ROMA – Raggi sindaca si è regalata una rimpatriata. Nella piazza nera. Già era una piazza orgogliosamente nera quella ieri animata e innervata da tassisti e ambulanti. I saluti romani-fascisti, tanti, non hanno dato fastidio a nessuno dei manifestanti. Sembravano di casa. Più o meno come le sciarpe ultras della curva, anzi delle curve, dell’Olimpico. La stessa guardia pretoria che allestisce da anni l’intimidazione e il pestaggio da stadio era di fatto il, si fa per dire, servizio d’ordine della manifestazione itinerante.
Di casa i saluti romani, le sciarpe ultras, i “ve rompeno il c…”, le bombe carta, i saltelli ritmati, ben accetto anche qualche “Duce, Duce!”. Tutti i tassisti e gli ambulanti fascisti o neo fascisti? Ovviamente no. Però che tra tassisti e ambulanti la destra nera e tosta sia diffusa e omaggiata non è un mistero. E comunque questa destra nera e tosta e fascista anziché no alla manifestazione dei tassisti ci stava come a casa sua.
Come a casa si è sentita tra loro anche Raggi sindaca. Che a un certo punto della giornata è scesa dal Campidoglio per una rimpatriata. Quanti ricordi: gli amici della giovinezza, gli studi dove ha lavorato, le persone che la consigliavano…E poi i tassisti, proprio loro, che al momento del voto per il sindaco avevano capito più di tutti e indicato la strada. Passando dal voto in massa per Alemanno al voto in massa per la Raggi. Pensavano, sapevano i tassisti di cambiare, ma fino a un certo punto.
E quindi la Raggi si è regalata una rimpatriata tra vecchi umori e atmosfere e nuovi fedeli elettori, una rimpatriata nella piazza nera. Il bello della raggi è che stupisce. Stupisce perché tutti o quasi se la figurano per quel che non è. Stupisce quindi che si andata ad incoraggiare quelli che bloccavano la città di cui sarebbe sindaca. Stupisce non abbia detto: combattete la vostra battaglia ma non prendete in ostaggio la città e i cittadini.
Stupisce, l’avrebbe fatto qualsiasi sindaco, anche sindaco M5S ovviamente. Ma la Raggi è, diciamo così, un sindaco M5S sui generis, a modo suo e fino a un certo punto. La piazza nera chiama, raggi risponde. I tassisti collettori di voti per raggi chiamano, Raggi risponde. Un po’ di destra, un po’ di clientela: cocktail Raggi. Sarebbe ora di smettere di stupirsi e di figurarsi la raggi per quel che non è.
Chi non può farlo è Beppe Grillo. Qualcuno una volta disse “Parigi val bene una messa”. Era un sovrano che non esitava a cambiare confessione religiosa se la posta in gioco era un regno. Grillo potrebbe sospirare: la raggi val bene un’elezione politica. Oppure più prosaicamente potrebbe Grillo dire: guarda cosa mi tocca fare e dire per non perdere voti…
Grillo la Raggi non la può mollare, criticare, disapprovare. Neanche di fronte all’evidenza. Almeno fino alle elezioni politiche stanno in piedi insieme oppure Raggi che cade sgambetta Grillo. E’ così, con i fatti non si polemizza. E Grillo va capito, compreso se applica la ragion di Stato M5S alla Raggi.
Però, guarda cosa gli tocca fare e dire. E’ venuto a Roma a dire ai romani, a quelli che in questa città ci vivono, che la città è felice e che sono loro ad essere un po’ depressi. Come la vecchia battuta: non è che io son razzista, è che tu sei negro. Grillo inventore e spacciatore di una Roma felice “che non va male” e che sono le lamentele a dipingerla male. Insomma troppe lamentele e cittadini troppo lamentosi. Questo gli tocca fare e dire a Grillo per reggere e adornare quello spaventapasseri politico che è raggi sindaca.
Roma felice, romani lamentosi. Se lo appuntino quelli che aspettano bus per mezz’ora, che trovano metro guasta o in sciopero, che saltellano sulle buche in moto o in auto, che riversano o appoggiano rifiuti su cassonetti ricolmi o sfondati, che ad ogni pioggia vedono strade allagate, che ad ogni vento vedono alberi caduti, che in ogni prato trovano lo schifo di una discarica, che ogni marciapiedi danneggiato è avvolto da rete metallica a vita, che vedono chiudere mercati, che leggono di soldi non spesi, che la doppia fila è la regola, che i vigili e quando mai e che se vai in un ufficio pubblico il meglio che rimedi è un “dica…” amichevole e non minaccioso.
Se lo appuntino che è mica vera la città che vivono. Come dice Grillo questa, la realtà, è propaganda. E la smettano di mugugnare, vivono in una città felice e non lo sanno. Per fortuna glielo dice Grillo. O forse Grillo fa capire di più, di aver trovato la via, lo strumento, l’esempio concreto per la decrescita felice a Roma: la Raggi.