Piemonte, Italia: se te ne fotti della terra ti va a fuoco la casa (e la vita)

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 30 Ottobre 2017 - 10:53 OLTRE 6 MESI FA
piemonte-incendi-ansa

Piemonte devastato dagli incendi ormai da giorni (foto Ansa)

TORINO – Piemonte, Italia: se te ne fotti…Già, se te ne fotti della terra poi ti va a fuoco la casa. E’ quel che sta accadendo, è una lenta ma inesorabile legge del contrappasso. Piemonte e anche un pezzo di Lombardia: stanno bruciando straziate da incendi che quasi non si riescono a fermare.

Incendi che si sono già mangiati migliaia di ettari. Incendi che nascono e puntano alla parte più verde delle due Regioni. Incendi che di naturale hanno poco o nulla, anche se gli incendi naturali esistono. Ma questo non pare proprio il caso, qui come in gran parte del resto d’Italia è l’uomo che dà, appicca il fuoco pensando di farci un affare, di trarne profitto. Raramente pensando di trarne piacere: i piromani sono pattuglia rispetto all’esercito dei delinquenti.

Incendi che minacciano ora le case, avvelenano l’aria delle città, provocano blocchi su strade e autostrade. Incendi che né i volontari e neanche i Canadair e gli elicotteri. Incendi così grandi che ancor più piccolo e meschino appare il solito gioco dello scaricabarile, del “non ci hanno aiutato”, del “sistema inefficiente”. Incendi che hanno purtroppo molti padri. Inconsapevoli spesso di essere tali, ma non per questo meno amorevoli nei confronti delle loro creature, gli incendi appunto.

Gli incendi e i loro fratelli non sono figli di assessori, sindaci, ministri, vigili del fuoco, caste, protezioni civili…No, gli incendi sono figli, nipoti e parenti comunque stretti del nostro viver comune. L’acqua ad esempio. Vero, c’è quest’anno una siccità mai vista. Ma sono anni e decenni che l’acqua viene sprecata, dilapidata. Nelle case, nelle aziende, perfino sulle montagne per farne neve artificiale. Falde acquifere vengono regolarmente prosciugate, invase, danneggiate.

Spreco d’acqua come se fosse risorsa illimitata sul pianeta, consumo d’acqua come se esistesse una fabbrica divina d’acqua dolce sempre in produzione. E consumo sfrenato del suolo. Sono questi mamma e papà degli incendi e dei loro fratelli che chiamiamo calamità naturali. Gli incendi naturali esistono ma trovano altra terra ed altro habitat da quello antropizzato e cioè manomesso e non curato dall’uomo. E quindi si fermano.

Gli incendi accesi da mano umana cattiva su terra di cui la buona gente se ne è fottuta di curarla e proteggerla non si fermano invece. Capire che se te ne fotti della cosa pubblica poi il danno ti arriva in casa sarebbe fondamentale passo di civile e utile convivenza. E ci si guadagnerebbe.

Ma una simile comprensione non sembra alla portata di  un paese dove le cronache registrano a Bologna un ricorrente che fa causa al Comune perché la casa gli si è deprezzata causa rumor di movida, a Domodossola una signora fa causa al Comune perché è caduta sulle scale di un condominio, a Brindisi una vedova fa causa al Comune perché il marito è morto quando era in ferie, a Vallo della Lucania un signore fa causa allo Stato perché al Gratta e Vinci vince poco…e trova un  giudice che gli dà ascolto!

Un paese tutto che fugge ogni responsabilità individuale, un paese (scrive mattia Feltri) che cento anni fa Giuseppe Prezzolini già descriveva così:” L’italiano non dice mai bene del governo, però si lagna se il governo non pensa a tutto”. Un paese in cui la gente tutta è sempre ferma e decisa a chiedere ed esigere che lo Stato si faccia i fatti suoi e stia il più lontano possibile dai fatti di casa nostra. Salvo quando succede un guaio, piccolo o grande che sia. Magari un guaio causato anche dalla nostra incuria delle cose. Allora lo Stato deve intervenire, subito e in pieno. Altrimenti “ci hanno lasciati soli”.

Un paese che era così già cento anni fa, un paese che a Caporetto (cento anni fa) schierava, e ancora non ce la fa ad ammetterlo in artiglieria più avvocati ufficiali che ingegneri ufficiali. Un paese che aveva un ceto dirigente ampolloso e scarso di competenze pratiche. E un ceto di mezzo, allora i sottufficiali, cui era impossibile delegare funzioni perché in gran parte analfabeta. E un ceto alti ufficiali, un ceto di governo delle forze armate che pensava fosse sua preminente e fondamentale missione emanare circolari. Circolari e il più era fatto.

In fondo siamo rimasti un po’ così: tanti avvocati (e giornalisti) e pochi ingegneri e informatici. Ceto di mezzo allora analfabeta e oggi analfabeta di ritorno. Ceto di governo e amministrativo che produce leggi che non si applicano. E tanta, tanta chiacchiera.

Per questo è difficile, molto difficile spiegare a un paese così quel che ad esempio per altri popoli è ovvio e cioè che se ne fotti della terra (e della cosa pubblica) poi ti va a fuoco la casa (e lo stipendio, la salute, la pensione…in fondo la vita).