Pd vince a chi ha più sindaci, ma tutto somiglia troppo a quel maledetto ’93

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 22 Maggio 2012 - 15:12 OLTRE 6 MESI FA

Pier Luigi Bersani (foto Lapresse)

ROMA – Vince, stravince o vincicchia?  In realtà non convince. Il fine settimana di ballottaggi ha regalato al Pd una vittoria netta nelle bandierine sulla lavagna: 14 capoluoghi conquistati su 26 e 92 comuni su 177. Le premesse per brindare ci sarebbero tutte, ma qualcosa preoccupa Bersani e i suoi. E quel qualcosa è lo “spettro del ’93”.

Bersani : “Abbiamo vinto questo turno delle amministrative senza se e senza ma”. Vittoria larga, in alcuni casi clamorosa, come a Monza dove il candidato del Pd ha preso il 70% dei consensi nonostante nella cittadina brianzola si fosse speso Berlusconi in prima persona per il candidato del Pdl, ma vittoria che nasconde delle ombre e degli elementi di preoccupazione.

Il “senza se e senza ma” di Bersani fa riferimento in primis alla vittoria del candidato grillino a Parma dove, a uscire sconfitto dai ballottaggi, è stato proprio il Pd, nonostante il largo margine di vantaggio ottenuto al primo turno. Ma quella di Parma, che ne sia consapevole o meno Bersani, è una spia, un segnale di qualcosa di più grande che cova e che rischia di far diventare la vittoria di questi giorni una vittoria di Pirro.

Poco meno di venti anni fa, nel 1993, la maggioranza storica che aveva governato l’Italia dal dopoguerra si era sbriciolata sotto il peso degli scandali svelati da “Mani Pulite”. Dc e Psi, anima e cuore del pentapartito, si stavano sciogliendo come neve al sole e sembrava aprirsi, per gli eredi del Pci, la strada che li avrebbe portati a governare. Più o meno tutti credevano che nelle elezioni del ’94 la sinistra avrebbe vinto a mani basse, sia per mancanza di alternative, sia perché unico soggetto ad esser uscito relativamente pulito dagli scandali. Fu la “gioiosa macchina da guerra” assemblata da Achille Occhetto, furono le amministrative del ’93 dove la sinistra vinceva e vinceva…Tanto vinceva che si dimenticò di una certa costante nella storia e nella dinamica delle società: quando scuoti l’albero del sistema, regime, assetto precedente con le braccia del giustizialismo e la forza del vento del populismo, allora i frutti dell’albero scosso cadono…non sul terreno della sinistra. Nel ’94 a sparigliare e scompaginare la gioiosa macchina che doveva vincere le elezioni arrivo però un tal Berlusconi che, con la sua discesa in campo, riempì il vuoto lasciato dalle forze politiche appena scomparse e rispedì la sinistra all’opposizione. Ci vollero sei mesi a riempire il vuoto a destra, non di più: di tempo fino a primavera 2013 ce n’è.

Oggi come allora il centro sinistra, stando ai risultati di questi giorni, sembra lanciatissimo verso la guida del Paese alle prossime elezioni politiche. Ma molte sono le similitudini, inquietanti per la sinistra, con il ’93, come diversi sono i segnali di allarme che da queste amministrative arrivano.

Come venti anni fa si è aperto oggi un vuoto clamoroso. Allora a sparire fu il pentapartito, oggi è toccato a Pdl e Lega, proprio quei soggetti politici che sostituirono e si aggiudicarono l’elettorato rimasto orfano di Craxi, Andreotti, Forlani…, insomma il Caf.  Oggi come allora il vuoto è a destra, come a destra è la maggioranza storica del Paese. Venti anni fa bastarono sei mesi al cavaliere per mettere su una parvenza di forza politica in grado di vincere le elezioni. Vuoto politico e tempi sono oggi gli stessi del ’93.

I segnali di allarme per il Pd sono molti e diversi rispetto al passato. L’antipolitica che nel ’93 doveva ancora nascere, ha oggi mostrato tutta la sua forza. E come rileva lo stesso Bersani, lo sgretolamento di Lega e Pdl lascia il Pd unico bersaglio di questo sentimento dilagante. In questa tornata di amministrative, ed è un dato chiaro, il Pd ha vinto e stravinto la dove e quando si è confrontato con il Pdl, ma ha faticato, se non perso, quando ha dovuto affrontare i candidati espressione dell’antipolitica, i candidati “contro”. Ha perso a Parma contro il grillino Pizzarotti, come ha perso a Palermo contro Orlando (che tutto può essere tranne che antipolitica ma che come tale si presenta e viene percepito), così come aveva perso a Napoli contro De Magistris, espressione dello stesso sentimento.

Non si può quindi aspettare, il Pd, una tranquilla navigazione e una facile deriva con l’abbrivio di queste amministrative sino alle politiche dell’anno prossimo. Pensare di raccogliere, tra un anno, i frutti di questa vittoria, i frutti della scomparsa di Pdl e Lega, rischia di portare al Pd una nuova, clamorosa, sconfitta. Il cammino sino alle politiche del 2013 sarà per il Pd e per il centro sinistra una cammino duro e complesso, con un avversario persino più temibile di quello che era Berlusconi: l’antipolitica. E per sconfiggere questo “mostro” il Pd dovrà tentare di fare tutto quello che non ha fatto sino ad oggi, come la riforma della legge elettorale e del finanziamento pubblico dei partiti.

Grillo e Orlando non sono Berlusconi e Bossi di venti anni fa, molte sono le differenze. Ma se il passato insegna, allora il Pd non può certo dormire sonni tranquilli, inseguito com’è dallo spettro del ’93.