Overshoot day: Terra in rosso. Ci mangiamo il pianeta e non ce ne frega nulla

terraROMA – Il nostro pianeta, la Terra, ha per quest’anno già finito al 20 di agosto le risorse che ogni anno produce. Le abbiamo consumate e ne consumiamo di più, di più, di più… E a nessuno  importa nulla. si fa, facciamo tutti, governi e soprattutto cittadini di ogni paese e latitudine e cultura, come se niente fosse. Faremmo la stessa cosa se consumassimo più antibiotici di quanti se ne producono? O bevessimo più acqua di quanta ne arriva al supermercato e al rubinetto? Sì, amaramente faremmo e faremo la stessa cosa, almeno fino a quando in farmacia non diranno: l’antibiotico per suo figlio non c’è, è finito o fino a quando al supermercato di acqua minerale non ne venderanno più e quella del rubinetto sarà razionata ad ore.

Ogni anno, e ogni volta sempre prima, arriva un giorno dell’anno in cui scopriamo che abbiamo consumato le risorse che il nostro pianeta era in grado di fornirci e che vivremo i mesi restanti “a debito”. E ogni anno, puntualmente, la notizia rientra al massimo tra le curiosità di giornata e nel giro dei pochi minuti di lettura viene dimenticata.

Luca Mercalli su La Stampa, nello scrivere l’ormai consueto pezzo sulla fine annuale delle risorse, s’interroga e si stupisce della totale o quasi indifferenza che gli umani mostrano nei confronti di quella che dovrebbe essere, secondo lui e a ragione, la madre di tutte le questioni. Si stupisce di come la società umana, o le società volendone cogliere le differenze, siano pressoché insensibili sia come collettività sia come singoli nei confronti di questo problema. Nessuno o quasi, ad eccezione della Francia citata nell’articolo del quotidiano torinese, sembra porsi minimamente il problema.

Che i 7 e passa miliardi di esseri umani che popolano il pianeta Terra consumino più di quanto questo è in grado di fornire non è, è vero, una notizia “fresca”. Va infatti così da più di 20 anni. Nel 1990 gli umani finivano le risorse terrestri ad inizio dicembre, il 7 per essere precisi. Nel 2000 questa data si era spostata al primo novembre e, 10 anni dopo, è arrivata al 21 agosto. Oggi, nel 2013, la scadenza è arrivata al 20 agosto. A più di 4 mesi dalla fine dell’anno i 7,1 miliardi di esseri umani che abitano il pianeta blu hanno mangiato, bevuto e bruciato tutto quello che il loro pianeta è in grado di produrre annualmente e si avviano a vivere a debito per i prossimi 120 e più giorni. Già oggi avremmo bisogno di una Terra e mezza per soddisfare i nostri bisogni e, a metà secolo, arriveremo a tre. Un ritmo evidentemente non sostenibile che, alla lunga, potrebbe tradursi nella fine della nostra specie e del nostro pianeta almeno così come lo conosciamo.

Ma proprio nelle due paroline “alla lunga” si nasconde e racchiude il motivo per cui volutamente o meno ignoriamo il problema. Mercalli si stupisce, giustamente, ma non tiene conto di come le nostre società siano fortissimamente radicate nel presente, di come siano pressoché incapaci di ragionare in prospettiva e di come tutti noi o quasi siamo capaci di affrontare e riconoscere solo i problemi immediati.

Ogni anno finiamo sempre prima le risorse, ma questo non si traduce nell’assenza di generi alimentari nei super mercati o in black out elettrici, e quindi il problema è come se non esistesse. Se questa miopia mentale è però almeno in parte giustificabile a livello di masse, diverso dovrebbe essere il discorso per le cosiddette classi dirigenti. Queste infatti dovrebbero essere quelle in grado di ragionare in termini di prospettiva e sarebbero, tra l’altro, scelte proprio per questo. Ma limitandosi alla nostra fetta di mondo, cioè ai paesi democratici, i problemi lontani non pagano in termini di voti. Stringere la cinghia oggi per garantire un beneficio tra 20 o 50 anni sarebbe saggio, ma non farebbe quasi certamente vincere le elezioni.

Così, tra miopia delle masse e, diciamo, diverse priorità dei governi, ogni anno celebriamo sempre prima la fine delle nostre risorse perché, probabilmente, come disse un capo indiano di fronte all’ingordigia dell’uomo bianco, “solo quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, ci accorgeremo che non si può mangiare il denaro”. Nota a margine ma non tanto, e l’Italia? Non ci facciamo mancare nulla, siamo in testa alla classifica di quelli che in proporzione consumano più risorse di quante ne producono. Consumiamo infatti quattro volte l’energia, le materie prime, il cibo, l’acqua, i pesci e tutto il resto, quattro volte più di quello che produciamo a fronte di una media mondiale dell’1,5. Ci battono solo i giapponesi, primi nella classifica dei peggiori con il loro 7,1 volte consumato a fronte dell’uno prodotto. Il Giappone, anche quello un paese  per vecchi.

 

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