Domanda: perché la Lega spende 5 miliardi per 670 “lattai”?

MILANO – Alessio Crippa, rappresentante di una cooperativa del latte e definito il ‘Robin Hood’ dei produttori, è stato condannato a 5 anni e mezzo di reclusione dalla quarta sezione penale del tribunale di Milano che, insieme a lui, ha condannato altri 15 allevatori e produttori a pene comprese tra un anno e due anni e sei mesi nel processo con al centro una truffa da 100 milioni di euro attuata aggirando le normative sulle quote latte. Deciso poi un risarcimento all’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per 30 milioni di euro e beni confiscati per 18 milioni. Queste le risultanti processuali di una tranche della molto più grande vicenda nota come la questione delle quote latte. Vicenda che è costata e costa allo Stato italiano, cioè a tutti noi, circa 5 miliardi di euro di multe dovute all’Unione Europea, più o meno la stessa cifra che vale l’aumento dell’1% dell’Iva da poco introdotto. Tre miliardi e seicento milioni l’Italia li ha già pagati all’Europa, li ha pagati il fisco al posto degli allevatori renitenti. Un altro miliardo e seicento aspetta di esser pagato. Alla lettura della sentenza, commentata da Crippa con “in Italia si fanno i processi solo agli uomini che la sera a casa loro vanno con le donne o a chi munge le vacche per il latte”, mancavano, assenti ingiustificati, gli esponenti della Lega, da sempre strenui difensori degli allevatori ribelli. Infatti la domanda è: perché da anni la Lega spende e fa spendere cinque miliardi per 670 allevatori?

Grossa domanda, spinosa domanda. Cui troppo in fretta si risponde: perché gli allevatori sono del nord, sono “padani” e quindi la Lega lo fa per interesse elettorale. Ma del nord e “padani” sono anche la maggior parte dei 31mila allevatori che hanno pagato le quote e le eventuali multe per sovra produzione. Allevatori danneggiati più e più volte da quelli che non pagano. E allora perché la Lega scontenta 31mila e regala a 670? Se è solo questione di voti, i conti non tornano. Da giorni Radio24, la radio di Confindustria, pone questa domanda e racconta dei costi esorbitanti per la collettività: 3,6 miliardi di euro già pagati e poco più di 1,5 ancora da versare, totale oltre 5 miliardi di euro pagati o da pagare da tutti noi per onorare le multe comminateci dall’Unione Europea. Miliardi pagati e da pagare per colpa di 671 allevatori che non hanno digerito il sistema delle quote latte introdotto dall’Unione anche, se non esclusivamente, proprio per tutelare gli allevatori stessi. Già, perché il sistema delle quote latte, giusto o sbagliato che sia, serve a garantire un prezzo del latte protetto da eccessi di produzione e quindi al riparo dalla svalutazione. In altra parole garantisce ai produttori che venderanno il loro latte ad una cifra sicura. E non a caso in Italia, a fronte di meno di 700 ribelli scarsi, ci sono circa 31mila allevatori onesti che, anche se forse non l’hanno amato, hanno compreso la ratio delle quote e comunque hanno rispettato la legge.

Vero è che quando il sistema della quote di produzione fu varato all’Italia toccò una fetta piccola, a livello europeo, di quote, peraltro poi lievitata negli anni anche grazie al costante impegno bipartisan di chi si succedette al ministero dell’Agricoltura, Di Castro, Galan, Zaia. Ma perché il nostro paese “beccò” in origine poche quote? Perché una parte, non indifferente, della produzione avveniva “a nero”. Cioè perché una parte degli allevatori produceva a nero e quindi l’Europa tarò le quote sul dichiarato. Questa produzione “nascosta” fece si che l’Italia risultasse produrre meno di quanto in realtà faceva e di conseguenza le furono assegnate quote pari alla sola produzione ufficiale. E così gli allevatori, o almeno una parte di loro, cominciarono a produrre extra quota, cioè cominciarono a produrre e vendere più di quello che avrebbero potuto. Ed arrivarono le prime multe comunitarie. Per porre rimedio a questa situazione, causata da allevatori in nero, tutti i governi che si sono succeduti hanno lavorato, da un lato, per aumentare le quote assegnate al nostro paese e, dall’altro, per ridurre e spalmare nel tempo le suddette multe.  Le quote latte furono aumentate prima del cinque e poi ancora del cinque per cento. Le multe furono rateizzate prima in 14 anni e poi in trenta, senza aggravi di interessi di mora. E ogni volta il governo italiano firmava accordi, firme di ministri di centro sinistra, del Pdl, addirittura della Lega. Ma i settecento circa ribelli non ci stavano e non pagavano, pagava il fisco italiano e la Lega li proteggeva. Come mai? Perché di mezzo ci si è sempre messa la Lega, disposta a tutto pur di difendere questo manipoli di agricoltori ribelli?

E così, dopo aver sforato i limiti di produzione, gli allevatori in questione, ottenute delle quote, hanno pensato bene di rivenderle, le quote sono infatti cedibili, incassando e continuando nonostante tutto a produrre extra quota. E altre multe sono arrivate. E la Lega sempre sulle barricate al loro fianco che si rifiutano di pagare le sanzioni e continuano, imperterriti, a produrre latte.

Torna la domanda : ma perché la Lega ha sempre appoggiato questo, alla fine, sparuto gruppo di irriducibili? Per i voti degli agricoltori?. Meno di settecento allevatori disonesti sono niente a fronte degli oltre 30mila onesti che sono i primi ad essere colpiti e infatti le loro associazioni erano parte civile nel processo di Milano. Partito di Bossi a difesa “territoriale”, cioè degli allevatori padani? Ma sono tutti, onesti e non,  in buona parte del nord Italia. Riflesso ideologico, difesa istintiva e spontanea della cultura del “faccio come mi pare in casa mia e nella mia stalla”? Certo, c’è questo, ma la domanda rimane.  Girandoci intorno alla domanda, Radio24 ha posto la questione a Massimo Mucchetti del Corriere della Sera e ne è uscita un’interessante conversazione tra il conduttore Sebastiano Barisoni e il giornalista del Corriere. Mucchetti: “Ci deve per forza di cose essere una logica di do ut des”. Conduttore: “Ma do ut des di cosa?”. Mucchetti: “Di cosa non so ma certo non di voti”. Conduttore: “Già, di voti no”. Ma se non di voti, di cosa? Proviamo ad immaginare: producevano a nero in origine, non hanno mai pagato le multe, hanno venduto le loro quote e hanno continuato a produrre, il Tribunale ha sequestrato loro bene per milioni di euro, forse a questo punto avranno messo da parte qualcosa da investire. Ai posteri l’ardua risposta…

 

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