Province: 57mila dipendenti, 12mila “eccedenze”. Licenziarli no ma che faranno?

Il taglio delle province del governo Monti: mappa delle 51 sopravvissute

ROMA – Seimila “eccedenze da gestire” entro giugno 2013, cioè seimila dipendenti dello Stato da prepensionare o mandare in altra sede dove possano servire o da riconvertire al part-time. Pochi o tanti che siano quelli in “eccedenza” nei Ministeri, all’Inail, all’Inps, ce n’è addirittura il doppio, 12mila, che “eccedono” nelle Province.

Il taglio delle province varato dal governo Monti, Enti vissuti come inutili era giusto ridimensionarli risparmiando un bel po’ di euro, ha pensato e pensa la maggior parte dei cittadini. Ma c’è chi di questo risparmio, di questa riorganizzazione non potrà gioire: i dipendenti delle province. Secondo una stima fatta dal Sole 24 Ore le eccedenze frutto della risistemazione delle province italiane rischiano di essere 12 mila.

Scrive il quotidiano di Confindustria: “La stima è frutto di un’elaborazione del Sole 24 Ore. Che parte dagli ultimi numeri sul personale resi noti dall’Upi e li incrocia con la stretta avviata dal salva-Italia, proseguita dalla spending review e completata dal decreto sul riordino varato mercoledì. Dei circa 57 mila lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni provinciali, circa 27 mila appartengono a quelle interessate dagli accorpamenti o dall’evoluzione in città metropolitane. Al loro interno può essere individuato un primo gruppo di 12mila unità “a rischio-eccedenza”.

Si tratta dei dipendenti delle Province che confluiranno in altri “enti di mezzo” e perderanno il titolo di capoluogo. Immaginando che questo venga fissato ovunque nel Comune più popoloso – anche se la legge consente ai sindaci interessati, anche a maggioranza, di disporre diversamente – e considerando che gli organi politici andranno concentrati in un unico “palazzo” poiché non ci saranno sedi decentrate, in teoria, gli unici lavoratori sicuri del posto sarebbero quelli che già risultano oggi occupati nel capoluogo”.

Un effetto collaterale, un danno accessorio prodotto inevitabile del dimezzamento delle province sparse per il nostro Paese e un danno sostanzialmente accettabile. Accettabile per chi il riordino ha presentato e accettabile per gli elettori. Accettabile e anche inevitabile. Meno province è uguale a meno sedi e meno lavoratori, non solo meno politici locali. Ma per quanto accettabile un effetto collaterale che preoccupa non poco, comprensibilmente, i lavoratori che rientrano nel profilo tracciato dal Sole 24 Ore. Lavoratori che non sapranno “di che morte dovranno morire” almeno per qualche mese ancora perché, se è vero che la nuova sistemazione delle province italiane partirà dal 1 gennaio 2014, è altrettanto vero che ancora non sono stati definiti i dettagli. Non è stato deciso, ad esempio, nei casi degli accorpamenti quale sarà la sede della nuova provincia “unita”.

Quello che è certo è che le “vittime”, i 12 mila sfortunati non finiranno in mezzo ad una strada. Le 12 mila eccedenze, come le chiama il Sole 24 Ore, non saranno risolte con licenziamenti, ma attraverso quelli che sono definiti ricollocamenti. I lavoratori in questione saranno cioè trasferiti fisicamente o lavorativamente. Nel primo caso seguiranno il loro datore di lavoro nel “trasloco” da un vecchio ad un nuovo capoluogo mentre nel secondo cambieranno proprio il datore di lavoro venendo assorbiti, ad esempio, dai comuni o dall’ente che erediterà le funzioni perse dalla provincia. Il taglio infatti non riguarda solo il numero, ma anche le funzioni delle province che dal 2014 si limiteranno a 3: ambiente, trasporti ed edilizia scolastica.

In ogni caso il destino di questi 12 mila dovrà essere concordato con i sindacati ma, in questo caso, l’accordo andrà trovato velocemente. E non solo perché tra poco più di un anno il riordino sarà cosa fatta e il tempo quindi, come si dice, stringe. Ma anche perché se entro 30 giorni non si raggiungerà un accordo i presidenti di Provincia potranno avviare i passaggi di ruolo nel rispetto di un doppio vincolo: le dotazioni organiche saranno rideterminate tenendo conto dell’effettivo fabbisogno; per le eventuali deroghe conteranno i parametri di virtuosità già richiamati dalla spending review.

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