questo era temuta, detestata e insultata, in particolare nella Grecia indebitata. La sua immagine è mutata nello spazio di un fine stagione, mentre gli occidentali rientravano dalle vacanze e sull’Unione europea, che cominciava a respirare dopo una crisi economica di anni, si è abbattuta una nuova calamità: la tragedia più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale. La più sconvolgente dalla nascita di una elaborata, generosa quanto incompleta, intesa in un continente rissoso da secoli. L’immagine di Angela Merkel è mutata rapidamente. Non le si rimprovera più il carattere severo, caricaturato con l’elmo chiodato, ma un cuore troppo tenero. In un Parlamento europeo, il rappresentante del governo meno democratico dell’Unione, quello ungherese, l’ha accusata di essere all’origine del caos che regna nella stazione di Budapest, dove la polizia stenta a contenere i profughi siriani ansiosi di raggiungere la Repubblica federale tedesca. Angela Merkel si è infatti impegnata ad accogliere in Germania ottocentomila rifugiati siriani. Una cifra esorbitante. Pari all’uno per cento della popolazione tedesca. Quattro volte i profughi accolti nel 2014. Con questo impegno la cancelliera è diventata il leader politico e morale d’Europa”.
Un esempio più unico che raro quello della Merkel nell’Europa di oggi. Quell’Europa che è nata proprio per difendere e in nome dei diritti universali dell’uomo e che, in larga parte, di quei diritti se ne infischia. Le già citate Ungheria e Repubblica Ceca, con i muri e con i numeri sulle braccia, ma non solo loro. E’ infatti, di fatto, nato un blocco anti-immigrati, costituito per lo più dai paesi dell’Est e del Nord Europa che hanno già anche un loro appuntamento (il 4 settembre a Varsavia) per discutere il da farsi.
Ma con gli altri, compresi i Paesi dalla grande tradizione democratica, che non sono poi su posizioni molto diverse, a partire dal citato caso della Gran Bretagna ma con Francia e Spagna (ma anche Italia), su posizioni molto più chiuse rispetto alla Germania. E’ vero, come rilevano gli analisti politici, che in molti casi i leader di diversi paesi, seppur democratici o magari socialisti con il francese Hollande, devono tener conto dei movimenti conservatori-razzisti che rischiano di sfondare alle elezioni. Resta però che è la Merkel l’unica ad aver avuto il coraggio di dire ai suoi elettori chiaro e tondo qual è la linea che non si passa: non si chiude la porta a chi scappa da una guerra. Perché è giusto e perché conviene: il prezzo di lasciar morire sulla soglia di casa è una pestilenza civile e morale che aggredisce i padroni di casa. La Merkel lo sa e quindi governa di conseguenza. Gli altri leader politici d’Europa, al netto di qualche coerente xenofobo che è tra loro, hanno troppa paura di saperlo.